Questi i
titoli di sei dei quotidiani più noti e più letti in Italia. I giornali
sono di Domenica 25 Ottobre 2015, data successiva alla conclusione del Sinodo
sulla famiglia nel quale in molti avevano posto (dentro e fuori la Chiesa, più
fuori che dentro) fiducia per la questione dell’ammissione dei divorziati
risposati al Sacramento dell’Eucarestia. Questi i titoli. Di per sé,
tecnicamente – come molti fanno notare -, nella Relazione finale del Sinodo non
si parla mai espressamente di Comunione ai divorziati risposati. Ma allora perché
i giornali hanno così titolato? La colpa è dei media, si dirà. Il che parzialmente
è vero. I giornali italiani, sia per quanto riguarda la politica, ma anche per
quanto riguarda la Chiesa cattolica, non riescono (non vogliono) essere
obiettivi e parlare competentemente di materie di cui, oltretutto, dovrebbero e
potrebbero tranquillamente disinteressarsi. C’è però comunque da riflettere che
se è vero che i media hanno l’obiettivo di servire il mondo e cioè arrecare
danno alle anime (e alle persone) tramite talune menzogne, non sarebbe
opportuno e anche intelligente (per non dire doveroso) da parte cattolica che
si eviti di prestare il fianco a queste strumentalizzazioni e falsificazioni
(ammesso e non concesso che siano tali)? Perché tutto il lavoro che da Domenica
tanti stanno compiendo, tentando di spiegare che nulla è cambiato, che la
dottrina è salva, eccetera eccetera, è quantomeno ridicolo se non, peggio,
inutile. Perché basterebbe che chi di dovere usasse quel linguaggio chiaro e
definitorio, anche anatemizzando l’errore, che la bimillenaria tradizione della
Chiesa (senza parentesi) conosce perfettamente. Invece che ridicolizzare chi l’ha
fatto per secoli, evitando queste mediocri e imbarazzanti situazioni, tale
linguaggio donerebbe autorevolezza ad un’autorità che l’ha smarrita e le
risparmierebbe la patetica conseguenza di frignare perché il mondo ha capito
male. Il mondo capisce male perché vuol capire male, ma capisce peggio perché
il parlare cattolico non è più “sì, sì;
no, no” come comandato da Gesù Cristo stesso (cfr. Mt 5,37). Perché poi sorge
il sospetto che questa confusione, questo linguaggio ambiguo per cui non si
professa apertamente l’errore, ma si permette che esso non sia condannato in
modo che poi nella realtà gli sprovveduti cattolici possono continuare ad
illudersi che tutto è uguale a ieri e i non più cattolici possono beatamente
perpetrare e praticare le loro pratiche sacrileghe ed erronee, viene e questo
sospetto si fa sempre più certezza. Con le sole logiche e cattoliche
conseguenze da trarre.
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