tag:blogger.com,1999:blog-79895111972533946942024-03-13T00:21:12.967+01:00InfinitoQuotidianoAnonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.comBlogger462125tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-60351513133682701642017-04-07T17:47:00.001+02:002017-04-07T17:47:51.501+02:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-PZ9i99EuE1M/WOezm1wkQ7I/AAAAAAAAAw8/kgOLWbyAqDc0BfovBXLBwHZ9CEKGVlSgQCLcB/s1600/copertina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="430" src="https://3.bp.blogspot.com/-PZ9i99EuE1M/WOezm1wkQ7I/AAAAAAAAAw8/kgOLWbyAqDc0BfovBXLBwHZ9CEKGVlSgQCLcB/s640/copertina.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;">Il mio terzo libro, il mio primo romanzo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"><b>L’AMORE PER SEMPRE NON ESISTE</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="background: white; line-height: 107%;"><span style="font-family: inherit;">L'amore per sempre (non)
esiste è la risposta alla domanda di tanti che non si pongono il problema di
cosa significhi amare e farlo per sempre. L'amore per sempre (non) esiste è la storia
di Giorgia e Luca, che credono che non esista amore eterno; lei perché lo ha
perduto, lui perché non l'ha mai trovato. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="background: white; line-height: 107%;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-family: inherit;">Il libro è disponibile:</span><span style="color: #646464;"><o:p></o:p></span></span></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="background: white; color: #646464; line-height: 107%;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background: white; color: #646464; line-height: 107%;"><a href="http://bit.ly/2oCgpLD" target="_blank">BOL</a></span></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background: white; color: #646464; line-height: 107%;"><a href="http://bit.ly/2oCmPKR" target="_blank">IBS</a></span></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><a href="https://www.amazon.it/dp/8892654209/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1491579981&sr=8-1&keywords=daniele+di+geronimo" target="_blank">Amazon</a></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;"><span style="background: white; color: #646464; line-height: 107%;"><a href="http://bit.ly/2oCnPyD" target="_blank">Ebook</a></span></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: inherit;">Grazie ancora a Davide Giorgi per il lavoro per l’immagine
di copertina</span><o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-71880102541407354202017-02-01T17:36:00.002+01:002017-02-01T17:36:21.389+01:00[IlBigotto] – Religione e futuro nella crisi del presente<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-8PcJOi8G-ao/WJIObpbf6eI/AAAAAAAAAwk/D2VvxoSePkYn_93LOsSSndd-qCBWf7vIQCLcB/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://4.bp.blogspot.com/-8PcJOi8G-ao/WJIObpbf6eI/AAAAAAAAAwk/D2VvxoSePkYn_93LOsSSndd-qCBWf7vIQCLcB/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 10.5pt;"><b>La lettura
del libro di Sergio Quinzio</b>, </span><i style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 10.5pt;">Religione e
futuro</i><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 10.5pt;">, ha riproposto alla mia mente alcune riflessioni, laceranti e
drammatiche, specie perché si riferiscono a questioni fondamentali e sono
accompagnate da un disarmante scoramento: che si può fare? Probabilmente
niente, per tanti motivi che non ha senso, ora, esporre. Mi limito, per ora, a
lamentare, citazioni alla mano, la tragedia che siamo costretti a vivere e a
subire.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">“<i>Il mondo moderno ha vinto la religione: di
questa realtà è necessario prendere chiaramente coscienza. Il mono moderno dà
una spiegazione del perché la religione è vinta, ponendo la religione
all’inizio della catena evolutiva di cui il mondo moderno rappresenta il
vertice e riuscendo così a darne una interpretazione e una valutazione, a
separarne, secondo un certo criterio, gli aspetti positivi dagli aspetti
negativi. Ma la religione non dà una spiegazione del perché il mondo moderno è
vincitore, non sa spiegare il perché della sua sconfitta, non può quindi far
altro che recriminare sul passato, chiudersi in sé, smaniare, protestare. Perché
la religione è morta? Questo è il fondamentale problema di religione, oggi</i>”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Il problema
è che la religione ha smesso di dare risposte, ripiegandosi sulle esperienze.
Esperienze di cui, l’uomo contemporaneo, oltretutto, non sa che farsene,
stordito com’è. Inoltre le esperienze della religione sono una patetica
imitazione di quelle del mondo, tanto che finiscono nel ridicolo. Come quelle
realizzate nelle liturgie, nell’amministrazione dei Sacramenti, celebrando il
niente, la miseria, la banalità e la mediocrità, arrivando al punto di
dubitare, seriamente, che ci siano le basi per la validità.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Il problema,
come spesso di crede e si dice, non è che si dicono male le cose, che si usa un
linguaggio non adatto (ignorando che il mezzo è il messaggio), ma che non si
dice niente. Non si danno risposte perché non ci sono, perché non ci si crede. Abbiamo
educato generazioni (e lo stiamo continuando a fare) di simpatici bamboccioni,
imbottiti di niente, al fast food della religione. Non c’è, quindi, da stupirsi
o ingaggiare guerre contro qualcuno se oggi il livello è quello che è, se non
si sa nemmeno cosa significhi essere cristiani, se si è persa, uccisa, la
novità dell’essere di Cristo, se si è arrivati al punto che ognuno crede ciò
che vuole e ha la pretesa che quello significhi essere cristiano. Per questo:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">"<i>La maggior parte di coloro che fanno
battezzare i loro figli sono d'accordo nel pensare che sarebbe molto più logico
farli battezzare in età matura, quando potrebbero loro stessi capire, e
scegliere di essere o di non essere battezzati. Non vedono invece niente di
illogico nel fatto che gli stessi bambini vengano vaccinati contro il vaiolo e
contro la poliomielite, e non si sognerebbero neppure di pensare che potrebbe
essere più logico lasciare che crescano e che optino loro stessi pro o
contro la vaccinazione. In realtà, battezzare i neonati è altrettanto logico, o
illogico, quanto vaccinarli, ma la differenza sta tutta nel fatto che un uomo
del ventesimo secolo non sa riconoscere il senso di un rito religioso, sacro, e
cioè di collegamento con quell'assoluto che da secoli è scomparso dal suo
orizzonte</i>."<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">L’esperienza
dolorosa del vaiolo e della poliomielite possiamo sapere cosa significa;
l’esperienza della dannazione eterna no. Per questo fondare tutto sulle
esperienze non produce niente se non una perdita di fede; perché ci
concentriamo su ciò che produce un’esperienza, un tornaconto, positiva. Ecco
perché la religione e la fede sono diventate ideologie sociali, concentrate sui
bisogni del mondo, senza avere la capacità e la forza di potersi davvero
occupare di esse, senza avere gli strumenti per potervi porre rimedio, per
quanto parziale, ma almeno un rimedio che non sia il triste e odioso gioco
degli slogan e delle parole.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">“<i>Caratteristica tipica di tutti i periodi di
crisi è la mancanza di unità, la dispersione in mille rivoli contrastanti, il
cui insieme è il caos. Così la politica, che nelle grandi epoche creatrici
dell’umanità non si distingueva dalla filosofia né dalla religione, ma
costitutiva un tutt’uno con la vita della società in tutte le sue manifestazioni,
è oggi una specializzazione, o meglio ancora un mestiere. Oggi la politica è
declassata a tecnica a prassi; le idee, gli scopi ultimi, le ragioni profonde
sono al di fuori.</i>”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Sostituire
politica con religione e il discorso non cambia. La crisi è in atto e la negano
i ciechi e chi la perpetra per diversi motivi. Il problema è porvi rimedio, ma
non è una preoccupazione di chi può imprimervi una svolta consistente – e non è
un discorso di politica ecclesiale o di fantavaticano sulle fazioni per questo
o quel pontefice o questo o quel prete -. Il problema è serio, drammatico.
Forse è anche inutile piangerci sopra, così come è inutile rivendicare il
passato. In gioco c’è l’eternità, che si gioca nel presente. Tutto il resto è,
parafrasando una nota canzone, noia. È noioso doversi preoccupare di altro che
non sia la propria salvezza, la propria santità.</span><span style="display: none; font-family: "Arial",sans-serif; font-size: 8.0pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT; mso-hide: all;">Inizio modulo</span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-37182900968473270232017-01-27T10:01:00.000+01:002017-01-27T10:04:39.733+01:00[IlBigotto] – Che cos’è un uomo?<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-j1ANtNSk380/WIsNHdksCHI/AAAAAAAAAwM/u3gUuukgx94HOso8guSBdERwzuSNLeDDwCLcB/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://2.bp.blogspot.com/-j1ANtNSk380/WIsNHdksCHI/AAAAAAAAAwM/u3gUuukgx94HOso8guSBdERwzuSNLeDDwCLcB/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<b>Ricorre la Giornata della
Memoria.</b> E, con tutti gli aspetti ridicoli degli atti religiosi della civiltà
laicista, oggi ci si sforza di essere umani, di essere attenti, rispettosi, e
tante altre cose che, fino a ieri e, da domani, non ci saranno più.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Queste giornate sono come le
feste dei calendari religiosi, solo che quelle andavano demolite perché ingabbiavano
l’uomo, queste invece vanno rispettate e celebrate, pena il fallimento dell’ideologia
laicista. La differenza passa tra la libertà di aderire a un Dio e quella di
essere schiavi di uno Stato.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Uno Stato che si inumidisce gli
occhi e tramite i suoi sacerdoti brucia si prodiga nelle omelie di discorsi
pieni di retorica e privi di una qualsivoglia possibilità di redenzione, perché
i cattivi sono gli altri e noi siamo buoni perché non facciamo come loro.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Eppure, ad un’analisi piuttosto
sommaria e superficiale (cioè che si fermi alla superficie, ma non per questo meno
importante), noi non siamo diversi da loro. Non siamo diversi da chi, in nome
di un’ideologia, ha stabilito chi aveva la dignità di essere persona e quindi
di vivere e chi non ce l’aveva e per questo, nemmeno per una colpa, andava
perseguito e fatto fuori; per costruire la razza ariana, dicevano.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Cosa c’è di diverso con noi che
oggi perseguiamo e facciamo fuori chi non è sano (aborto e eutanasia), chi non
è felice (eutanasia), chi non è corrispondente agli standard dei desideri
(eugenetica e manipolazioni varie)?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Qual è la differenza? Forse,
oggi, nel modo. Non più lager, ma cliniche ospedaliere. Non filmati in bianco e
nero che ancora feriscono l’anima di chi non l’ha soffocata appresso ai
piaceri, alle esperienze o alle ideologie, ma spot pubblicitari, campagne
mediatiche e slogan dei politicanti e deli liberi muratori e pensatori,
colorate e che <i>piacciono</i>, che comunicano
esperienze.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Qual è la differenza? Nessuna. C’è
sempre qualcuno che stabilisce chi ha il diritto di vivere o che stabilisce
come ognuno debba vivere. Ebrei, cattolici, omosessuali, zingari, disabili e
molti altri un tempo? Cattolici, uomini religiosi, disabili, non progressisti e
molti altri oggi. C’è sempre chi, tramite l’applicazione di etichette, chi deve
dividere le persone in buoni e cattivi, una versione aggiornata del pollice
verso antico nelle arene digitali piuttosto che in quelle dei gladiatori.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E le etichette, applicate alle
persone, non spiegano, ma nascondono, coprono, soffocano. E in ogni caso
ignorano l’uomo, la persona che c’è dietro. Perché le etichette non spiegano,
non si vuole spiegare, perché per spiegare bisogna ascoltare, accogliere e
capire e per fare tutto questo c’è bisogno di qualcosa (e forse Qualcuno) che
ci trascenda, che sia sempre lo stesso e non cambi in base alle rivoluzioni
storiche, ai colpi stato, agli inciuci dei partiti e alle pressioni delle
lobby.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Che cos’è un uomo? Rispondere a questa
domanda, prima di stracciarsi ipocritamente le vesti per ciò che in passato è
accaduto e oggi si ripete, forse per molti aspetti – perché più subdolo – in maniera
anche più grave e totalizzante.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Risposte, non esperienze. Non è
facile, perché rispondere chiede di esprimersi e comunicare la propria
esistenza, che emerge dalla massa dei numeri e si toglie la maschera dell’avatar.
