mercoledì 5 settembre 2012

“Fallo per amore!”. “Quel che conta è l’amore!”. “Ama!”. “Dio ti ama”. “Se non c’è l’amore non c’è niente”. Queste, insieme a molte altre, sono affermazioni apparentemente vere (o perlomeno non false) che spesso leggiamo, ascoltiamo e, probabilmente, pronunciamo. La parola ‘amore’ è così abusata che è stata svuotata del suo significato ed è diventato un contenitore entro cui versarci tutto, anche le nostre miserie e le nostre moderne pazzie, così da sembrare buone e legittime. Tanto per capirci chi abortisce e sostiene l’aborto garantisce che quella è una “scelta d’amore”. Chi vorrebbe legalizzare l’eutanasia lo fa come “atto d’amore”. Chi consuma rapporti prematrimoniali, lo fa “per amore”. Chi equipara le coppie omosessuali a quelle eterosessuali, lo fa perché entrambe sono “forme d’amore”. E così via. È evidente come la stessa parola, ‘amore’, venga strumentalizzata ai propri fini. Così facendo si genera solo confusione. La confusione aiuta solo i malvagi, non i buoni. Nella confusione ci siamo caduti in molti, tanto che spesso ricorriamo all’utilizzo della parola ‘amore’ per giustificare tante scelte, tante convinzioni, o per riempire il vuoto di quando non si ha nulla di interessante da dire (come capita, purtroppo sovente, anche dai pulpiti delle chiese). A tal proposito Fabrice Hadjadj scrive: “Fin qui - taluni ne saranno stati forse contrariati -, ho parlato poco d'amore. Il fatto è che l'amore spesso funge da jolly. Negli ambienti cattolici come nel movimento Act Up, viene utilizzato come un argomento che non ammette repli­che, un vero permesso di non pensare. Avete "problemi di coppia"? Dovete im­parare nuovamente ad amarvi. Si tratta di autorizzare il "matrimonio omoses­suale"? Evidentemente perché si amano. I vostri water resistono al Destop? Mo­scate loro più amore. Che fare contro questo abracadabra? Non c'è più niente da dire. Tutto è risolto in anticipo. 
Soprattutto non si può protestare senza mettersi in una posizione scomoda. Attaccate l'amore e passate per un senza cuore, per di più incolto. L'amore, in­fatti, è davvero la risposta. Ma il termine è talmente ambiguo e usurato che a pronunciarlo suona più vago che un'alzata di spalle. Si ama Dio, così come si ama Dalida. Si ama la propria moglie, ma si amano ancora di più le vongole ve­raci (taluni addirittura le «adorano»). E non è esattamente la stessa cosa. Detto in altre parole, l'amore va bene, è perfino un bene supremo, ma siccome esso si caratterizza in base al proprio oggetto, conviene ogni volta definirlo in relazione all'essere cui è rivolto. Altrimenti, è un amore senza l'essere. Una parola tappa­buchi. Una scusa universale.” [F. Hadjadj – Mistica della carne] Come nota Hadjadj non basta dire ‘amore’, bisogna definirlo, spiegarlo. Gesù, Nicky Vendola il Dalai Lama, Fabio Volo e gli psicologi parlano d’amore. Solo che il concetto che si ha d’amore è profondamente diverso da quello che è l’amore cristiano. Per cui noi cristiani dovremmo stare maggiormente attenti all’uso di questo termine. Proprio perché è abusato, bisogna prevedere che può essere strumentalizzato e distorto. Per evitare, come accade, che sotto lo slogan “quel che conta è l’amore” si cerchi di conciliare l’essere cristiani con politiche contrarie al Cristianesimo o si cerchi di equiparare tutte le religioni (a discapito, così, dell’unica vera), o di surrogare la morale cristiana a pratiche e morali che di cristiano non hanno nulla, nemmeno l’apparenza.

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