lunedì 23 gennaio 2012

Ho ritrovato tra gli appunti che conservo in vista di svilupparci sopra qualche riflessione per il blog due foglietti con alcune osservazioni inerenti la liturgia. Non me ne attribuisco la totale paternità, visto che molte sono figlie di vari incontri, conferenze e letture che ho fatto nel corso degli anni. Sono comunque utili alla causa di comprendere meglio, per vivere meglio, ciò che è la liturgia, come celebrarla e come viverla. Soprattutto con alcuni risvolti educativi, cioè su come educare, specie i più piccoli, alla liturgia. La liturgia, annotavo sui miei appunti è “perdere tempo” per Dio. Non è quindi una routine, un compito noioso al quale adempiere, né tantomeno qualcosa che si può improvvisare. Siccome le preghiere e le formule si conoscono, i gesti pure, il resto si legge, allora non ci si prepara. No. Alla liturgia va dedicato il suo tempo. Che, a mio avviso, deve essere proporzionale al tempo che si dedica a tutto il resto delle proprie attività. Da laici come partecipanti della liturgia, da sacerdoti come esecutori dei riti liturgici. Ma, entrando più nel dettaglio, perché celebrare la liturgia, e perché farla bene? La liturgia deve proporre qualcosa di alto. Ciò che ripeto spesso e che, altrettanto spesso, trovo disatteso nelle parrocchie dell’Urbe (quelle che ho la possibilità di conoscere) è che nella liturgia non dobbiamo inserire gli elementi profani della vita. Altrimenti questi prendono il sopravvento e la liturgia perde il suo carico e la sua valenza di totalmente-altro. Nella liturgia incontriamo Dio. Non un nostro amico. In questo senso, e non solo, si comprende il significato di una lingua diversa, di una gestualità diversa, di abiti specifici, di gesti particolari, ecc. Nella liturgia non si tratta di un incontro tra amici o tra conoscenti che condividono una stessa idea. Nella liturgia c’è Dio e a Lui va dato il suo posto. E gli va permesso di esprimersi. Chiaro che Dio può esprimersi come vuole e non dipende dai nostri sistemi, ma per la nostra limitatezza è più facile recepirLo e comprenderLo con un linguaggio specifico, con una gestualità specifica, ecc. Ciò che in questo senso troppo speso si sente dire è che la liturgia, specie quella domenicale, è una festa. Con questa terminologia, troppo spesso, si vuole misconoscere il valore sacrificale della Messa. Ma tralasciando quest’aspetto, bisogna ricordare che non si va in chiesa per divertirsi, il divertimento ha altri, leciti, spazi e luoghi. La dimensione festiva della liturgia la si esprime in termini propri, non con chitarre, battiti di mano, capriole, sedie, danze, giravolte, palloncini, mortaretti e chissà cos’altro. Non è che siccome a casa festeggiamo con lo spumante e tirandoci le torte, in chiesa facciamo lo stesso. La liturgia ha un linguaggio proprio che bisogna accettare, conoscere, capire. Questo può avvenire solo con una sana educazione. Dai più piccoli ai più grandi. Si pensa che per far comprendere la liturgia bisogna usare gli stessi linguaggi del mondo. Ma oggi il linguaggio della comunicazione tende a stupire, con la conseguenza che non ci stupiamo più di niente. La liturgia ha e deve avere un linguaggio diverso. E ancora: la liturgia è già di per sé catechesi. Non vanno a essa aggiunte parti, tolte altre che reputiamo meno facili da capire o meno efficaci. La liturgia è quella di Santa Romana Chiesa. Ogni alterazione è un abuso. Un peccato di presunzione. Una distorsione. Educare significa anche preparare all’ascolto. Molti non sanno farlo. Il legame che passa tra liturgia e catechesi è strettissimo. Una liturgia senza catechesi è ritualismo, cerimonia […] Una catechesi che non conduce alla liturgia è ideologia. La liturgia rende vivo ciò che con la catechesi si è insegnato. Ancora per quel che riguarda un aspetto dell’educazione: memorizzazione delle parole delle preghiere, della professione di fede. Quando i ragazzi cresceranno, magari lontano dalla Chiesa, dentro di sé cosa troveranno? Sono molte le testimonianze in questo senso di uomini che si sono convertiti grazie a quei fondamenti chiari e precisi che il catechismo aveva fissato in loro da piccoli. Noi però, cattolici adulti, non insegnano più niente, non aiutiamo a memorizzare, puntiamo sull’esperienza, sulla sentimentalità delle cose. Sarebbe quindi opportuno, quantomeno umile e saggio, affidarci a quei metodi educati che per secoli hanno garantito alla Chiesa tanti santi. Non che oggi non ce ne siano, ma il rischio è che finiscano nell’anonimato perché convinti che la fede è un aspetto privato della vita. La fede va vissuta, in maniera sana e santa nella liturgia cattolica (non quella inventata o storpiata). Una fede vissuta genera santi. I santi generano santità e conversione. E la conversione porta alla salvezza di un mondo che senza Dio, il Dio di Gesù Cristo, pensa che possa salvarsi con le riforme e le finanziarie e non si rende conto che sta solo accelerando la sua corsa verso la disperazione.