Farlo espone a rischi, perché la violenza dell’uomo non si cancella mai del
tutto e prenderne consapevolezza, in questa società che il massimo della
reazione che riesce a concepire sono gli hastag e i flash mob, è piuttosto
complicato.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La storia non ha insegnato niente
e questo qualcosa dovrebbe insegnare, ma non ci sono maestri e in qualche modo,
volenti o no, bisogna arrangiarsi.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-278062144958050042016-10-19T14:38:00.001+02:002016-10-19T14:38:53.674+02:00[IlBigotto] – Il comandamento dimenticato<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-FZ0EQuVC6ec/WAdpCs_VfcI/AAAAAAAAAv0/T5IQPJOzpUk2fQxyoZ554az_IpJfQQE0ACLcB/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://4.bp.blogspot.com/-FZ0EQuVC6ec/WAdpCs_VfcI/AAAAAAAAAv0/T5IQPJOzpUk2fQxyoZ554az_IpJfQQE0ACLcB/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b>I comandamenti non esistono</b>,
esistono solo le esperienze e la supremazia dell’istinto sulla volontà. Questo
è il nuovo catechismo redatto da coloro che fino all’altro ieri disprezzavano
ogni sorta di catechismo. Perché l’ipocrita e ridicola eterogenesei dei fini
dei novelli despoti progressisti ecclesiali è proprio questa: disprezzare per
anni ogni forma di obbedienza, coerenza, adesione a una verità più altra, per
poi pretendere obbedienza cieca, coerenza e adesione a una verità più bassa: la
loro.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La miseria di questa ideologia è
palese, ma in un tempo di confusione non c’è da sorprendersi che riscuota un
così grande successo e che coloro che, come il fariseo della parabola del
Vangelo di Luca che è rivolta ad “<i>alcuni
che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri</i>”, la professano
sono quelli che più si riempiono la bocca di belle parole salvo poi disprezzare,
più o meno velatamente, e perseguire, sempre più o meno velatamente, chi non la
pensa come loro.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Eppure il disprezzo verso gli
altri è un tratto comune in buona parte della cattolicità, un cancro in seno
alla chiesa molto ben radicato. Eppure Gesù Cristo, in quei vangeli che i suddetti
progressisti vorrebbero adattare non tanto all’epoca moderna, ma alle loro
elucubrazioni e fantasie, dice chiaramente: «<i>amate i vostri nemici</i>» (cfr. Mt 5,44 – Lc 6, 27 – Lc 6,35)<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Dov’è finito l’amore per i
nemici? Dov’è finito il rispetto del prossimo? Amare è un comandamento, checché
se ne dica. Questo non significa, come i sinistri ecclesiali blaterano senza
applicarlo (ancora, eterogenesi dei fini) che non bisogna correggere il
fratello e che non bisogni praticare la sublime carità della verità, ma “<i>tuttavia questo sia fatto con dolcezza e
rispetto</i>” (cfr. 1Pt 3,15)<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Solo per fare riferimento all’attualità,
non sono mancate accuse reciproche (più o meno gravi) tra diversi fronti dopo l’uscita
di un’inchiesta su un giornale di Torino sulle (vere o presunte) opposizioni al
pontificato di Bergoglio.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il problema, qui come altrove, e
una delle gravi lacune di quell’inchiesta, è che non si vuole entrare nel
merito delle vicende e si preferisce rimanere sulla superficie degli slogan e
delle posizioni faziose dei tifosi. Spesso, bisogna ammetterlo, si parla di
fedi diverse e non c’è unità né comunione, ma questo non toglie validità al
comandamento di Gesù Cristo «<i>amate
i vostri nemici</i>».<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Sarebbe doveroso leggere di confronti
civili ed educati, perché è di essi che abbiamo bisogno. Perché è con questi
che, oltre gli slogan e le ideologie, si può crescere e imparare. Se i maestri tacciono,
non insegnano o ammiccano all’errore, chi ha scienza, competenza e prestigio
(parafrasando il Codice di Diritto Canonico al Canone 212 § 3) spieghi e ci
mostri la dottrina della Chiesa cattolica, quella dottrina così intima a Gesù
Cristo, che è Lui stesso, che non può mutare né per i tempi né per le fantasie
dei rivoluzionari di ogni epoca.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Costoro entrino nel merito delle
questioni e smontino gli errori, ma lo facciano con la chiave della verità e
non con il bastone dell’arroganza e della cattiveria verso il prossimo.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-30636136457703486342016-10-03T14:49:00.003+02:002016-10-19T14:41:25.181+02:00[IlBigotto] - Figli e vittime dell’intrattenimento liturgico<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-ZZBJoSh5JWY/V_JXDFgnVwI/AAAAAAAAAvk/VieasRJ8KJYnZJRiMgZ6I81T39YOnlQ_gCLcB/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://3.bp.blogspot.com/-ZZBJoSh5JWY/V_JXDFgnVwI/AAAAAAAAAvk/VieasRJ8KJYnZJRiMgZ6I81T39YOnlQ_gCLcB/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<b>La liturgia della Chiesa cattolica</b>, tra le numerose
analisi con le quali la si potrebbe studiare, molte delle quali più pertinenti
e urgenti di questa, è ormai trattata (e celebrata) con i criteri e i metodi
dell’intrattenimento. Per questo motivo parlo di intrattenimento liturgico. Tutto
questo non è figlio del caso, ma, da una parte, di una studiata volontà, e dall’altra
di una specifica indifferenza a cui va aggiunta una buona dose di mediocrità
che non manca mai quando si deve procedere verso il degrado.</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Al di là dei singoli casi specifici, sui quali si
potrebbero scrivere trattati per l’ipocrita contraddizione di principi ripetuti
come slogan e mai applicati o, peggio, applicati in maniera ridicola, c’è un’idea
comune che sottintende questo esercizio dell’intrattenimento liturgico. Esercizio
che rende, soprattutto a noi fedeli, figli e vittime dell’intrattenimento
liturgico.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i>Perché figli<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Siamo innanzitutto figli, perché in questa cultura,
in questa mentalità, in questo copione scenico siamo stati educati e cresciuti
e questo consideriamo vero, sano, addirittura santo. Tanto che consideriamo splendido
il mediocre e pensiamo di essere difensori del bello quando condanniamo le
esagerazioni, che però sono solo le esasperazioni della mediocrità, non quelle
della santità. Ecco allora che ragioniamo sulla liturgia come se essa fosse un
format televisivo, uno spettacolo da guardare, con – una delle tante – l’ipocrita
eterogenesi dei fini dell’actuosa partecipatio, della partecipazione attiva. Il
fulcro e il cuore dell’intrattenimento liturgico è lo showman, il sacerdote,
che anima e intrattiene (appunto) il pubblico con discorsi emotivante (forse)
coinvolgenti ma che, altrettanto ovviamente, fanno acqua dal punto di vista
prettamente dottrinale (ma si prefiggono altri obiettivi). Ecco allora le
trovate geniali, il coinvolgimento emotivo, le battute continue, l’esaltazione
di sé stessi, il muoversi sul palco (quello che una volta era il presbiterio:
uno spazio, appunto, riservato ai presbiteri dove oggi si alternano le comparse
dello show), il mantenere alta la concentrazione con continui e repentini cambi
di scena. E, soprattutto, l’assenza di silenzio. Una liturgia, un’azione sacra,
contempla il silenzio, la meditazione, la preghiera, il raccoglimento, uno
spettacolo no. Esso, al massimo, può sopportare delle pause pubblicitarie che,
nell’intrattenimento liturgico, divengono quelle parti fisse della liturgia
cattolica (liturgia della parola, preghiere, consacrazione) delle quali non
sono ancora riusciti a liberarsi per mantenere una parvenza (nulla di più) di
cattolicità.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i>Perché vittime<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma siamo, soprattutto, vittime perché non è questo
che ci salva. E non ci salva, innanzitutto, per rimanere nei termini dell’intrattenimento
liturgico, perché al massimo distrae, sposta l’obiettivo da quello che dovrebbe
essere (Dio) a quello che dicono dovrebbe essere (noi stessi) a quello che
realmente è (il prete-showman). Ma poi, ancora più gravemente e seriamente,
siamo vittime perché non è l’intrattenimento liturgico a santificarci. Esso è
una più o meno mediocre caricatura di qualcosa di molto lontano dalla serietà
prima ancora che dalla santità. Esso è un rito sociale, non divino. È una
tradizione culturale, non ecclesiale. E si sente tradizionalista e difensore
della tradizione chi custodisce le invenzioni, l’intrattenimento liturgico, l’esaltazione
del prete in un rito, il Novus Ordo (anche se oggi nelle parrocchie è celebrato
altro, non formalizzato in documenti magisteriali) che doveva essere – ancora l’ipocrita
eterogenesi dei fini – meno clericale di quello, cosiddetto, antico. Siamo vittime
perché non abbiamo potere. Siamo vittime perché chi ama la fede e la Verità non
usa la violenta arroganza dei novatori. Siamo vittime perché questa è la merce
avariata presente nella maggior parte delle realtà ecclesiali (chi più chi
meno) e quei pochi che ancora pensano che essere cristiani sia una cosa seria,
fanno fatica, sbeffeggiati e perseguitati dai maestri della novità che soffrono
di vari problemi nei confronti del passato. Siamo vittime perché così siamo
condannati all’oblio e a non santificarci. Dio, quello vero, saprà rimediare,
ma l’intrattenimento liturgico rimane una mentalità da condannare, per quanto
chi dovrebbe farlo è connivente o indifferente perché preoccupato d’altro
piuttosto che di Dio.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si continua a denunciare, sperando che qualcuno
voglia provare a capire piuttosto che emarginare chi, come il bigotto che
scrive, rimane umiliato nella propria intelligenza e ferito nella propria fede
ad assistere a spettacoli umani (al di là della loro bellezza) laddove si dovrebbe
fare di tutto per permettere al divino di penetrare. Ma tra chiacchiere,
ironie, intermezzi musicali e riti e segni inventati di sana pianta, per il
Padreterno non c’è posto, se non per quello che impugna il microfono.<i><o:p></o:p></i></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<i>IlBigotto<o:p></o:p></i></div>
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-39698750863042482452016-05-30T11:46:00.000+02:002016-05-30T11:46:19.830+02:00[IlBigotto] - La letteratura ai tempi dei social<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Jh-m_Fcg8T0/V0wLk85hLYI/AAAAAAAAAvQ/9OutHcVC-T8TvBdXIyURkRu-kvXOR26xgCLcB/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://1.bp.blogspot.com/-Jh-m_Fcg8T0/V0wLk85hLYI/AAAAAAAAAvQ/9OutHcVC-T8TvBdXIyURkRu-kvXOR26xgCLcB/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 115%; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<b>È possibile parlare</b> <b>di letteratura</b>
nel tempo contemporaneo dei social network? La domanda potrà sembrare oziosa,
di lana caprina, una disquisizione sul sesso degli angeli direbbero i
banalizzatori della teologia; eppure è una domanda che contempla diversi
aspetti, molti importanti, alcuni addirittura fondamentali.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Innanzitutto bisognerebbe intendersi su cos’è la
letteratura. E forse qui sorge il grande problema, che in parte già anticipa
non tanto una risposta, quanto una conclusione. Il problema, infatti, non è la
letteratura, ma intendersi. Il problema serio dell’uomo contemporaneo è
l’intesa, la comprensione, l’identità. Il De Sanctis, tanto per prenderne una,
nella sua storia della letteratura, così si esprime sulla letteratura: “<i>L'insieme delle opere variamente fondate sui
valori della parola e affidate alla scrittura, pertinenti a una cultura o
civiltà, a un'epoca o a un genere</i>”<i>.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Il punto su cui ruota la questione è, quindi, non
il livello di una determinata opera o di un determinato autore, quanto, ancora
più a priori, sui valori, sulla cultura e su una civiltà.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Come in molti hanno notato e registrato, al di là
delle tante critiche ai nuovi sistemi di comunicazione, oggi più che mai la
parola ha un ruolo primario, fondamentale, diffuso, nella vita delle persone.
