venerdì 27 gennaio 2017

[IlBigotto] – Che cos’è un uomo?

Ricorre la Giornata della Memoria. E, con tutti gli aspetti ridicoli degli atti religiosi della civiltà laicista, oggi ci si sforza di essere umani, di essere attenti, rispettosi, e tante altre cose che, fino a ieri e, da domani, non ci saranno più.

Queste giornate sono come le feste dei calendari religiosi, solo che quelle andavano demolite perché ingabbiavano l’uomo, queste invece vanno rispettate e celebrate, pena il fallimento dell’ideologia laicista. La differenza passa tra la libertà di aderire a un Dio e quella di essere schiavi di uno Stato.
Uno Stato che si inumidisce gli occhi e tramite i suoi sacerdoti brucia si prodiga nelle omelie di discorsi pieni di retorica e privi di una qualsivoglia possibilità di redenzione, perché i cattivi sono gli altri e noi siamo buoni perché non facciamo come loro.

Eppure, ad un’analisi piuttosto sommaria e superficiale (cioè che si fermi alla superficie, ma non per questo meno importante), noi non siamo diversi da loro. Non siamo diversi da chi, in nome di un’ideologia, ha stabilito chi aveva la dignità di essere persona e quindi di vivere e chi non ce l’aveva e per questo, nemmeno per una colpa, andava perseguito e fatto fuori; per costruire la razza ariana, dicevano.

Cosa c’è di diverso con noi che oggi perseguiamo e facciamo fuori chi non è sano (aborto e eutanasia), chi non è felice (eutanasia), chi non è corrispondente agli standard dei desideri (eugenetica e manipolazioni varie)?

Qual è la differenza? Forse, oggi, nel modo. Non più lager, ma cliniche ospedaliere. Non filmati in bianco e nero che ancora feriscono l’anima di chi non l’ha soffocata appresso ai piaceri, alle esperienze o alle ideologie, ma spot pubblicitari, campagne mediatiche e slogan dei politicanti e deli liberi muratori e pensatori, colorate e che piacciono, che comunicano esperienze.

Qual è la differenza? Nessuna. C’è sempre qualcuno che stabilisce chi ha il diritto di vivere o che stabilisce come ognuno debba vivere. Ebrei, cattolici, omosessuali, zingari, disabili e molti altri un tempo? Cattolici, uomini religiosi, disabili, non progressisti e molti altri oggi. C’è sempre chi, tramite l’applicazione di etichette, chi deve dividere le persone in buoni e cattivi, una versione aggiornata del pollice verso antico nelle arene digitali piuttosto che in quelle dei gladiatori.

E le etichette, applicate alle persone, non spiegano, ma nascondono, coprono, soffocano. E in ogni caso ignorano l’uomo, la persona che c’è dietro. Perché le etichette non spiegano, non si vuole spiegare, perché per spiegare bisogna ascoltare, accogliere e capire e per fare tutto questo c’è bisogno di qualcosa (e forse Qualcuno) che ci trascenda, che sia sempre lo stesso e non cambi in base alle rivoluzioni storiche, ai colpi stato, agli inciuci dei partiti e alle pressioni delle lobby.

Che cos’è un uomo? Rispondere a questa domanda, prima di stracciarsi ipocritamente le vesti per ciò che in passato è accaduto e oggi si ripete, forse per molti aspetti – perché più subdolo – in maniera anche più grave e totalizzante.

Risposte, non esperienze. Non è facile, perché rispondere chiede di esprimersi e comunicare la propria esistenza, che emerge dalla massa dei numeri e si toglie la maschera dell’avatar. Farlo espone a rischi, perché la violenza dell’uomo non si cancella mai del tutto e prenderne consapevolezza, in questa società che il massimo della reazione che riesce a concepire sono gli hastag e i flash mob, è piuttosto complicato.


La storia non ha insegnato niente e questo qualcosa dovrebbe insegnare, ma non ci sono maestri e in qualche modo, volenti o no, bisogna arrangiarsi.

mercoledì 19 ottobre 2016

[IlBigotto] – Il comandamento dimenticato

I comandamenti non esistono, esistono solo le esperienze e la supremazia dell’istinto sulla volontà. Questo è il nuovo catechismo redatto da coloro che fino all’altro ieri disprezzavano ogni sorta di catechismo. Perché l’ipocrita e ridicola eterogenesei dei fini dei novelli despoti progressisti ecclesiali è proprio questa: disprezzare per anni ogni forma di obbedienza, coerenza, adesione a una verità più altra, per poi pretendere obbedienza cieca, coerenza e adesione a una verità più bassa: la loro.

La miseria di questa ideologia è palese, ma in un tempo di confusione non c’è da sorprendersi che riscuota un così grande successo e che coloro che, come il fariseo della parabola del Vangelo di Luca che è rivolta ad “alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri”, la professano sono quelli che più si riempiono la bocca di belle parole salvo poi disprezzare, più o meno velatamente, e perseguire, sempre più o meno velatamente, chi non la pensa come loro.

Eppure il disprezzo verso gli altri è un tratto comune in buona parte della cattolicità, un cancro in seno alla chiesa molto ben radicato. Eppure Gesù Cristo, in quei vangeli che i suddetti progressisti vorrebbero adattare non tanto all’epoca moderna, ma alle loro elucubrazioni e fantasie, dice chiaramente: «amate i vostri nemici» (cfr. Mt 5,44 – Lc 6, 27 – Lc 6,35)

Dov’è finito l’amore per i nemici? Dov’è finito il rispetto del prossimo? Amare è un comandamento, checché se ne dica. Questo non significa, come i sinistri ecclesiali blaterano senza applicarlo (ancora, eterogenesi dei fini) che non bisogna correggere il fratello e che non bisogni praticare la sublime carità della verità, ma “tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto” (cfr. 1Pt 3,15)

Solo per fare riferimento all’attualità, non sono mancate accuse reciproche (più o meno gravi) tra diversi fronti dopo l’uscita di un’inchiesta su un giornale di Torino sulle (vere o presunte) opposizioni al pontificato di Bergoglio.

Il problema, qui come altrove, e una delle gravi lacune di quell’inchiesta, è che non si vuole entrare nel merito delle vicende e si preferisce rimanere sulla superficie degli slogan e delle posizioni faziose dei tifosi. Spesso, bisogna ammetterlo, si parla di fedi diverse e non c’è unità né comunione, ma questo non toglie validità al comandamento di Gesù Cristo «amate i vostri nemici».

Sarebbe doveroso leggere di confronti civili ed educati, perché è di essi che abbiamo bisogno. Perché è con questi che, oltre gli slogan e le ideologie, si può crescere e imparare. Se i maestri tacciono, non insegnano o ammiccano all’errore, chi ha scienza, competenza e prestigio (parafrasando il Codice di Diritto Canonico al Canone 212 § 3) spieghi e ci mostri la dottrina della Chiesa cattolica, quella dottrina così intima a Gesù Cristo, che è Lui stesso, che non può mutare né per i tempi né per le fantasie dei rivoluzionari di ogni epoca.


Costoro entrino nel merito delle questioni e smontino gli errori, ma lo facciano con la chiave della verità e non con il bastone dell’arroganza e della cattiveria verso il prossimo.