Alcuni appunti sull’uomo tecnologico, tratti da Gli strumenti del comunicare di M.
McLuhan (edizione ilSaggiatore, 2011):
“Ci stiamo rapidamente avvicinando alla fase finale dell’estensione
dell’uomo: quella, cioè, in cui, attraverso la simulazione tecnologica, il
processo creativo di conoscenza verrà collettivamente esteso all’intera società
umana, proprio come, tramite i vari media abbiamo esteso i nostri sensi e i
nostri nervi.” [1]
“Gli effetti della tecnologia non si verificano infatti al livello
delle opinioni o dei concetti, ma alterano costantemente, e senza incontrare
resistenza, le reazioni sensoriali o le forme di percezione. Soltanto l’artista
(quello autentico) può essere in grado di fronteggiare impunemente la
tecnologia, e questo perché la sua esperienza Io rende in qualche modo
consapevole dei mutamenti che intervengono nella percezione sensoriale.” [2]
“Quando si opera nella società con una nuova tecnologia non è infatti
l’area incisa quella che viene maggiormente toccata. La zona dell’urto e
dell’incisione è intorpidita. Quello che cambia è l’intero sistema.” [3]
“La nostra nuova tecnologia elettrica che estende i nostri sensi e i
nostri nervi in un discorso globale può avere grande influenza sul futuro del
linguaggio. Essa non ha bisogno di parole come il calcolatore numerico non ha
bisogno di cifre. L’elettricità apre la strada a un’estensione del processo
stesso della consapevolezza, su scala mondiale e senza alcuna verbalizzazione.
E possibile che questo stato di consapevolezza collettiva fosse la condizione
dell’uomo preverbale. Ed è possibile che il linguaggio, come tecnologia dell’estensione
umana di cui conosciamo così bene i poteri di divisione e di separazione, sia
stato la «torre di Babele» mediante la quale gli uomini hanno cercato di
arrampicarsi nel più alto dei cieli. Oggi i cervelli elettronici ci promettono
la traduzione immediata di un cifrario o di un linguaggio in qualunque altro.
Ci promettono insomma, attraverso la tecnologia, una condizione pentecostale di
unità e comprensione universali. Logicamente la fase successiva dovrebbe consistere
non nel tradurre ma nel superare i linguaggi a favore di una consapevolezza
cosmica generale che potrebbe essere assai simile all’inconscio collettivo
sognato da Bergson.” [4]
“Il tema di questo libro è che neanche la più lucida comprensione della
forza particolare di un medium può impedire la consueta «chiusura» dei sensi
che ci conforma allo schema dell’esperienza subita. La più totale purezza d
’animo non serve a difenderci dai batteri, anche se i colleghi di Louis Pasteur
lo espulsero dall’ordine dei medici per le sue volgari affermazioni sull’azione
invisibile dei batteri stessi. Per resistere alla tv bisogna quindi acquistare
l ’antidoto di media affini come la stampa.” [5]
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