giovedì 5 febbraio 2015

Si parte!



Si parte!
Giulio è seduto su un treno pronto a partire. Il treno dei sogni, delle speranze, delle fantasie, dei tanti sacrifici fatti, delle scommesse, degli investimenti, per il quale ha dato tutto e anche più di quello che aveva, sta partendo.
E non ci crede di essere lì; non gli sembra vero, si senti un privilegiato. È pronto a lasciarsi alle spalle delusioni e amarezze. È pronto ad andare verso il futuro che ha tanto sognato. Lontano da tutte le delusioni e i fallimenti che hanno contrassegnato la sua vita.
Sta lì, accanto al finestrino, guardando il panorama del suo passato. E i pensieri e i ricordi vanno oltre quello che gli occhi vedono. Come un trailer di un film scorrono davanti a lui le scene più significative della sua vita, quelle per le quali è su quel treno, con la voglia di andare via, lontano. Non importa dove, non importa quanto lontano, l’importante è che lo sia.
Il fischio del capostazione lo riporta alla realtà, alla certezza di essere a un punto di no ritorno; tutto si muove, il cuore impazza, ma dopo lo scorrimento veloce rimane il solito panorama squallido e triste della stazione di partenza.
Il treno ad essere partito non era il suo, ma quello al binario accanto. E la voce metallica che informava che il treno di Giulio era guasto e invitava i passeggeri a scendere, si diffuse nelle stazione come l’aria gelida si diffonde nella pelle.
E pianse.
Vagabondò un po’ per le strade della sua città, alla ricerca di una meta che non aveva mai avuto, che aveva creduto di poter raggiungere e che ora è svanita. E non avrebbe mai più ritrovato il coraggio per partire. Entrò allora in una porta semiaperta, spinto più dalla noia che dalla convinzione di varcare una soglia per entrare in un posto specifico. E una voce anziana, ma decisa, pronunciava queste parole:
«Il problema è che soffriamo di esotismo, anche nei sentimenti, anche verso noi stessi, anche verso la vita. Cerchiamo, perché lo consideriamo migliore, sempre ciò che è lontano da noi, il diverso, la frenetica novità. La felicità è per noi sempre quello che non abbiamo, perché siamo schiavi dell’idea che si può sempre stare meglio di come si sta e che apprezzare quel che si ha e quel che si è, sia accontentarsi, quindi arrendersi, quindi fallire.»
Uscì fuori correndo, urtando contro lo stipite della porta, in preda ad una crisi. E pianse.


“Sono come persone sempre affamate, perché non arrivano ad assimilare il cibo che mangiano; e come gli affamati, sono arrabbiati” [G. K. Chesterton – Il pozzo e le pozzanghere]

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