lunedì 27 agosto 2012

Bisogna ricominciare tutto da capo. Determinate affermazioni se lette su questo blog o in bocca a personalità ritenute pericolose, di parte e distorte, vengono prese per quello che sono: chiacchiere da ignoranti, persone immature, che non sanno niente (o quasi) di quello che significa essere cristiani e, soprattutto, di cosa significhi educare alla fede: “Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi, si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale, creando dubbi, confusioni, ribellioni, si è manomessa anche la Liturgia; immersi nel “relativismo” intellettuale e morale e perciò nel permissivismo, i cristiani sono tentati dall’ateismo, dall’agnosticismo, dall’illuminismo vagamente moralistico, da un cristianesimo sociologico, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva. […] Oggi bisogna aver pazienza, e ricominciare tutto da capo, dai “preamboli della fede” fino ai “novissimi”, con esposizione chiara, documentata, soddisfacente.” Probabilmente si rimarrà stupiti nello scoprire che queste parole furono pronunciate non da mons. Marcel Lefebvre o da qualche sbarbatello tradizionalista, arretrato teologicamente, pastoralmente e spiritualmente, ma sono parole del Beato Giovanni Paolo II. Sì, proprio lui! Non Pio V, san Pio X, Pio XII o quel retrogrado reazionario insensibile di Benedetto XVI; no: Giovanni Paolo II. Egli così si espresse al Convegno nazionale "Missioni al popolo per gli anni 80" il 6 febbraio 1981. Sono passati trentuno anni e le cose se non sono peggiorate, sono rimaste uguali, o almeno queste parole dimostrano due cose. Primo: che sono valide ancora oggi e ancora oggi possono essere pronunciate senza paura di essere smentiti. Secondo: che le chiacchiere degli sbarbatelli arretrati teologicamente, pastoralmente e spiritualmente, così come le denunce e gli appelli di persone salde nella fede e proprio perché salde preoccupate dello sbando ecclesiale, non sono infondate e non sono chiacchiere da sacrestia. Sono il pensiero del Papa. Che cosa dice il Papa? Che sono state insegnate eresie! Che la Liturgia è stata manomessa! Che i cristiani sono tentati da “un cristianesimo sociologico, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva”! Il dogma irrita i cristiani adulti di oggi. La dottrina fa storcere il naso. Essa è immutabile, definitiva, non suscettibile alle mode e alle esperienze del momento. Quale la soluzione che il Papa auspicava? Ricominciare tutto da capo. Dalla base, dall’ABC: dalla dottrina. Che deve essere presentata in maniera chiara, documentata e soddisfacente. Non così come capita, non inventata o amputata di ciò che non si condivide. Bisogna studiarla la dottrina prima di insegnarla. In questi trent’anni poco è stato fatto se, ancora oggi, costatiamo come dell’ABC del Catechismo, dei Novissimi, dei “preamboli della fede”, i cristiani di oggi, specie i giovani freschi di catechismo, tanto adulati e tanto trascurati, sono profondamente ignoranti. Essi non è che ignorano la seconda legge della termodinamica o il teorema di Pitagora; ignorano chi sia Dio, come agisce e come ci salva. Non cose accessorie, ma quelle fondamentali, che danno senso e valore all’esistenza e che permettono la salvezza. “I pastori della Chiesa peccano perciò mortalmente se abbandonano gli uomini nella loro lotta contro Satana. Qualunque giustificazione un pastore invoca alla sua negligenza maschera di fronte agli uomini il suo tradimento di Dio, perché lasciando solo nel suo impotente dolore chi è tormentato da Satana lo consegna alla disperazione, rivelandosi così crudele verso gli uomini e ingrato verso Dio.” Così scrive padre Giacobbe Elia, esorcista della diocesi di Roma, nel suo Il segreto di Fatima (dal quale ho appreso e preso anche le parole del Papa). Non ci stupiamo poi se le nuove generazioni brancolano disperate alla ricerca di soddisfazioni, vagano storditi alla ricerca di motivazioni per cui vivere e di fronte al silenzio o alle eresie ecclesiali (gli unici che possono riferire parole di vita eterna) cercano risposte nella droga, nell’alcol, nel sesso, nell’edonismo sfrenato e nell’egoismo. Quando tutto ciò, dopo l’apparenza di appagamento, mostra il conto della sua miseria e povertà, ecco che i giovani giungono alle uniche conseguenze logiche di tale parabola: il suicidio e la disperazione. Senza Dio la vita perde senso.

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