Parola orale, ma anche parola scritta. I social hanno questa caratteristica
peculiare: si usano le parole. Che siano post, commenti, hastag, tweet o altro,
sempre si ricorre alla parola. Parola che diventa orale in un video o in una
conversazione telefonica o nei messaggi vocali delle chat. Certo si potrebbe
lamentare e ragionare sulla qualità delle parole, sul livello di istruzione,
sull’aspetto “formale” dei post, dei commenti e dei tweet, ma rimane il fatto
che a mancare, oggi, non sono le parole.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Quel che manca, dicevamo, è l’intesa. Intesa sui
valori, sulla cultura e sulla civiltà. Ancora: non mancano valori, culture e
civiltà, ma manca un’idea comune su di essi. Oggi assistiamo, forse
paradossalmente, a un appiattimento esasperato e pericoloso sulla capacità
comunicativa. Si parla, si condividono post e tweet, si risponde ai post ma, in
realtà, non si comunica. E non si comunica perché manca l’intesa, l’idea comune
che dovrebbe sottostare a una comunità di parlanti, a una civiltà appunto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Capita sovente di leggere discussioni sui social
(ma poi anche altrove, sui canali più tradizionali) in cui ci si esprime
utilizzando gli stessi termini senza realmente capirsi. Il valore dell’amore, tanto
per fare un esempio semplice e blasonato, c’è (si pensi solo ai cuoricini che
determinano l’apprezzamento di un contenuto sui social), ma non c’è un’idea di
amore che legittimi l’utilizzo di questo termine e, quindi, di questo concetto.
Così come per la cultura e la civiltà. Esse ci sono, se ne parla in
continuazione, ma non c’è un’identità su cosa si intende per esse.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Identità, e qui arriviamo a un punto fondamentale,
che manca, anche, per assenza di coraggio e perché figlia di una cultura (a
conferma che esiste) che ha strappato (e non solo eliminato) violentemente ogni
pretesa di verità. La verità, infatti, oltre tutte le più qualificate
definizioni filosofiche e teologiche, è la possibilità di dire “Io sono” e di
credere in questa definizione e identità. Oggi non si ha la capacità, prima
ancora che il coraggio, di definire; perché definire significa circoscrivere,
porre fine, delimitare, segnare dei confini tra ciò che è e ciò che quella cosa
non è.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Ma l’uomo di oggi è terrorizzato dalla fine (sotto
tutti gli aspetti della vita umana) e non è più in grado di definire, quindi di
essere, pena l’essere emarginato e annichilito in nome di una serie di concetti
(rispetto, libertà, tolleranza, eccetera) dei quali ci si è appropriati
violentemente senza avere la cortesia di spiegarne secondo quali motivi tale
appropriazione sia lecita, doverosa, necessaria.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Un uomo così, più vittima che colpevole, come può
pensare a una letteratura? Si scrive, certo, ma non ci si capisce. Si vive,
certo, ma non ci si interroga. Quello che oggi manca è un pensiero, forte o
debole che sia. Oggi, e qui i social sono un elemento – di causa o di effetto
sarebbe da appurare – fondamentale, è tutta e solo una questione di
apprezzamenti, di ‘mi piace’. Ciò che non piace non esiste; o ci si massifica
in una sterile assonanza di gradimento, oppure ogni sorta di replica, che
presuppone un’idea, e quindi un’identità, contraria, non ha diritto di
cittadinanza. Diritto che le è negato non tanto da qualche despota del sapere,
ma da un ambiente culturale che non concepisce, non è in grado di pensare, che
si possa pensare diversamente.<o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Con l’ironica eterogenesi dei fini che tutto questo
accade proprio in una delle epoche in cui più si utilizzano quei termini, ormai
carcasse vuote, i cui contenuti più servirebbero all’uomo di oggi, alla sua
cultura, società ed esistenza. Quindi, infine, anche all’esistenza di una
letteratura e di una letteratura ai tempi dei social. <o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-25483637809057680792016-04-02T16:10:00.000+02:002016-04-02T16:10:02.201+02:00[IlBigotto] – Sono solo parole<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-8WnZKxZ8mmU/Vv0vmZ0rB5I/AAAAAAAAAvA/8ThFIUDq2_oU3CSqzgPo5nh4gJ0ajJfdQ/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://2.bp.blogspot.com/-8WnZKxZ8mmU/Vv0vmZ0rB5I/AAAAAAAAAvA/8ThFIUDq2_oU3CSqzgPo5nh4gJ0ajJfdQ/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
“<i>Posso solo
ripeterti ancora: sono solo parole</i>” recita una bella canzone di Noemi
scritta per lei da Fabrizio Moro. Già, cos’altro dire a chi al termine di una
celebrazione eucaristica (la <i>parola </i>Messa
è troppo desueta), ti guarda sconsolato e ti guarda perché sei sconsolato
perché in quel rito ci sono state solo, appunto, parole. Ma non quelle del
rito; quelle sono state dette in fretta e furia, quelle proprio tante, troppe,
dette in continuazione sono quelle dell’omelia e quelle della spiegazione e
introduzione di ciò che accade. Facendo di esse un’ulteriore occasione per fare
un’omelia, o qualcosa che gli assomigli. Rendendo la liturgia, eterogenesi dei
fini?, un ammasso di “belle” parole, di fervorini da quattro soldi, di un
mediocre e squallido moralismo da chi, messa tra parentesi quella che considera
l’epoca più moralistica della storia della Chiesa – circa 1600 anni tanto per
essere chiari – vuole non essere moralista. Non so, ma a teatro (mi si perdoni
il paragone irriverente e inevitabilmente inadatto) quando si recita c’è il
regista o l’attore principale che spiega cosa sta accadendo, cosa si sta
mostrando e perché si è scelto quel registro piuttosto che un altro? È quello
il momento per spiegare? Non sarà che la necessità di spiegare ciò che si fa
dimostra che ciò che si fa è privo di significato? È un mero e triste
formalismo? Non sarà che si ha la presunzione che a salvare sia più la parola,
propria non di Dio o della Chiesa, e si ha un tremendo terrore del silenzio
tanto da considerarlo uno spazio vuoto da riempire con applausi, canzoncine o
discorsi? L’errore più grande, forse, è rispondere puntualmente a questi
personaggi e a queste teorie, non perché non lo meritino, ma perché facendolo
si decide di abbassare infinitamente il livello della discussione scendendo su
un piano così limitato dove non è possibile indicare la bellezza della logica e
della verità. È un piano così infimo che anche l’ipocrisia e la contraddizione
trovano legittimità, figuriamoci se possono trovarcela la legge di Dio e della
Chiesa. Ma costoro guidano le parrocchie e ignorarli, forse, è ancora più
pericoloso. Se con le parole non ci si può contrapporre perché l’ideologia non
accetta contraddizioni, nemmeno palesi, rimane l’onorevole possibilità di controbattere
con ciò che più temono e fuggono: il silenzio. Il silenzio di chi crede, il
silenzio di chi spera, il silenzio di chi prega. A salvarci, ricordiamolo, non
sarà un’omelia, men che meno una catechesi.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-67468069733623987832016-03-26T08:00:00.000+01:002016-03-26T08:00:09.653+01:00[IlBigotto] – I guanti bianchi che grondano di sangue<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-ZKvsz5wUkMs/VvTiCmqbOZI/AAAAAAAAAuw/SRcCSUBqq7EnTO1anvR4hc3zCFLGtKQbg/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://2.bp.blogspot.com/-ZKvsz5wUkMs/VvTiCmqbOZI/AAAAAAAAAuw/SRcCSUBqq7EnTO1anvR4hc3zCFLGtKQbg/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b>Dell’ennesimo</b>, si ricordi che è l’ennesimo, attentato
terroristico a Bruxelles se ne è parlato in misura sproposita. In una società
che abbonda di parole, senza intendersi sul loro significato, che poi si riduce
alla ripetizione sterile di slogan, non sa far altro che parlare. E lo fa,
però, senza comunicare. La vicenda è piena di significati, di risvolti, la cui
spiegazione e risoluzione non è certamente facile o riducibile ad un solo
fattore. C’è, però, un dato comune, un comune denominatore, che sono le mani
grondanti di sangue. Non solo quelle delle vittime, non solo quelle dei feriti,
non solo quelle degli attentatori, ma anche e soprattutto quelle dei guanti
bianchi di chi governa, occultamente o meno, l’Europa. Perché il problema vero,
serio, non sta tanto e solo in chi attacca, ma soprattutto in chi non è capace
o non vuole difendere. Enrico Mentana scriveva all’indomani degli attentati di
Bruxelles: “<i>Fare la guerra a chi vive in
pace è facilissimo, fare la pace con chi ci ha dichiarato guerra è impossibile</i>”.
