mercoledì 8 febbraio 2012

“Per molti versi sembra di essere tornati indietro agli albori del cristianesimo. In un mondo che è religiosamente e culturalmente pluralistico, in un mondo a maggioranza “pagano” nel quale lo stile di vita cristiano praticato per secoli è stato dimenticato, dove dominano l’astrologia, l’aborto, la superstizione e la bramosia. Nonostante i cristiani siano la sostanziale maggioranza in Europa, i cristiani praticanti sono in minoranza. La situazione del cristianesimo in Europa è alquanto stimolante e piena di opportunità dal mio punto di vista.” Il punto di vista è quello del card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, in una lezione tenuta nel 2010 e pubblicata, per gentile concessione della rivista Vita&Pensiero, sul Foglio del 21 gennaio 2012. La difficoltà maggiore sta nel convincere questa Europa che ha bisogno di Cristo e del cristianesimo. La sua storia lo dimostra e il corretto uso della ragione lo conferma. Il problema, però, non è principalmente dell’Europa e dei suoi pagani abitanti. Sarebbe come rimproverare agli uomini dell’Impero romano la colpa di non essere cristiani: semplicemente essi non l’avevano conosciuto il cristianesimo. Ci fu poi chi, anche a costo della vita, per Cristo e la Chiesa versò anche il proprio sangue. Quella fu una delle dimostrazioni più grandi ed efficaci che seguire Gesù Cristo, oltre che vero, era anche conveniente. Per se stessi e per la società. Così la Chiesa incivilì l’Europa e la fondò. Oggi siamo tornati ad una società di barbari, pagani, adulteri, omicidi, ecc. Oggi occorre che i cristiani riprendano in mano l’Europa. Solo loro possono salvarla dal fallimento. Morale, non tanto economico. Ma, come dicevo, il problema e la difficoltà maggiore, non sono tanto nell’immoralità degli europei (dubito che i barbari fossero più civili), quanto nella debolezza dei cristiani. I cristiani hanno perso la loro verve missionaria. Essa è fondamentale in un credente (con buona pace di tutti quelli che credono che la fede sia una cosa privata e che nel privato sia confinata, senza influire sulla società e sulle persone che ci circondano). Ma oltre a questo i cristiani (e la Chiesa cattolica) hanno perso attendibilità. Non tanto per i propri peccati, quanto per una mancanza di fede. I cristiani non credono più in Dio, nel Dio professato nel Credo cattolico. Al massimo credono in qualche dio creato a loro immagine e somiglianza. E se Dio è a immagine e somiglianza mia (e non io a immagine e somiglianza Sua), ognuno può credere in quel che vuole, ognuno riconosce in se stesso dio, dio è come lo immagino io, per cui non c’è bisogno di annunciare agli altri la vera fede: vero è solo ciò che mi appartiene. Vero è solo quello che credo io. Questa concezione relativistica dei cristiani di oggi è sterile. Blocca sul nascere ogni aspetto missionario, evangelizzatore. Il problema, dicevo, è che non c’è più la fede (e a tal proposito il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto uno speciale Anno della Fede). La fede non c’è sia perché si è persa, sia perché si scambia per un sentimento, confondendola con le proprie convinzioni ed emozioni. L’altro problema grave, per l’Europa e il mondo di oggi, è che la Chiesa (gerarchica e non) ha perso credibilità. Cercando di accomodare il mondo, ha finito con perdere credito davanti ad esso. Come? Non proclamando beati e santi uomini che lo sono, ma che si ha paura di dire; omettendo parti della dottrina per compiacere i fratelli separati; modificando la prassi, specie liturgica, per essere più graditi al mondo; mimetizzandosi nel mondo. Se la Chiesa e i cattolici cedono su questi punti, con quale autorità si presente al mondo? Come si può sperare che il mondo creda a quello che diciamo, se siamo pronti a ritrattarlo, camuffarlo, nasconderlo e tradirlo? Come può il mondo credere che Gesù è Dio, che Maria è sua Madre, che il Papa è il successore di San Pietro e gode dell’infallibilità, che i santi intercedono per noi, che gli angeli custodi e il demonio esistono, eccetera, se Pio XII non lo si proclama beato (e santo) perché sennò gli Ebrei si urtano (tanto per essere cordiali), se non si parla dell’inferno per paura di turbare le coscienze, se si dice che la Messa è una cena tra amici, per trovare ciò che ci unisce a coloro che si sono separati, se si celebra la Messa in volgare perché sennò il mondo non capisce (a proposito: gli italiani non sanno più l’italiano; a quando la Messa in romanaccio giovanile con l’invito “La Messa è finita andate in pace” e la risposta dei fedeli “Bella pè tutti”?), se i preti si vestono da assistenti sociali, rappresentanti e sindacalisti, perché la talare è fuori moda e scomoda? Sembrano banalità e ossessioni di un giovane scrivano, chiuso nelle proprie convinzioni e poco propenso a cogliere i progressi che il mondo ha portato alla causa cattolica. Semplicemente non sono progressi. E i fatti lo dimostrano. E se i cattolici non riprendono in mano la propria fede (vera, non edulcorata), non potranno mai riprendere in mano l’Europa. Abbandonandola a se stessa e a qualche padrone, che a differenza di Cristo (e del Suo Vicario) la soggiogherà, piuttosto che renderla libera.

1 commento:

  1. Non tutto quello che dalla moda del tempo è identificato come 'progresso' è progresso nel vero senso della parola.... L'importante è non perdere i fondamenti autentici!

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