sabato 26 marzo 2016

[IlBigotto] – I guanti bianchi che grondano di sangue

Dell’ennesimo, si ricordi che è l’ennesimo, attentato terroristico a Bruxelles se ne è parlato in misura sproposita. In una società che abbonda di parole, senza intendersi sul loro significato, che poi si riduce alla ripetizione sterile di slogan, non sa far altro che parlare. E lo fa, però, senza comunicare. La vicenda è piena di significati, di risvolti, la cui spiegazione e risoluzione non è certamente facile o riducibile ad un solo fattore. C’è, però, un dato comune, un comune denominatore, che sono le mani grondanti di sangue. Non solo quelle delle vittime, non solo quelle dei feriti, non solo quelle degli attentatori, ma anche e soprattutto quelle dei guanti bianchi di chi governa, occultamente o meno, l’Europa. Perché il problema vero, serio, non sta tanto e solo in chi attacca, ma soprattutto in chi non è capace o non vuole difendere. Enrico Mentana scriveva all’indomani degli attentati di Bruxelles: “Fare la guerra a chi vive in pace è facilissimo, fare la pace con chi ci ha dichiarato guerra è impossibile”. Eppure ciò che gli attori della politica sanno ripetere è solo una sterile filastrocca di banalità alle quali non vogliono o non sanno far seguire i fatti. E il sospetto che dietro a tutto questo sangue ci siano le loro “candide” mani è troppo grande per essere ridotto a un miserabile ‘i cattivi sono gli altri noi siamo i buoni’. Non semplicemente, come vogliono far credere alcuni, si tratta di un rapporto di causa ed effetto; anzi si può seriamente pensare, avendo le spalle larghe di prendersi ridicole accuse di complottismo da chi, incapace di dare risposte, mette etichette come coperte sempre troppo corte; si può, quindi, seriamente pensare che dietro questi eventi ci sia una chiara volontà politica della civile Europa per fini ben precisi. Fini che probabilmente sfuggono, ma questa mentalità del terrore è un’occasione ideale per privare gli uomini delle loro libertà nel ricatto di protezioni sempre maggiori; protezioni che, ovviamente, non ci sono o non sono sufficienti perché chi ha sete della libertà altrui mai sarà sazio. Il sistema oggi imperante è già programmato in questa direzione; si pensi a tutte le politiche economiche e in questo senso schiaviste. Il futuro non è certo roseo perché non si ha la capacità e la volontà di pensare una reazione, anche solo difensiva. In questo teatro chi ci rimette, la vita e la dignità, sono gli uomini comuni, non quelli che siedono dietro a qualche tavolo illudendosi di essere i padroni del mondo. Il futuro non è roseo, ma non è nemmeno totalmente buio. Una speranza c’è, ma non passa per le foto dei profili Facebook, per i gessetti colorati, le liturgie mediatiche per acquietarsi la coscienza. In questo giorno in cui si guarda con la speranza della fede a un sepolcro vuoto, noi che conviviamo con sepolcri pieni abbiamo, appunto, una sola speranza: quella di confidare in chi conosce la strada per uscire da quei sepolcri. L’onere (ma anche l’onore) di restituire pace e serenità a questa Europa passa da chi saprà giungere le mani, piegare le ginocchia e implorare la grazia della pace. Perché la pace è una grazia, non è lo stato naturale dell’uomo, checché gli ideologi dicano il contrario. In un popolo di credenti sempre più ridotto all’osso, minato, diviso e frantumato, i pochi rimasti abbiano la forza, la pazienza e la perseveranza, di continuare a pregare. Mentre c’è chi riempie i sepolcri c’è chi li svuota ed è a Lui che dobbiamo rivolgere il nostro sguardo, il nostro ascolto, la nostra attenzione.

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