Eppure ciò che gli attori della politica sanno ripetere è solo una sterile
filastrocca di banalità alle quali non vogliono o non sanno far seguire i
fatti. E il sospetto che dietro a tutto questo sangue ci siano le loro
“candide” mani è troppo grande per essere ridotto a un miserabile ‘i cattivi
sono gli altri noi siamo i buoni’. Non semplicemente, come vogliono far credere
alcuni, si tratta di un rapporto di causa ed effetto; anzi si può seriamente
pensare, avendo le spalle larghe di prendersi ridicole accuse di complottismo
da chi, incapace di dare risposte, mette etichette come coperte sempre troppo
corte; si può, quindi, seriamente pensare che dietro questi eventi ci sia una
chiara volontà politica della civile Europa per fini ben precisi. Fini che
probabilmente sfuggono, ma questa mentalità del terrore è un’occasione ideale
per privare gli uomini delle loro libertà nel ricatto di protezioni sempre
maggiori; protezioni che, ovviamente, non ci sono o non sono sufficienti perché
chi ha sete della libertà altrui mai sarà sazio. Il sistema oggi imperante è
già programmato in questa direzione; si pensi a tutte le politiche economiche e
in questo senso schiaviste. Il futuro non è certo roseo perché non si ha la
capacità e la volontà di pensare una reazione, anche solo difensiva. In questo teatro
chi ci rimette, la vita e la dignità, sono gli uomini comuni, non quelli che
siedono dietro a qualche tavolo illudendosi di essere i padroni del mondo. Il
futuro non è roseo, ma non è nemmeno totalmente buio. Una speranza c’è, ma non
passa per le foto dei profili Facebook, per i gessetti colorati, le liturgie
mediatiche per acquietarsi la coscienza. In questo giorno in cui si guarda con
la speranza della fede a un sepolcro vuoto, noi che conviviamo con sepolcri
pieni abbiamo, appunto, una sola speranza: quella di confidare in chi conosce
la strada per uscire da quei sepolcri. L’onere (ma anche l’onore) di restituire
pace e serenità a questa Europa passa da chi saprà giungere le mani, piegare le
ginocchia e implorare la grazia della pace. Perché la pace è una grazia, non è
lo stato naturale dell’uomo, checché gli ideologi dicano il contrario. In un
popolo di credenti sempre più ridotto all’osso, minato, diviso e frantumato, i
pochi rimasti abbiano la forza, la pazienza e la perseveranza, di continuare a
pregare. Mentre c’è chi riempie i sepolcri c’è chi li svuota ed è a Lui che
dobbiamo rivolgere il nostro sguardo, il nostro ascolto, la nostra attenzione.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-9525852410855257802016-03-19T10:57:00.002+01:002016-03-19T10:57:23.235+01:00[IlBigotto] – Dalla salvezza alla felicità. Come forse è cambiato l’approccio alla vita (eterna e non)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-K6u8RYC2eWA/Vu0iboXtLOI/AAAAAAAAAug/ekBhNlRzX60A-C0lYdq_4oq326BJZNkKg/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://3.bp.blogspot.com/-K6u8RYC2eWA/Vu0iboXtLOI/AAAAAAAAAug/ekBhNlRzX60A-C0lYdq_4oq326BJZNkKg/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b>Tutto cambia</b>, dicono, niente resta, sperano. Eppure
la realtà trascendente rimane tale nella sua essenza, altrimenti sarebbe
immanente e non più trascendente. Ma al di là delle speranze di chi piuttosto
che coerentemente cambiare bandiera vuole, con l’arroganza e il dispotismo
tipico degli eretici, cambiare sui propri usi e costumi la bandiera che, dice,
ora gli sta stretta, rimane un cambio di prospettiva nelle cose spirituali
piuttosto significativo. Non si tratta di urlare allo scandalo o di rimuginare
sulla gravità della crisi che stiamo vivendo; anzi, nella crisi, bisogna
trovare la forza di rimanere saldi, aspettare che la bufera passi e poi, dalle
macerie, si noterà ciò che è rimasto saldo e fedele e ciò che, invece, è stato
spazzato dai flussi della novità e dell’aggiornamento. Resta, come detto, un
cambio di prospettiva che, nell’imminente inizio della Settimana Santa dovrebbe
far riflettere. Perché viviamo? A cosa serve questa vita? Sono le domande che
ognuno si pone, almeno fino a quando è lucido dagli stordimenti del
menefreghismo in cui ci vorrebbero rinchiudere; sono le domande che pongono il
senso all’esistenza. Ebbene, par di notare, un cambio di prospettiva: si è
passati (al di là di <i>quando</i> e <i>perché</i>) da una prospettiva, appunto,
trascendente a una, appunto, immanente. L’obiettivo della vita, almeno quello
primario, non è più la salvezza (guadagnata, conquistata, meritata, ricevuta o
concessa che sia), ma la felicità. Oggi si vive per essere felici non per
essere salvati dalle conseguenze del peccato originale. Può sembrare una
sottigliezza, ma non lo è; perché cambiando la prospettiva, la direzione,
cambia anche la meta. E cambiando la meta cambia il fine, il senso della vita.
Cambia il modo di accettare le cose, cambia il modo di viverle. E il fine della
salvezza, se subordinato ad un altro, viene meno. Ora questa rubrica potrebbe
indurre molti saccenti a puntare il dito screditando l’estensore di queste
parole definendolo triste, bigotto (appunto) e sfigato, proprio perché non fa
un’apologia della felicità. Eppure l’errore (anche banale e grossolano) sta
proprio qui. Il bigotto di turno non disprezza la felicità, anzi, la cerca e la
salva e crede (che possa piacere o no) che sia preferibile quella eterna
piuttosto che quella terrena. Se poi il buon Dio gli dà la grazia di godere di
questa vita ben venga, ma non è questo il suo obiettivo. Oltretutto c’è un
aspetto particolarmente curioso: la contemporanea teologia della gioia e della
felicità si contrappone in maniera decisa (e come tutte le novità, sprezzante e
arrogante con il passato per il quale vive un atroce complesso di inferiorità)
a quella della salvezza, specie quella per cui l’uomo la salvezza, con la
grazia di Dio, se la deve meritare con le buone opere (che io debbo e voglio
fare recita l’Atto di Speranza). La critica verte, tra gli altri, sulla
questione che l’uomo non dovrebbe far nulla, non c’è sforzo o fatica che tenga;
eppure, l’eterogenesi dei fini, gli sforzi e le fatiche maggiori sono proprio
quelli per essere felici. E sono più pesanti e asfissianti (per quanto
l’ideologia impedisca di ammetterlo e forse anche di riconoscerlo) di quelli
per meritarsi la salvezza. La ricerca della felicità nell’epoca contemporanea è
diventata una schiavitù perché ignora l’insaziabilità dell’uomo il quale, o
accetta una felicità più grande ma non imminente, o si accontenta di una
felicità imminente, ma passeggera ed effimera che appena ottenuta crea un vuoto
ancora più grande e un bisogno ancora maggiore di una nuova felicità. Non è
tanto una questione di merito, può piacere o no, ma una costatazione di un
fallimento educativo. Se la questione viene impostata, come fanno in molti,
irridendo ed etichettando l’interlocutore, allora si può liquidare la faccenda
dando del <i>bigotto</i> a chiunque; se la
questione appassiona e interessa allora si può comprendere la portata di questo
cambio di prospettiva. Soprattutto considerando che la prospettiva della
salvezza non esclude la felicità terrena (anche se effimera e parziale),
mentre, viceversa, la prospettiva della felicità non comprende la salvezza e
non lo può fare perché non ne fa esperienza perché solo essa è divenuto il
metro di giudizio delle cose e ciò che ci supera, precede e segue non può
essere contemplato. Con tutto il disastro, eterno e terreno, che ne deriva.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-19129254776208872892016-02-29T08:31:00.000+01:002016-02-29T08:31:16.617+01:00[IlBigotto] - L’amore è vinto, non ha vinto<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-XnDf60Adh2A/VtPzh6jrIrI/AAAAAAAAAuQ/Zmw6OleVZNk/s1600/IlBigotto2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" src="https://4.bp.blogspot.com/-XnDf60Adh2A/VtPzh6jrIrI/AAAAAAAAAuQ/Zmw6OleVZNk/s320/IlBigotto2.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b>“<i>Ha vinto
l’amore</i>” </b>queste le parole di molti subito dopo l’approvazione in Senato del
disegno di legge (modificato al ribasso) sulle unioni civili. Come al solito,
come avviene per tutto ciò che riguarda la politica e la comunicazione in
Italia si è scesi nel ridicolo e nella banale e mediocre ripetizione di slogan
specie da parte di coloro che si atteggiano ad essere intellettuali e
responsabili delle cose altrui. Ma è così, forse, ci si può fare molto poco,
almeno per quanto riguarda la comunicazione di massa, inficiata dalla presenza
di chi non vuole comunicare o dialogare e non lo vuole fare perché non sa e non
vuole ascoltare e vuole solo imporre, anche con violenta arroganza e arrogante
violenza, i propri diktat. Così, cosa c’entri l’amore con le unioni civili e
anche con il matrimonio nessuno è in grado di spiegarlo. L’unica spiegazione
plausibile, appunto, è la propaganda, che è la cosa di cui faremmo volentieri a
meno, soprattutto sulle ipocrite labbra di chi si dice lontano da ogni sorta di
dittatura. Ma tant’è. Tolto, perché verrà tolto, l’ostacolo del riconoscimento
delle unioni tra persone omosessuali si procederà oltre. Ed è ingenuo (o
peggio) chi crede che non sarà così e che questa sarà la vittoria della libertà
e che finalmente l’Italia verrà riconosciuta come un Paese civile. No,
riprenderanno la propaganda, gli slogan e le pressioni (mediatiche e non)
perché anche l’Italia si adegui ai nuovi conformismi europei e internazionali.
Un esempio? Eccolo: “<i>I giovani del
Partito liberale svedese hanno approvato una mozione in cui chiedono la
legalizzazione della necrofilia (rapporti sessuali con i cadaveri) e
dell'incesto. Nella mozione si legge che il fatto che tali attività sessuali
siano considerate inusuali e disgustose non significa che debbano essere
vietate. Nel dettaglio, si chiede che il sesso tra fratelli consenzienti di età
superiore ai 15 anni e il sesso con un cadavere, se esiste un permesso scritto
della persona prima di morire, siano considerati legali a tutti gli effetti di
legge. Secondo uno dei promotori della mozione, che è stata approvata
all'ultimo congresso della gioventù liberale svedese. Cecilia Johnsson, una
persona deve poter decidere che cosa venga fatto dei suoi resti dopo la morte:
"Se vuoi che il tuo corpo sia usato in un museo o se vuoi che qualcuno ci
dorma insieme, tali decisioni dovrebbero poter essere riconosciute come legali</i>"
[IlSussidiario] Chi potrà impedire tutto questo? Si inorridiva anche all’idea
che due uomini o due donne potessero sposarsi e che queste unioni potessero
adottare bambini, eppure. Eppure con l’apposita forza mediatica si riesce a
convincere di tutto e non ci si deve stupire che fra qualche tempo verranno
considerate lecite la pedofilia, l’incesto e la necrofilia. E, sia chiaro, lo
si farà proprio in nome di quell’amore che si dice abbia vinto e che invece è
stato vinto. Vinto innanzitutto sotto il profilo del linguaggio, tanto che
tutti ne parlano senza avere la dignità (e la capacità) di spiegarlo e vinto
sotto il profilo della realtà perché non è l’amore il fine di tutto, ma la
verità. E questa non è materia per chi campa di slogan e imposizioni.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-54919090785981747342016-01-18T20:59:00.002+01:002016-01-18T20:59:44.788+01:00Lo specchio rotto<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-iTZy4I57370/Vp1EBlQHNjI/AAAAAAAAAuA/T4rsy10I-4g/s1600/Lo%2Bspecchio%2Brotto.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="http://2.bp.blogspot.com/-iTZy4I57370/Vp1EBlQHNjI/AAAAAAAAAuA/T4rsy10I-4g/s400/Lo%2Bspecchio%2Brotto.JPG" width="222" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Era lì, immobile, lo sguardo fisso, abbassato, per
terra, a guardare quello che era successo e che mai aveva pensato. Il suo
specchio, a terra, a rispondere al suo sguardo, in frantumi. Com’era accaduto?
Non riusciva a darsi una ragione, a comprendere una causa, ma anche se ve ne
fosse stata una non avrebbe placato il suo sgomento nè mutato le condizioni di
quello specchio. I pensieri si accavallavano tra loro, intercettando
principalmente banalità e problemi secondari. Forse era un meccanismo di difesa
della sua psiche per evitare che si rendesse conto che lo specchio, quello
specchio, il suo specchio, era andato in frantumi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Non riusciva più a ritrovarsi, a rimirare la sua
immagine nello specchio. Ora, distrutto, era solo una collazione di frammenti,
dai più piccoli ai meno piccoli; no, non c’era posto per pezzi grandi. La
grandezza è un’unità di misura per le cose notevoli, integre, utili. Per le
cose rotte non si parla di grandezza, al massimo di piccolezza. E lì c’erano
tanti pezzi piccoli, più o meno piccoli, ma sempre troppo piccoli per assolvere
al dovere di esistenza di uno specchio.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Ricordava bene quanto quello specchio gli fosse
stato utile in tutte le circostanze della sua vita, per capire chi era e
com’era e provare, per quanto possibile, a cambiare, a correggersi. Ricordava.
