sabato 14 settembre 2013

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
[Lc 15,1-1]

Seguire Gesù Cristo comporta malumori. Qualcuno da scontentare si trova sempre. O perché frequenti i peccatori, o perché li eviti, qualcuno pronto a puntarti il dito contro lo trovi sempre. Fondando poi il giudizio più sulle sensazioni che sulle certezze. Il centro di questo Vangelo, però, sta nella conversione. Che oggi è una parola molto fuori moda nella Chiesa cattolica. Sentiremo grandi discorsi sull’andare verso l’altro, sull’uscire e sul dialogo, ma resta il fatto inequivocabile che l’andare verso l’altro, l’uscire e il dialogare sono mezzi per ottenere un fine: la conversione. Oggi convertirsi pare non essere più necessario per salvarsi. Sia perché non serve salvarsi, siamo già felici su questa terra e se non lo siamo è perché ci sono stati papi che hanno resistito all’assedio del mondo e il sol dell’avvenire non è potuto ancora sorgere; sia perché tutte le convinzioni di coscienza sono giuste e quindi tutti si salveranno. Se io credo che abusare di un bambino è lecito (e c’è chi lo pensa!) e lo faccio conformemente alla mia coscienza, allora è giusto che lo faccia. La coscienza, però, deve essere rettamente formata, insegnava una volta la Chiesa. Non chiedete a me perché abbia smesso di farlo. Non siamo noi a stabilire cosa è bene e cosa è male e non è la sincerità di fare “quel che ci sentiamo” che rende ipso facto un atto giusto e santo. Bisogna uscire, andare verso la pecorella smarrita, dialogare, per riportare nell’ovile. Quell’ovile è la Chiesa cattolica. E la dottrina del ritorno all’ovile (passatemi il termine) è la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica sull’ecumenismo. La Chiesa fondata da Cristo, Una, Santa, Cattolica e Apostolica c’è, ed è quella Cattolica Romana. Tutti gli altri, chi più chi meno, per i più disparati motivi, si sono da Essa allontanati. La Chiesa, Madre e Maestra, che ama, va incontro a questi fratelli separati, ma non per fermarsi nelle loro posizioni eretiche e scismatiche (così si chiamano), ma per ricondurli nell’ovile voluto da Cristo. Perché solo lì c’è la vita eterna. Che poi il Padreterno decida di salvare anche coloro che, per ignoranza o altro motivo, non fanno formalmente parte della Chiesa è un altro discorso. Non stiamo qui a rilasciare patenti di cattolicità. Certo è che Gesù Cristo ha istituito la Chiesa cattolica come strumento di salvezza. Non ne ha istituiti altri. Ed è quindi nella Chiesa che bisogna saldamente rimanere, anche se i suoi ministri da Essa vogliono uscire e da Essa vogliono cacciarci. Alla ricerca di una verità che non possono trovare, perché la pienezza è solo in Cristo, non in altri. Oggi come oggi, non credendo più in Gesù (se non in una sua caricatura), non vogliamo portare tutti a Lui (passando attraverso una predicazione che porti Lui a tutti), ma lasciamo che tutti restino dove stanno, anche su posizioni contraddittorie. Un po’ perché ci siamo impazziti, un po’ perché ci siamo stancati di spendere la nostra vita per qualcosa che vale (la salvezza di un fratello) e allora ci accontentiamo di qualcosa di apparente (il benessere del fratello). Fratello che non scomodiamo più, non lo interroghiamo più, non gli annunciamo più la verità. Tanto crediamo che la verità sia un’opinion ed è quindi comprensibile che ognuno si tenga la sua. Ma la verità è una, è una Persona (non un concilio di persone), ed è Essa che dobbiamo seguire. Ed è ad Essa che dobbiamo conformarci.

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