Le
periferie, le periferie, l’ecumenismo, i diversi, gli altri e i lontani. E
noi? noi che aneliamo a stare e a rimanere nel centro, nel cuore della Chiesa
di Cristo (la Cattolica, quindi)? Di noi chi si preoccupa? Perché noi non
vogliamo fare da soli, chiediamo pastori, che ci guidino. Eppure lo sguardo è
rivolto altrove. A compiacersi di chi non crede in Gesù Cristo e di chi di Gesù
Cristo ha fatto il pretesto delle proprie idee. C’è bisogno che qualcuno
insegni il Vangelo ai romani. Ma c’è bisogno che qualcuno creda nel Vangelo e
non si ostini, ipocritamente, a sostenere che sia necessario adattarlo alle
esigenze del momento rifiutandosi di ammettere di credere che egli ne sa più di
Gesù Cristo. C’è bisogno che qualcuno ami i romani. Come cittadini e come
fedeli. Ma a politici e amministratori gli importa di loro solo per un segno di
matita e per un reddito da tassare. Così come ci vorrebbe che qualcuno amasse i
cattolici romani. Ma si è perso questo amore e si è trasformato in disprezzo,
sempre meno sopportato e sempre meno celato. Siccome costoro sono fedeli, non
cambiano la loro fede barattandola al mercatino dell’usato di altri credo, non
possono essere venduti nel mercato della globalizzazione religiosa di una
cattolicità divenuta social a livello mediatico più che sociale a livello
cristiano. Così rimanere cattolici non è ben visto. Costoro soffrono di essere
orfani, perché a differenza di coloro che – riempiendo piazze e aule pontificie
– non possono fare a meno della guida paterna e dell’amorevolezza materna di
Santa Romana Chiesa. Ma queste guide guardano altrove e non confermano nella
fede, ma creano scandalo e accusano chi si scandalizza di ogni male. Cornuti e
mazziati. C’è bisogno di qualcuno che ami i romani e la romanità della Chiesa
cattolica. In assenza di uomini in carne ed ossa, nella fedeltà al Dogma della
Comunione dei Santi, ci si rivolga a San Filippo Neri, romano di adozione.
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