Già, perché si ricorda ciò che è passato ed è passato ciò che non è più
presente e ciò che non è più presente è destinato ad essere dimenticato. Si
ricorda ciò che sarà dimenticato. Ma i ricordi esagerano la realtà, non restituiscono
mai un’immagine esatta di quello che è stato. L’immagine; quella stessa
immagine di sé che egli non aveva più e più non avrebbe avuto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Provava a rasserenarsi, a trovare motivazioni per
andare avanti. “Guarda le cose da un altro punto di vista” gli dicevano; ma
cambiando il punto di vista lo specchio rimaneva tremendamente e
irrevocabilmente rotto. Cambiava il pezzo di specchio in cui guardarsi, ma in
nessuno di essi c’era lui, quello che era e quello che sarebbe potuto essere.
Per questo provava a cercarsi in qualche pezzo di specchio, in quello meno
piccolo per avere un’immagine di sé più ampia possibile; ma era inutile. Un
pezzo non è il tutto e un pezzo buono in corpo malato rischia di essere
l’ultimo sospiro prima della morte. Nei pezzi più piccoli il risultato era
ancora peggiore: ci si illude che l’integrità di un sistema passi
dall’integrità dei suoi singoli pezzi e che l’identità sia la coerente armonia
dei singoli pezzi. Sciocchezze. Un corpo armonico è anche composto da parti
disordinate, se il disordine fa parte di un ordine ben preciso. Ma in questo
caso mancava la precisione, l’idea e l’immagine del tutto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Iniziò a maturare l’idea che l’immagine di sé non
fosse mai esistita, che fosse tutto frutto della sua immaginazione; che lo
specchio non avesse mai avuto una sua interezza e che essa fosse figlia dei
suoi entusiasmi. Perché anche gli entusiasmi tradiscono le cose, esaltandole e
togliendole dalla dimensione del reale; quel reale di cui si ha sempre un
terrore così grande da drogarlo di entusiasmi e depressioni, qualsiasi cosa
purchè non sia quello che è. O forse, pensò, che quell’interezza c’era stata e
che adesso fosse irrimediabilmente perduta, come perduta era, così, la sua
identità.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Ebbe una serie di sussulti, di confusioni, di smarrimenti.
L’immagine che vide riflessa nei frammenti dello specchio era spesso distorta;
o era reale e distorta era la sua percezione? Ma non c’erano due pezzi che
restituissero la stessa immagine. Che fosse impossibile trovarne una? Che fosse
sbagliato farlo? Che la sua esigenza fosse malvagia e contraria a quella realtà
alla quale voleva disperatamente rifarsi?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Provo a riunire, in un impulso di eccitazione, i
pezzi di quello specchio, a rimboccarsi le maniche ad avere l’arrogante
presunzione di essere più saggio e forte della vita. Ma nella vita quando si
rompe qualcosa, qualcosa sempre si perde e non si riotterrà mai qualcosa
precedentemente integro. Accettare o subire? Forse è una linea sottilissima, ma
passa dal grado di presunzione che si ha in corpo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Non riusciva a capacitarsi di quanto sarebbe
successo, più di quanto già era successo. Perché il problema non è ciò che è
stato, ma ciò che sarà, a prescindere da quanto è stato. Ma il futuro è
presente che diverrà passato e il presente è tempo che scorre e di cui non si
ha esperienza; l’esperienza non esiste: o è ricordo o è prospettiva. Ma se i
ricordi non sono la realtà e se il futuro non è, perché non è ancora stato, o
non c’è rapporto con le cose o non è il tempo il problema della vita. Lo
specchio, infatti, rimanda un istante, non è profetico o testimone. Ma è
quell’istante il senso di tutto, il tutto sul quale scommettere?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Per alcuni sì. Per lui no. Non avrebbe accettato di
fare della sua vita un istante e di declinare tutta una vita ad un solo istante,
o ad un insieme di essi, scelti nel sacco di quelli vissuti.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Lo specchio non gli serviva più. L’immagine
sfregiata che usciva dallo specchio ricomposto era la sintesi della storia,
della sua storia: ognuno vede ciò che vuol vedere o si convince di vedere, ma
le cose sono quello che sono anche se non le vediamo. Così per lui: era quel
che era anche se non si sarebbe mai più riconosciuto; sarebbe rimasto vivo
anche senza un’immagine di sé.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Forse la vita e la realtà delle cose sono un
negativo; capiamo e conosciamo noi stessi in base a ciò che capiamo e
conosciamo di non essere. E forse la vita è un continuo non essere che ci porta
ad essere.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-83178275111191518732015-11-08T11:49:00.001+01:002015-11-08T11:49:28.952+01:00La stessa notizia (08/11/2015)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-_u-oR8xN8JA/Vj8oYs25Q7I/AAAAAAAAAto/ofOjk543SU8/s1600/2.%2B08-11-2015%2B-%2BLa%2BStessa%2BNotizia%2B%255BVatileaks%2BII%255D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="360" src="http://2.bp.blogspot.com/-_u-oR8xN8JA/Vj8oYs25Q7I/AAAAAAAAAto/ofOjk543SU8/s640/2.%2B08-11-2015%2B-%2BLa%2BStessa%2BNotizia%2B%255BVatileaks%2BII%255D.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b>Stanno occupando l’attenzione pubblica</b> (le prime
pagine sono di sabato 7 novembre) le vicende del cosiddetto Vatileaks 2. Stanno
facendo molto rumore le questioni sugli sprechi di denaro e sulle ricchezze dei
cardinali. Ci sono in questa vicenda alcune considerazioni curiose, seppur
frustranti. Innanzitutto l’ingerenza laica in faccende ecclesiali; si è capaci
a frignare a parti invertite e poi a tacere quando fa comodo. C’è poi da
considerare la misericordia. Perché su alcune colpe (vedi il denaro) non c’è
perdono, mentre su altre (eresie e abusi liturgici) ci dovrebbe essere un
rompete le righe esagerato? C’è, infine, una terza curiosità da non trascurare:
nel primo Vatileaks i documenti venivano trafugati per attaccare e screditare
il pontefice di allora; in questo Vatileaks le cose sono ribaltate: i cattivi
sono i cardinali, l’unico buono è il pontefice di allora, solo al comando e non
aiutato a riformare la Chiesa. Ci sono alcuni conti che non tornano e non sono
solo quelli di singoli cardinali che in maniera più o meno ridicola tentano di
giustificare le loro proprietà e ricchezze. Perché il problema non è la
ricchezza in sé – come insegna il Vangelo – ma come questa viene utilizzata. Che
da questa vicenda passi un messaggio pauperocomunista è alquanto disgustoso e
preoccupante. Ma, si sa, conviene a molti, dentro e fuori i sacri palazzi,
screditare la Chiesa e l’opera di quanti (sempre più di quanti si pensa)
sacerdoti, preti, vescovi, cardinali e laici cattolici (soli in un Paese di
assenteisti della carità) fanno con quei soldi che tanto si disprezzano (ma
solo perché nelle tasche altrui) a beneficio di tanti, tanti, che non trovano
posto sulle prime pagine dei giornali.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-73115039704638361622015-10-28T14:52:00.000+01:002015-10-28T14:59:07.762+01:00La stessa notizia (25/10/2015)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-WGeIq0MjiiM/VjDS7OCvj9I/AAAAAAAAAtY/yK_Y5t9FCtg/s1600/1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="360" src="http://3.bp.blogspot.com/-WGeIq0MjiiM/VjDS7OCvj9I/AAAAAAAAAtY/yK_Y5t9FCtg/s640/1.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b>Questi i
titoli di sei</b> dei quotidiani più noti e più letti in Italia. I giornali
sono di Domenica 25 Ottobre 2015, data successiva alla conclusione del Sinodo
sulla famiglia nel quale in molti avevano posto (dentro e fuori la Chiesa, più
fuori che dentro) fiducia per la questione dell’ammissione dei divorziati
risposati al Sacramento dell’Eucarestia. Questi i titoli. Di per sé,
tecnicamente – come molti fanno notare -, nella Relazione finale del Sinodo non
si parla mai espressamente di Comunione ai divorziati risposati. Ma allora perché
i giornali hanno così titolato? La colpa è dei media, si dirà. Il che parzialmente
è vero. I giornali italiani, sia per quanto riguarda la politica, ma anche per
quanto riguarda la Chiesa cattolica, non riescono (non vogliono) essere
obiettivi e parlare competentemente di materie di cui, oltretutto, dovrebbero e
potrebbero tranquillamente disinteressarsi. C’è però comunque da riflettere che
se è vero che i media hanno l’obiettivo di servire il mondo e cioè arrecare
danno alle anime (e alle persone) tramite talune menzogne, non sarebbe
opportuno e anche intelligente (per non dire doveroso) da parte cattolica che
si eviti di prestare il fianco a queste strumentalizzazioni e falsificazioni
(ammesso e non concesso che siano tali)? Perché tutto il lavoro che da Domenica
tanti stanno compiendo, tentando di spiegare che nulla è cambiato, che la
dottrina è salva, eccetera eccetera, è quantomeno ridicolo se non, peggio,
inutile. Perché basterebbe che chi di dovere usasse quel linguaggio chiaro e
definitorio, anche anatemizzando l’errore, che la bimillenaria tradizione della
Chiesa (senza parentesi) conosce perfettamente. Invece che ridicolizzare chi l’ha
fatto per secoli, evitando queste mediocri e imbarazzanti situazioni, tale
linguaggio donerebbe autorevolezza ad un’autorità che l’ha smarrita e le
risparmierebbe la patetica conseguenza di frignare perché il mondo ha capito
male. Il mondo capisce male perché vuol capire male, ma capisce peggio perché
il parlare cattolico non è più “<i>sì, sì;
no, no</i>” come comandato da Gesù Cristo stesso (cfr. Mt 5,37). Perché poi sorge
il sospetto che questa confusione, questo linguaggio ambiguo per cui non si
professa apertamente l’errore, ma si permette che esso non sia condannato in
modo che poi nella realtà gli sprovveduti cattolici possono continuare ad
illudersi che tutto è uguale a ieri e i non più cattolici possono beatamente
perpetrare e praticare le loro pratiche sacrileghe ed erronee, viene e questo
sospetto si fa sempre più certezza. Con le sole logiche e cattoliche
conseguenze da trarre.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-34966771303667269162015-09-20T23:35:00.000+02:002015-09-20T23:35:48.193+02:00C’è bisogno di qualcuno che insegni il Vangelo ai romani<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/s_vi/T5OjVlgQGiI/default.jpg?sqp=CITN_K8F&rs=AOn4CLDyGQV8fiJqp6Bv9P42hcKs21fdug" src="https://www.youtube.com/embed/T5OjVlgQGiI?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b>Le
periferie, le periferie</b>, l’ecumenismo, i diversi, gli altri e i lontani. E
noi? noi che aneliamo a stare e a rimanere nel centro, nel cuore della Chiesa
di Cristo (la Cattolica, quindi)? Di noi chi si preoccupa? Perché noi non
vogliamo fare da soli, chiediamo pastori, che ci guidino. Eppure lo sguardo è
rivolto altrove. A compiacersi di chi non crede in Gesù Cristo e di chi di Gesù
Cristo ha fatto il pretesto delle proprie idee. C’è bisogno che qualcuno
insegni il Vangelo ai romani. Ma c’è bisogno che qualcuno creda nel Vangelo e
non si ostini, ipocritamente, a sostenere che sia necessario adattarlo alle
esigenze del momento rifiutandosi di ammettere di credere che egli ne sa più di
Gesù Cristo. C’è bisogno che qualcuno ami i romani. Come cittadini e come
fedeli. Ma a politici e amministratori gli importa di loro solo per un segno di
matita e per un reddito da tassare. Così come ci vorrebbe che qualcuno amasse i
cattolici romani. Ma si è perso questo amore e si è trasformato in disprezzo,
sempre meno sopportato e sempre meno celato. Siccome costoro sono fedeli, non
cambiano la loro fede barattandola al mercatino dell’usato di altri credo, non
possono essere venduti nel mercato della globalizzazione religiosa di una
cattolicità divenuta social a livello mediatico più che sociale a livello
cristiano. Così rimanere cattolici non è ben visto. Costoro soffrono di essere
orfani, perché a differenza di coloro che – riempiendo piazze e aule pontificie
– non possono fare a meno della guida paterna e dell’amorevolezza materna di
Santa Romana Chiesa. Ma queste guide guardano altrove e non confermano nella
fede, ma creano scandalo e accusano chi si scandalizza di ogni male. Cornuti e
mazziati. C’è bisogno di qualcuno che ami i romani e la romanità della Chiesa
cattolica. In assenza di uomini in carne ed ossa, nella fedeltà al Dogma della
Comunione dei Santi, ci si rivolga a San Filippo Neri, romano di adozione.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-82056343238024418432015-07-30T18:38:00.000+02:002015-07-30T18:38:47.820+02:00La fine dei desideri<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-iwRyACMdY68/VbpS37STEyI/AAAAAAAAAtA/1_Pwa4mTJMU/s1600/La%2Bfine%2Bdei%2Bdesideri.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://3.bp.blogspot.com/-iwRyACMdY68/VbpS37STEyI/AAAAAAAAAtA/1_Pwa4mTJMU/s320/La%2Bfine%2Bdei%2Bdesideri.jpg" width="235" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 18pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 18pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 18pt;">
Erano lì, camminando in giro per
il centro della città dove abitavano. Un padre e un figlio, mano nella mano.
