mercoledì 9 gennaio 2013

Capita sovente di sentir parlare di amore. Capita altrettanto spesso che l’amore venga messo al fondamento di tutto, delle scelte e delle valutazioni, che un uomo compie. L’amore viene svincolato dalla verità tanto da renderlo un valore illimitato in sé. Come se con questo termine, con questo concetto, con questo sentimento, si riuscisse a spiegare tutta l’esistenza dell’uomo. Amare è un verbo che va coniugato con la verità. Senza di essa l’amore diventa un’etichetta da applicare al più becero relativismo: quello che passa per i nostri sentimenti, ormoni, sensazioni e presunzioni. Siccome accettare la verità implica che non siamo noi a stabilirla, siccome riconoscere l’esistenza della verità significa non essere il principio e il fine di tutto, siccome riconoscere la verità non è un’operazione spesso semplice, abbiamo deciso di rinunciarvi. Questa rinuncia ha comportato lo sbando dell’umano vivere. Senza entrare in questioni teologiche delle quali ho precedentemente trattato, togliere il primato alla verità, a Dio stesso, ha portato a quel relativismo che ogni giorno viviamo e col quale diventa sempre più difficile convivere e combattere. Se non c’è più un principio al quale riferirsi, al quale rapportare anche le nostre idee di amore, questo amore si trasforma nel suo contrario e diventa l’odio imperante dove ognuno consuma l’altro per soddisfare sé stessi. Perché, detto chiaramente, chi me lo fa fare di amare l’altro, di servirlo, di sacrificarmi per lui, se non il fatto che c’è una verità a dirmelo, quasi a impormelo? Se non c’è la verità amare diventa qualsiasi cosa. Diventa uccidere un bambino handicappato, abortire un bambino non conforme agli standard sociali, divorziare da una moglie o da un marito che non ci soddisfano più, soddisfare ogni istinto sessuale (anche il più brutale), eccetera. Amare è un dovere, ma è tale solo se subordinato alla verità. Altrimenti l’orizzonte del nostro agire, del nostro amare, diventiamo noi stessi. Amiamo noi e non gli altri. Amare è guardare oltre le apparenze. Vedere in una pietra grezza quello che può diventare un diamante. Può, non è. Può diventarlo se qualcuno si prende cura di quella pietra, levigandola, sacrificandosi e faticando per lei. Che non vuol dire modellarla secondo i propri gusti, ma permettere di realizzare ciò che é. Solo che a noi di faticare non va. Consumisti come siamo cerchiamo prodotti già pronti. Pronti all'uso del nostro benessere e poi gettati in pasto all'indifferenza. Vogliamo tutto e subito che non accettiamo l'idea che amare significhi anche crescere insieme. Quindi aspettare. Che amare significhi migliorare. Quindi soffrire. Che amare significhi curare. Quindi accettare l'errore. Siamo miopi, non sappiamo andare oltre l'apparenza del momento. Un difetto, un limite, sono motivi validi per gettare l'altro nel cesto delle cose vecchie. Tutto questo accade e viene legittimato quando l’amore viene messo al principio di tutto, detronizzando la verità e riducendola a opinione.

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