lunedì 29 settembre 2014

Era in queste occasioni che gli veniva fatto di chiedersi, per che cosa si vive? Per quale ragione, gli veniva di chiedersi, darsi tanto da fare perché la razza umana continui? È così desiderabile? Sia­mo davvero così attraenti come specie?
[V. Woolf – Al faro]

Per cosa si vive? È una domanda che prima o poi tutti ci poniamo. Nei momenti di tristezza, di sconforto o di semplice fiacca, essa assume tutto il suo sapore ruvido. Possiamo decidere di ignorarla, di vivere senza darci una risposta. Possiamo provare a rispondere fallendo miseramente o cambiando in continuazione risposta. Oppure possiamo convincerci di una risposta che poi rimane lì, come un’ideologia, senza che continuamente ci interroghi e ci stimoli a rimetterci in discussione.
Perché l’uomo è un essere fragile, ma allo stesso tempo potenzialmente meraviglioso. Le risposte che egli cerca e si dà non sono sufficienti a placare la sua sete d’infinito. Ecco, quando si parla di uomo bisogna rendersi conto che tutto quello che il mondo può offrirgli, potere, sesso, soldi, successi e quant’altro, mai realizzerà pienamente l’uomo. Mai. È una verità ineluttabile che non si può cambiare né eliminare. Ci si prova da sempre a farlo, con tutte le tragiche conseguenze del caso.
Perché vivere? Considerando che nessuno ce lo ha mai chiesto. Perché vivere per un’umanità spregevole, laida e così folle e cattiva? Quando ci guardiamo intorno e vediamo le schifezze che l’essere umano è in grado di pensare e realizzare ci convinciamo che l’uomo non è capace di vivere. Che meglio sarebbe non essere nati.
Ma c’è un ma. Tutti vogliamo vivere. Anche chi disprezza la vita lo fa perché di essa ha un desiderio smodato. Anche chi decide di togliersi la vita, in fondo, è perché pensa che essa non può dargli cose buone, non perché la vita in sé sia un male. La vita non è mai un male; che essa lo sia è una mentalità criminale che accompagna l’uomo fin dalla sua origine.
Ciò che realizza l’uomo, dunque, non è qualcosa che viene dall’uomo, ma è qualcosa che solo l’uomo può donargli. E il mondo non è in grado di rispondere a questo interrogativo. O sostiene che l’uomo non può essere realizzato o, con potenti opere di convincimento, induce a credere che la realizzazione arriva per quelle vie che il mondo può fornire in abbondanza: potere, sesso, soldi e successo. Ma, l’esperienza di ogni uomo lo dimostra, esse non realizzano l’uomo. Anzi, lo proiettano in una dimensione e una realtà nella quale le esigenze di verità e realizzazione sono ancora più esasperata, così come sono esasperate le pressioni per soffocare queste esigenze. E si finisce per assecondare queste pressioni omicide.
C’è qualcosa, quindi, cui l’uomo agogna, che l’uomo non si può dare da solo, che non può pretendere e nemmeno compare. Chi ha tanti soldi e tanto potere ne ha ancora più bisogno, perché scopre la tragica solitudine che essi portano in dote.
C’è chi la chiama felicità. Chi amore. Chi realizzazione. Chi pienezza, chi in altro modo. Ma è un anelito che trova soddisfazione in un altro essere umano e che un altro essere umano trova in noi.

Ecco, questo è il motivo per cui vivere.

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