Una giornata come tante, una di quelle apparentemente senza significato, ma che
senza rendersene conto, insieme a tante altre, avrebbe dato a quel bambino,
come a ogni bambino, l’identità di uomo. Sia di riflesso che per reazione.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Papà, papà»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Dimmi tesoro»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Mi compri quel giocattolo?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Quale?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Quello lì, lo vedi? Dai ti prego»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Ma ne hai già tanti di giocattoli come quello.»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Lo voglio, lo voglio»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«E poi costa troppo, non lo possiamo comprare»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 18pt;">
Altre risposte non c’erano.
Pensava di avercela fatta, quando prima in maniera sottile e leggera poi in
maniera sempre più forte e plateale, il pianto di suo figlio si liberò fino ad
esplodere e a travolgere l’udito e l’attenzione di tutti coloro che erano nei
dintorni.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 18pt;">
Prima provò, goffamente, a farlo
tacere, poi a consolarlo, infine ad ignorarlo. Quando di fronte all’evidenza
che il pianto non cessava si sentì costretto a tornare sui suoi passi e a
comprargli quel benedetto giocattolo, ecco che finalmente ogni tristezza sparì
dal volto di suo figlio per far posto a una grande contentezza.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 18pt;">
Anche quella sera si erano
ritrovati sotto casa di lei, dopo aver provato a fare l’amore, o quel che di
esso era rimasto, senza riuscirvi. Eccoli lì, a fissare il mondo che viveva
davanti ai loro occhi, dietro il vetro della macchina nella quale erano seduti.
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Amò perché non dici niente?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Che ti devo dire?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Non lo so, qualcosa, ti vedo strana»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Boh, no, niente»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Come niente? Non ti va più di fare l’amore con
me?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Ma no, non è quello»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«E cos’è allora?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Silenzio<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Non ti piace più?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Silenzio<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Non mi ami più?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Silenzio<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Mi dici qualcosa o no?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Sono pensierosa e triste»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Sei sempre triste e non mi dici perché!»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Silenzio<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Silenzio<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
E poi di nuovo lui tentò un
approccio, cercando di risolvere problemi che non vedeva, soddisfacendo le
pulsioni e gli istinti più intimi, cercando di esagerare, aumentare il livello,
pensando che quello, magicamente, facesse sparire ogni malumore. Magari non
facendolo sparire, ma anche solo allontanandolo per qualche ora, minuto,
secondo. E dopo qualche secondo che a lui parvero minuti intensi e lunghissimi,
lei se ne andò incontro al vuoto nel quale era sprofondata.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 18pt;">
Erano le 3 di notte di quel
sabato sera di luglio. Le scuole erano finite e tanti piccoli disoccupati in
attesa di un nuovo anno di studio o qualcosa che potesse anche solo minimamente
assomigliargli, stavano lì, buttati in un parcheggio come bottiglie di birra già
scolate da un pezzo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Ahò, che facciamo stasera?» fece quello che
doveva essere il trascinatore; ‘capo’ era una parola grossa anche per lui.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Ma che ne so» fece un altro<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Andiamo a mignotte» fece un terzo<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Sempre a quello pensi, che palle»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Proponete voi, no?»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Ci sballiamo? Ho un amico che dice di avere
roba buona» propose il primo<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Naah, nun me va»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«E se andassimo a fa casino in centro?» fece un
altro fino a quel momento rimasto in silenzio a rimuginare su quanto rimasto di
quel sigaro fumato.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Bah, a fa ste cose te diverti solo te»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«E poi lo abbiamo fatto già ieri»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Vabbè allora io me ne vado»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Pure io»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: -18pt;">
<!--[if !supportLists]-->-<span style="font-size: 7pt; font-stretch: normal;">
</span><!--[endif]-->«Se vedemo domani»<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Silenzio<o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Se
ne andarono tutti e restò lo stesso niente che c’era fino a qualche istante
prima, solo adesso pieno di un silenzio non interrotto dalla ricerca di un
desiderio da consumare: la fine dei desideri è soddisfarli tutti. La fine dei
desideri è soddisfarli subito.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-54661088528474483482015-06-28T08:48:00.004+02:002015-06-28T08:48:47.076+02:00Il futuro è adesso<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/s_vi/oW6KTeuI3CA/default.jpg?sqp=COyvvqwF&rs=AOn4CLB6I8HKOlWAjq6uhw9ky8KIxjMRHg" src="https://www.youtube.com/embed/oW6KTeuI3CA?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b>Il futuro è adesso.</b> La conquista dei presunti
diritti da parte dei rivendicatori del matrimonio tra omosessuali non è la fine
di un processo, ma una tappa intermedia. Quanto dichiarato da quest’uomo
intervistato al Gay Pride di Milano è piuttosto eloquente. Non c’è da stupirsi:
distrutte le premesse, traslato il fondamento della questione dal campo dell’utilità
sociale a quello dell’emotività, ecco che anche i rapporti tra uomini e animali
dovranno essere riconosciuti. E non ci stupirà seguire le campagne mediatiche e
ideologiche. Bisogna avere solo un po’ di pazienza e aspettare. Se i diritti
sono per tutti, perché non anche per gli animali e per i rapporti tra uomini e
animali?<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-56659923344651854722015-06-14T15:24:00.001+02:002015-06-14T15:25:12.947+02:00Lo spot Huggies che preoccupa i potenti della terra<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/JHBOCh50yRI/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/JHBOCh50yRI?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<b><br /></b>
<b>L’Istituto
per l’Autodisciplina Pubblicitaria</b> “<i>ha
ingiunto alla Huggies di desistere dalla diffusione di questa pubblicità. Lo
spot violerebbe gli articoli del Codice di Autodisciplina della Comunicazione
Commerciale su “Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona”
e su “Bambini e adolescenza”</i>”. [Fonte: lultimaribattuta.it] Questi signori
considerano questo video pericoloso tanto da dover intervenire d’urgenza. Costoro
hanno paura e sanno che devono faticare molto per far passare per vero ciò che
vero non è, altrimenti non si scomoderebbero per uno dei tanti spot
pubblicitari. Quello che muove il mondo non è il denaro (una serie di pannolini
diversificati e non unisex avrebbe permesso maggiori guadagni), ma l’ideologia.
È una guerra dove ognuno combatte la sua parte; le possibilità sono
sproporzionate e impari, ma non c’è da lagnarsi per questo. C’è da rimanere
vigili, ognuno nel proprio campo e resistere. L’unica preoccupazione è il
silenzio o il risibile latrato di coloro che dovrebbero essere buoni e invece
favoriscono i cattivi.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-26035979800103281422015-05-19T10:31:00.001+02:002015-05-19T10:31:09.135+02:00Viva l'Italia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/5wp9qUhg-Ws/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/5wp9qUhg-Ws?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-32722248825985896152015-05-18T09:44:00.002+02:002015-05-18T09:44:57.721+02:00La liturgia del mondo nuovo<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Il gruppo adesso era al completo, il circolo di solidarietà perfetto e
senza difetti. Un uomo, una donna, un uomo, in un anello di alternanza continua
attorno alla tavola. Dodici in tutto, pronti a essere uno, a unirsi l’un
l’altro, a fondersi, a perdere le loro dodici identità in un essere maggiore.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Il Presidente si alzò, fece il segno del Te, girando l’interruttore
della musica sintetica, mise in marcia il rullio dolce e infaticabile dei
tamburi e un coro di strumenti — similvento e supercorde — che ripetevano e
ripetevano affannosamente la breve e ossessionante melodia del Primo inno di
solidarietà. Ancora, ancora… e non era l’orecchio che percepiva il ritmo
pulsante, era il diaframma; il lamento e il clangore di quelle armonie
rincorrentisi ossessionavano non la mente, ma le viscere palpitanti di
compassione.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Il Presidente fece un’altra volta il segno del T e si sedette. Il
servizio era cominciato. Le compresse di soma consacrate furono poste al centro
della tavola da pranzo. La coppa dell’amicizia, piena di gelato di soma alla
fragola, fu passata di mano in mano e, con la formula «Bevo al mio
annichilimento» ciascuno dei dodici vi bevette. Quindi, con l’accompagnamento
dell’orchestra sintetica, i convenuti cantarono il Primo inno di solidarietà.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Ford, noi siam dodici; deh! raccoglici in uno,<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Come gocce dentro il Fiume Sociale;<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>E fa’ che corra rapido ognuno<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Come la tua macchina trionfale.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Dodici strofe
deliranti. Quindi la coppa dell’amicizia fu fatta circolare una seconda volta.
«Bevo all’Essere Supremo» fu la nuova formula, tutti bevettero. La musica
suonava indefessamente. I tamburi rullavano. I suoni singultanti e scroscianti
delle armonie continuavano a essere un’ossessione nelle viscere commosse. Si
cantò il Secondo inno di solidarietà:<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Supremo Essere, Amico Sociale, vieni,<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Annichilimento di Dodici-in-Uno!<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Vogliamo la morte perché in essa ciascuno<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Inizia una vita di giorni sereni.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Ancora dodici
strofe. Quand’ebbero finito, il soma aveva cominciato a far sentire i suoi
effetti. Gli occhi brillavano, le guance erano accese, la luce interiore di
un’universale tenerezza splendeva su ogni viso con sorrisi felici e amichevoli.
Perfino Bernard si sentiva un poco intenerito. Quando Morgana Rothschild si
voltò e gli sorrise apertamente, egli fece del suo meglio per corrisponderle
con ugual calore. Ma quel sopracciglio,: quel nero due-in-uno, ahimè, c’era
ancora. Egli non poteva non notarlo, non poteva, per quanti sforzi facesse.
L’intenerimento non era penetrato abbastanza in lui. Forse, se fosse stato seduto
tra Fifi e Joanna… Per la terza volta circolò la coppa dell’amicizia. «Bevo
all’imminente Sua Venuta» disse Morgana Rothschild, alla quale toccava appunto
di iniziare il rito circolare. Il tono della sua voce era forte, esultante.