2 commenti:

  1. ....interessanti riflessioni di una mente giovane in seria ricerca delle radici della sua Fede...
    però, fa' attenzione: l'espressione "il Dio di Gesù Cristo", che in questo blog si legge per la seconda volta, è gravemente eretica (ed alcuni illustri teologi l'hanno usata con grave danno dei lettori) poichè disconosce la Divinità di Nostro Signore. Forse volevi dire "il vero Dio Trinitario rivelatosi a noi in Suo Figlio Gesù Cristo".
    Per il resto, ottime considerazioni, ma non sei andato al nocciolo della questione: a che serve la Liturgia. Non hai mai usato una sola volta la parola "Messa" nè la frase "Santo Sacrificio dell'altare" o Sacrificio Eucaristico, e ciò è un segno dei tempi di cui sei figlio, di ultima generazione, (animato tuttavia da buona volontà di capire i fili della storia che ci hanno condotti all'attuale degrado).
    Non avviene nella S. Messa un semplice "incontro" umano-orizzontale, di scambio di affetti e pensieri, tra persone di pari natura, come quando noi prendiamo un appuntamento con un amico e -incontrandolo sulla strada o in un bar-facciamo quattro chiacchiere. (incontro= è un accordo tra due tizi che con rispetto paritario reciproco si impegnano ad incontrarsi in un luogo, per un PIACERE reciproco di vedersi).
    Qui l'incontro è tra due entità incommensurabili, ed avviene con modalità del tutto "trascendenti" quelle degli incontri umani.
    Procedi pure, in profondità. Leggerò ancora, perchè hai un cuore aperto ad accogliere la Verità.
    Lex orandi - Lex credendi - Lex vivendi:
    Questo l'hai già capito, e si evince dalle tue riflessioni.

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    1. Grazie Olim per le parole espresse nei miei confronti.

      Per quanto riguarda l'espressione "il Dio di Gesù Cristo" non sapevo fosse considerata eretica e, ovviamente, non era mia intenzione usarla in questi termini. Anche perchè questa definizione mi è "cara" per due motivi: primo perchè con essa volevo esprimere la veridicità del Cristianesimo e che il vero Dio è quello che si è incarnato in Gesù Cristo. Secondo perchè è il titolo di un libretto dell'allora cardinal Ratzinger, dal quale ho ripreso l'espressione.

      Per quel che riguarda la liturgia e la Messa. La mia riflessione era sulla liturgia in genere, aldilà del mirabile sacrificio della Messa. In altre circostanze mi sono espresso nei termini cattolici (perchè tale, grazie a Dio, sono) sulla Messa e non ho problemi a farlo e rifulgo con convinzione da quella terminologia ambigua che i miei tempi hanno partorito.

      Se non sono entrato nel nocciolo della questione è, semplicemente, perchè non rientrava nelle riflessioni qui svolte.


      Grazie ancora per il contributo.

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