Bevette e passò la coppa a Bernard. «Bevo all’imminente Sua Venuta» ripeté
egli, con un sincero tentativo di convincersi che la. Venuta era imminente; ma
il sopracciglio continuava a ossessionarlo e la Venuta, per ciò che si riferiva
a lui, era orribilmente remota. Comunque anch’egli bevette e passò la coppa a
Clara Deterding. “È un insuccesso anche questa volta” disse fra sé. “Sento che
è così”. Ma continuò a fare del suo meglio per sorridere beato. La coppa
dell’amicizia aveva fatto il giro. Alzando la mano il Presidente fece un segno;
il coro intonò il Terzo inno di solidarietà.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Senti che viene l’Essere Supremo!<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Orsù, gioisci, e muori alfin beato!<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Sciogliti al suono del tamburo estremo!<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Perch’io in te e tu in me sei trasformato.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>A misura che
una strofa succedeva all’altra, le voci vibravano di un’eccitazione sempre
crescente. Il sentimento dell’imminenza della Venuta era come una tensione
elettrica nell’aria. Il Presidente interruppe la musica, e all’ultima nota
dell’ultima strofa succedette il silenzio più assoluto: il silenzio dell’attesa
intensa, fremente e formicolante di una vita galvanica. Il Presidente allungò
la mano; e improvvisamente una Voce, una Voce profonda e forte, più musicale di
una voce semplicemente umana, più ricca, più calda, più vibrante d’amore, di
desiderio e di compassione, una Voce meravigliosa, misteriosa, soprannaturale
parlò al di sopra delle loro teste. Molto lentamente: «Oh Ford, Ford, Ford!»
essa disse diminuendo la forza e in scala discendente. Una sensazione di calore
s’irradiò con una serie di fremiti dal plesso solare a ogni estremità dei corpi
degli ascoltatori; le lacrime salivano loro agli occhi; i loro cuori, le loro
viscere sembravano muoversi nel loro interno come per una vita indipendente.
«Ford!» essi si scioglievano. «Ford!» erano disciolti, fusi. Poi, con un altro
tono, improvviso, che li fece sussultare: «Ascoltate!» tuonò la voce
«Ascoltate!». Essi ascoltarono. Dopo una pausa, decrescendo al bisbiglio, ma un
bisbiglio stranamente più penetrante del grido più acuto: «I passi dell’Essere
Supremo» continuò la voce, e ripeté le parole: «I passi dell’Essere Supremo».
Il bisbiglio era quasi spento. «I passi dell’Essere Supremo sono su per le
scale». E di nuovo ci fu silenzio; e l’aspettativa momentaneamente rilassata si
fece più tesa, ancora più tesa, quasi fino a strapparsi. I passi dell’Essere
Supremo… oh essi li sentivano, li sentivano scendere lievemente le scale,
avvicinarsi sempre più per le invisibili scale. I passi dell’Essere Supremo. E
improvvisamente il limite di resistenza alla tensione fu raggiunto. Gli occhi
sbarrati, le labbra semiaperte, Morgana Rothschild balzò in piedi.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i> «Lo sento» esclamò. «Lo sento».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Esso viene» gridò Sarojini Engels.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Sì, viene, Lo sento!» Fifì Bradlaugh e Tom Kawaguki si alzarono in
piedi simultaneamente.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Oh, oh, oh!» testimoniò con grida inarticolate Joanna. «Viene!» urlò
Jim Bokanovsky.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Il Presidente
si chinò in avanti e con un gesto scatenò un delirio di cimbali e di ottoni,
una febbre di tam-tam.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Oh, viene!» strillò Clara Deterding. «Ahi!» E parve che la
sgozzassero.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Sentendo che
era tempo anche per lui di fare qualcosa, Bernard saltò in piedi e gridò: «Lo
sento! È qui che arriva!». Ma non era vero. Egli non sentiva nulla e, per conto
suo, non arrivava nessuno, nessuno, nonostante la musica, nonostante la
crescente eccitazione. Ma egli agitava le braccia con gli altri; e quando gli
altri cominciarono ad agitarsi, a battere i piedi e a strascicarli, egli pure
sobbalzò e si agitò.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Si misero a girare in tondo, processione circolare di danzatori,
ciascuno con le mani sui fianchi del danzatore precedente, girando e rigirando,
urlando all’unisono, pestando i piedi al ritmo della musica, battendo
vigorosamente il tempo, con le mani, sulle natiche di chi li precedeva: dodici
paia di mani che battevano, come una sola, come una sola, su dodici paia di
natiche risuonanti elasticamente. Dodici in uno, dodici in uno. «Lo sento. Lo
sento venire». La musica accelerò; più veloci batterono i piedi; più veloci,
ancora più veloci s’abbatterono le ritmiche mani.<o:p></o:p></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-indent: 35.4pt;">
[A. Huxley – Il mondo nuovo]<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-41305794158626791882015-05-09T11:31:00.002+02:002015-05-09T11:31:36.118+02:00<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b>Quando siamo
scoraggiati</b>, frustrati, delusi e rassegnati, abbandonati alla tristezza di
non poter contribuire a far nulla per cambiare il mondo, dovremmo ricordarci
che il mondo lo si salva, più che cambiarlo, e lo si può fare attraverso la
normalità delle piccole cose, anche senza avere la soddisfazione di vederne gli
effetti:<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
“<i>Mentre era
al lavoro nei campi, un povero mezzadro scozzese sentì un grido d’aiuto
provenire dalla palude vicina. Vide un bambino che affogava nelle sabbie mobili
e a rischio della propria vita lo salvò. Il padre di quel bambino era un
nobile: la sera stessa bussò alla casa del mezzadro e per sdebitarsi si offerse
di pagare le scuole a suo figlio. Così il figlio del mezzadro poté frequentare
i migliori istituti del Regno Unito e laurearsi in medicina fino a diventare
famoso. Il suo nome infatti era Alexander Fleming, lo scopritore della
penicillina. Qualche tempo dopo, il figlio del nobile che il mezzadro aveva
salvato si ammalò gravemente di polmonite: e la penicillina lo guarì. Si
chiamava Winston Churchill, il premier britannico che fermerà Hitler. Senza
saperlo, con un solo gesto il mezzadro scozzese aveva cambiato due volte la
storia dell’umanità.</i>” [M. Gramellini]<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-11909253620226637312015-04-13T14:45:00.000+02:002015-04-13T14:45:18.147+02:00Così è l'amore<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-W995z12lLM0/VSu6DpBA39I/AAAAAAAAAso/xvd_b9p-jcE/s1600/Cos%C3%AC%2B%C3%A8%2Bl'amore.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-W995z12lLM0/VSu6DpBA39I/AAAAAAAAAso/xvd_b9p-jcE/s1600/Cos%C3%AC%2B%C3%A8%2Bl'amore.jpg" height="320" width="214" /></a></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Mi chiamo, anzi no, non rivelo il mio nome, esso
non è importante. La mia storia, quello che voglio raccontare, è importante e
non voglio legarlo al mio nome. Sono un ragazzo di cui anche l’età non è
importante. Quanto sto per dire è inevitabilmente legato a me, alla mia storia
e ai miei anni, ma voglio che si stacchi da essi, per non pensare che quanto mi
è accaduto è stata una disgrazia personale; essa, invece, è stata una disgrazia
universale.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Io amo la natura. Fin da bambino sono sempre
rimasto affascinato dalla creazione, da tutto ciò che ci circonda e che è
incontaminato. Ho sempre desiderato vivere in un giardino, dove la natura è
rimasta quello che è. crescendo ho affinato questa passione, questo desiderio
di verde, di bellezza, di freschezza e delicatezza. La natura sa sorprenderci e
questa sorpresa volevo fosse il senso della mia esistenza. Una vita spesa al
servizio della natura. Un gran progetto, davvero.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Che poi mi vengono i brividi se penso che questo
mia decisione di dedizione e consacrazione totale alla natura è maturata, da
bambino, di fronte a un trauma grandissimo. Forse è stato tale proprio perché
ero un bambino, ancora non navigato nelle cose della vita. Fatto sta che allora
potevo rinunciare a tutto e a tutto rinunciai per amore. Sì, l’amore per la
natura.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Avevo iniziato a coltivare delle piccole piantine
sul balcone della mia cameretta. Erano i miei primi approcci con
quell’obiettivo di “mettere verde laddove non c’è” (come recita il motto della
mia associazione), che solo negli anni successivi formulai così precisamente.
Ero entusiasta di questa missione, di questa passione che ogni giorno mi vedeva
impegnato a prendermi cura di lei. E lì sorsero i problemi. Non sapevo cosa
fare. Ero letteralmente ignorante in materia, spinto soltanto da tanta passione
ed entusiasmo e voglia di fare e non stare con le mani in mano.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Fu così che agii in maniera, solo ora posso dirlo,
scellerata. Volevo che la mia piantina fosse sempre ricoperta delle mie
attenzioni (così come sentivo dire e ripetere per altre questioni), alla quale
non far mancare niente e mai lasciarla senza niente; volevo che sperimentasse
la mia vicinanza, il mio affetto, i miei interessi verso di lei.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Fu così che la uccisi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Versai per troppi giorni troppa acqua e la soffocai
proteggendola troppo per troppi giorni per ripararla dalle intemperie di quella
stagione. La mia piantina morì. E fui sul punto di lasciar perdere tutto. Mi
sentivo responsabile, colpevole, incapace e, frustrato, un inetto fallito. Non
ero chiamato a fare questo, dovevo cercare altrove. E altrove cercai senza
trovare. Trovai solo quando ritrovai e ritornai alla mia passione d’origine. Ma
rimasi paralizzato di fronte a quel ricordo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
Capii che potevo riprovare, e riuscire, solo quando
qualcuno mi spiegò che c’è una dose giusta d’acqua da dare alle piante e che
c’è un modo corretto per ripararle senza soffocarle. Da allora imparai tante
cose nuove e necessarie perché le mie piantine potessero vivere. E più imparavo
più studiavo. E più studiavo e più capivo che in amore l’improvvisazione è una
droga: conquista, stordisce e poi ti abbandona.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Io<o:p></o:p></i></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-39074490601823066322015-04-12T17:23:00.001+02:002015-04-12T17:23:05.252+02:00Celestino V e Benedetto XVI. Pietro e Pietro<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i>«Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e
debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine
di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta,
abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente
al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da
questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e
provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa
Universale.» [Celestino V – 13/12/1294]<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i>«Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per
le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande
importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia
coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per
l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il
ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua
essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole,
ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a
rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della
fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è
necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli
ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia
incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole
della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al
ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano
dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore
20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere
convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo
Pontefice.» [Benedetto XVI – 10/02/2013]<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b>Questi i testi dei casi delle più clamorose abdicazioni papali</b>, con
quella più recente di Benedetto XVI e quella di Celestino V alla quale sempre
si fa riferimento. Con tante analogie e una, a mio pare sostanziale,
differenza. Prosegue <a href="http://latina.biz/celestino-v-e-benedetto-xvi-pietro-e-pietro/12/04/2015/2929.html">QUI</a><o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-84176735818246657712015-04-07T15:31:00.000+02:002015-04-07T15:31:42.146+02:00<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Disponete i libri» diss’egli brevemente.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>In silenzio
le bambinaie obbedirono. Fra i vasi di rose furono distribuiti in bell’ordine i
libri — una fila di in quarto per l’infanzia aperti in modo invitante —
ciascuno su un’immagine gaiamente colorata di quadrupede, di pesce o di
uccello.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Ora portate i bambini».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Uscirono in
fretta dalla stanza e rientrarono dopo pochi minuti spingendo ciascuna una
specie di scaffale su ruote i cui quattro ripiani di rete metallica erano
carichi di bambini di otto mesi, tutti esattamente precisi (un Gruppo
Bokanovsky, era chiaro) e tutti (poiché appartenevano alla casta Delta) vestiti
di cachi.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Metteteli in terra».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>I bambini
furono scaricati.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Adesso voltateli in modo che possano vedere i fiori e i libri».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Appena
voltati, i bambini tacquero immediatamente: poi cominciarono a strisciare verso
quelle masse di colori brillanti, quelle forme così allegre e vivaci sulle
pagine bianche. Mentre si avvicinavano, il sole uscì da un momentaneo eclissi
dietro una nube. Le rose si infiammarono come per effetto d’una improvvisa
passione interna; un’energia nuova e profonda parve diffondersi sulle brillanti
pagine dei libri. Dalle file dei bambini striscianti uscivano piccoli gridi di
eccitazione, gorgoglii e cinguettii di piacere.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Il Direttore si fregò le mani. «Benissimo!» disse. «Sembra quasi che
sia stato fatto apposta».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>I più veloci
erano già giunti alla meta. Le manine si allungarono incerte, toccarono,
afferrarono, sfogliando le rose transfigurate, sgualcendo le pagine illustrate
dei libri. Il Direttore attese che tutti fossero allegramente occupati. Poi
disse: «State bene attenti». E alzando la mano, diede il segnale.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>La Bambinaia in capo, che stava in piedi vicino a un quadro di comando,
abbassò una leva.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Vi fu una
violenta esplosione. Acuta, sempre più acuta, fischiò una sirena. I campanelli
d’allarme squillarono disperatamente.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>I bambini sussultarono, urlarono; i loro visi erano alterati dal
terrore.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>«E ora»,
gridò il Direttore (poiché il rumore era assordante) «ora procediamo a rafforzare
l’effetto della lezione mediante una leggera scossa elettrica».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Agitò di nuovo la mano e la Bambinaia in capo abbassò una seconda leva.
Di colpo i gridi dei bambini mutarono di tono. C’era qualcosa di disperato, di
folle quasi, negli urli acuti e spasmodici che essi ora emettevano. I loro
piccoli corpi si contraevano e si irrigidivano; le loro membra si agitavano a
scatti come sotto l’azione di fili invisibili.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Noi possiamo far passare la corrente elettrica su tutta questa zona
del pavimento» gridò il Direttore a guisa di spiegazione. «Ma basta ora» e fece
un cenno alla Bambinaia.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Le esplosioni cessarono, le suonerie si quietarono, l’urlo delle sirene
scese di tono in tono sino a smorzarsi. I corpi, che si agitavano, e si
irrigidivano, si distesero, e ciò che era stato singhiozzo e urlo di bambini
impazziti si allargò di nuovo in urla normali di terrore ordinario.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Offrite loro ancora i fiori e i libri».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Le bambinaie
obbedirono; ma, all’avvicinarsi delle rose, alla semplice vista di quelle
immagini gaiamente colorate del micio, del chicchirichì, della pecora che fa
bee bee, i bambini si tirarono indietro terrorizzati; l’intensità delle loro
urla aumentò improvvisamente.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Osservate» disse il Direttore trionfante «osservate».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>I libri e il
fracasso, i fiori e le scosse elettriche: già nella mente infantile queste
coppie erano unite in modo compromettente; e dopo duecento ripetizioni della
stessa o d’altre simili lezioni, sarebbero indissolubilmente fuse. Ciò che
l’uomo ha unito, la natura è impotente a separare.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Essi cresceranno con ciò che gli psicologi usavano chiamare un odio
“istintivo” dei libri e dei fiori. I loro riflessi sono inalterabilmente
condizionati. Staranno lontano dai libri e dalla botanica per tutta la vita».
Il Direttore si rivolse alle bambinaie: «Portateli via»<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>[…]<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Uno degli studenti alzò la mano; e benché capisse molto bene perché non
si poteva permettere alle caste inferiori di sprecare il tempo della comunità
coi libri, e che c’era sempre il rischio che essi leggessero qualcosa capace di
alterare in modo non desiderabile uno dei loro riflessi, tuttavia… ebbene, non
riusciva a comprendere la faccenda dei fiori. Perché darsi tanta pena per
rendere psicologicamente impossibile ai Delta l’amore dei fiori?<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>Con pazienza il Direttore fornì le spiegazioni. Se si faceva in modo
che i bambini si mettessero a urlare alla semplice vista di una rosa, era per
delle ragioni di alta politica economica. Non molto tempo prima (un secolo o
giù di lì) i Gamma, i Delta e persino gli Epsilon venivano condizionati ad
amare i fiori, i fiori in particolare e l’aperta natura in generale.
L’intenzione era di far loro desiderare di andare in campagna a ogni occasione
che si presentasse, e perciò di costringerli a far uso di mezzi di trasporto.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«E non facevano uso di questi mezzi?» chiese lo studente.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Si, e molto», rispose il Direttore «ma non consumavano altro».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i>Le primule e
i paesaggi, egli fece notare, hanno un grave difetto: sono gratuiti. L’amore
per la natura non fa lavorare le fabbriche. Si decise di abolire l’amore della
natura, almeno nelle classi inferiori; di abolire l’amore della natura, ma non
la tendenza ad adoperare i mezzi di trasporto. Era infatti essenziale che si
continuasse ad andare in campagna, anche se la si odiava. Il problema consisteva
nel trovare una ragione economicamente migliore della semplice passione per le
primule e i paesaggi. Ed era stata trovata.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Noi condizioniamo le masse a odiare la campagna» concluse il
Direttore. «Ma contemporaneamente le condizioniamo ad amare ogni genere di
sport all’aria aperta. Nello stesso tempo facciamo sì che tutti gli sport
all’aria aperta rendano necessario l’uso di apparati complicati. In questo modo
si consumano articoli manufatti e si adoperano i mezzi di trasporto. Ecco la
ragione delle scosse elettriche».<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<i>«Vedo» disse lo studente: e si tacque, perso in ammirazione.<o:p></o:p></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
[A. Huxley – Il mondo nuovo]<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-46310812325958177172015-03-25T08:57:00.003+01:002015-03-25T08:57:50.091+01:00Guardando verso il cielo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-cpYTpXdeJE8/VRJqccR9GhI/AAAAAAAAAsU/CzfQZUZRSmo/s1600/Guardando%2Bverso%2Bil%2Bcielo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-cpYTpXdeJE8/VRJqccR9GhI/AAAAAAAAAsU/CzfQZUZRSmo/s1600/Guardando%2Bverso%2Bil%2Bcielo.jpg" height="320" width="214" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Per tutti il cielo è azzurro e
la terra è verde. Per lui, invece, il cielo era verde e nemmeno di un verde
limpido. Era un verde sbiadito, privo della luce dei colori. Eppure sapeva
com’era il verde bagnato dalla luce del sole. Ne aveva visti tanti da bambino
di giardini, da quello piccolo della casa dove era nato, a quello grande della
casa dei nonni. Fino alle sterminate distese dei parchi della sua città. Amava
l’infinito, le cose senza una fine: l’eternità. E lui se la immaginava come una
giardino che continuava all’orizzonte; dove lo sguardo poteva incontrare
alberi, cespugli, rocce e colline, ma dove bastava fare un passo in avanti per
continuare a vedere davanti a sé quello stesso manto di terra che aveva sotto i
piedi e che se si voltava aveva anche dietro di sé. Quello spazio era il
passato, il presente e il futuro. L’eternità. Ogni volta che poteva fuggiva in
un giardino. Quando era a casa sua si rannicchiava e con le mani ai lati degli
occhi si costringeva a vedere solo lo spazio del suo giardino. Per i suoi amici
era una sciocchezza, per gli adulti un vezzo di un ragazzo strano. Crescendo
non perse questa abitudine e molti presero a deriderlo, ironizzando sulla sua
limitatezza. Non capivano che per vedere davvero l’infinito bisogna essere finiti
e avere dei limiti. Perché ci saranno sempre frontiere contro cui infrangere lo
sguardo o contro cui affogare i propri sogni; ma conosce l’infinito solo chi
guarda in faccia i limiti e scorge quello che c’è dopo. Come gli alberi, i
cespugli, le rocce e le colline. Possono ostacolarti la vista, ma non possono
toglierti quello che c’è dopo. Perché nonostante tutte le barriere che possiamo
costruire o che la natura ci impone, c’è sempre un dopo, un oltre cui andare.
Le prime volte vedere spazi sempre uguali lo aveva terrorizzato. Il susseguirsi
impassibile di spazi verdi, l’apparente monotonia del giardino o del parco, gli
sembrava una gabbia più che l’espressione massima della libertà. All’inizio, un
po’ come tutti, amava la novità e cercava spazi sempre nuovi e non sopportava
l’uguaglianza. Si stordiva con il monotono mutamento delle luci della città e
dei posti chiusi. In quell’artificiale varietà cercava ciò che non poteva
trovare. Cercava l’adrenalina delle cose sempre nuove, dei colori che cambiano,
per abituarsi che tutto nella vita cambia e mai niente resta uguale. Solo poi,
forse tardi – non saprebbe dirlo con certezza – comprese che solo avendo la
percezione dell’istante, dello spazio ristretto del presente, si poteva
comprendere, vedere e gustare la varietà dell’infinito. Solo amando e vedendo
lo spazio stretto del giardino di casa sua, costruito con le mani ai lati degli
occhi, poteva vedere tutto quello che quel piccolo spazio di giardino poteva
diventare. Dal verde pallido delle prime piogge, al verde tirato nelle arsure
d’estate; al verde orgoglioso della primavera a quello commosso di un giorno di
pioggia. Fu questo che lo salvò.<o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; text-indent: 35.4pt;">
Il suo cielo verde era la
macchia ammuffita di un muro decrepito di un triste ospedale di periferia.
Giaceva inerte in un letto da quando un incidente stradale gli aveva spezzato
via l’uso degli arti e della parola. Nonostante sembrasse la carcassa di un
burattino gettata sul letto di un’infanzia ormai superata, egli ancora vedeva.
E quella macchia nell’angolo del soffitto di quell’ospedale era il suo
giardino. Il giardino e il parco dove era cresciuto e dove continuava a
crescere. Fu in uno di quei giorni sempre uguali che capì, e una lacrima rigò
il suo volto, che era proprio la sua limitata condizione a permettergli di essere
libero. Lo aveva capito – e non era stato tardi - perché lo stava vivendo.
Prigioniero del suo corpo, limitato nei movimenti e per questo libero di andare
a correre in tutti i giardini possibili. Dove il verde è un lungo sentiero che
si staglia indietro e avanti a noi. Ma se si fa attenzione, è anche sotto di
noi. È lo spazio dove stiamo camminando.<o:p></o:p></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7989511197253394694.post-41590262038630647282015-03-22T15:52:00.000+01:002015-03-22T15:52:30.227+01:00Quel che le parole non dicono<div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dz7nU-Ww4pfM3NEB9hg9isReYcTF_HhLvkQUYcY0-MwuCmquxXytYFCR6anvn2Yab0Csu0iOLr2tLnaNlapvA' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div>
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Le parole forse non riescono a dire molto</b>, spesso parlano di più le immagini. Esse comunicano più di quello che noi vediamo, coinvolgono i nostri sensi e noi veniamo travolti e segnati dalla visione di determinate immagini. Ma, soprattutto, riusciamo a dare una forma rispetto a ciò di cui si parla e che un vocabolario epurato e snaturato dal suo vero significato non riesce a dare. Eutanasia. Dolce morte, così la chiamano. Uccisione, la sua essenza. [prosegue <a href="http://latina.biz/quel-che-le-parole-non-dicono/22/03/2015/2508.html">QUI</a>]Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/10401532167963877280noreply@blogger.com0