mercoledì 4 luglio 2012

Perché la Messa? Perché esiste e perché andarci tutte le Domeniche e le feste? Questa è una domanda apparentemente banale, da catechismo dei bambini, che quando si riprendono dal torpore delle schitarrate e del cristianesimo melenso che viene loro propinato, pongono queste semplici domande. Domande che, proprio perché semplici, sono le più profonde, le più ignorate e le più insidiose. Specie per chi è cresciuto a un cristianesimo fatto di battiti di mani, abbracci, eresie ed emotività. Il venerando Catechismo di San Pio X, pone questa semplice domanda (Per quali fini si offre a Dio la Messa §621) e risponde in maniera chiara e sintetica. Prima di esporre la risposta va detto che basterebbe, con un minimo di fede, rispondere che bisogna andare a Messa la Domenica e in tutte le feste di precetto, perché così comanda la Chiesa. È verto che la Chiesa da un po’ di tempo ha smesso di comandare e ha iniziato a consigliare, per paura di offendere gli eretici e fregandosene di tradire Dio, ma ciò che ha comandato in passato non ha perso di significato e di valore. Quindi i suoi precetti sono ancora validi. Per chi, uscito di recente dal corso di catechismo o da qualche omelia sentimentale, non sapesse che la Chiesa cattolica ha stabilito dei precetti, diamo la notizia: sono addirittura cinque; tra questi, addirittura il primo, è: “Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni”. Ma, tornando alla domanda cardine, perché la Messa? Oggi laddove l’eresia non viene professata apertamente si lascia intendere che a Messa ci si va per stare bene con i propri amici, con i propri compagni (e questo ha una buona presa sui giovani), o perché così si sta tutti insieme o si dà il buon esempio o per pregare Dio. Di latria, ringraziamento e soddisfazione non se ne parla. Leggiamo allora il Catechismo cosa dice: 

“La Messa si offre a Dio per rendergli il culto supremo di latria o adorazione, per ringraziarlo de' suoi benefizi, per placarlo è dargli soddisfazione dei nostri peccati, e per ottener grazie, a vantaggio dei fedeli vivi e defunti.”

Ci sono quindi quattro motivi per cui si offre a Dio (non alla comunità) il Sacrificio della Messa. Per spiegarli ci avvaliamo del luminoso magistero di Papa Pio XII che nella sua enciclica sulla sacra liturgia la Mediator Dei, così si esprime:

L'augusto Sacrificio dell'altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima. «Una . . . e identica è la vittima; egli medesimo, che adesso offre per ministero dei sacerdoti, si offrì allora sulla Croce; è diverso soltanto il modo di fare l'offerta».

Identici, finalmente, sono i fini, di cui il primo è la glorificazione di Dio. Dalla nascita alla morte, Gesù Cristo fu divorato dallo zelo della gloria divina, e, dalla Croce, l'offerta del sangue arrivò al cielo in odore di soavità. E perché questo inno non abbia mai a cessare, nel Sacrificio Eucaristico le membra si uniscono al loro Capo divino e con Lui, con gli Angeli e gli Arcangeli, cantano a Dio lodi perenni, dando al Padre onnipotente ogni onore e gloria.

Il secondo fine è il ringraziamento a Dio. Il Divino Redentore soltanto, come Figlio di predilezione dell'Eterno Padre di cui conosceva l'immenso amore, poté innalzarGli un degno inno di ringraziamento. A questo mirò e questo volle «rendendo grazie», nell'ultima cena, e non cessò di farlo sulla Croce, non cessa di farlo nell'augusto Sacrificio dell'altare, il cui significato è appunto l'azione di grazie o eucaristica, e ciò perché è «cosa veramente degna e giusta, equa e salutare».

Il terzo fine è l'espiazione e la propiziazione. Certamente nessuno al di fuori di Cristo poteva dare a Dio Onnipotente adeguata soddisfazione per le colpe del genere umano; Egli, quindi, volle immolarsi in Croce «propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo». Sugli altari si offre egualmente ogni giorno per la nostra redenzione, affinché, liberati dalla eterna dannazione, siamo accolti nel gregge degli eletti. E questo non soltanto per noi che siamo in questa vita mortale, ma anche «per tutti coloro che riposano in Cristo, che ci hanno preceduto col segno della fede e dormono il sonno della pace»; poiché sia che viviamo, sia che moriamo, «non ci separiamo dall'unico Cristo».

Il quarto fine è l'impetrazione. Figlio prodigo, l'uomo ha male speso e dissipato tutti i beni ricevuti dal Padre celeste, perciò è ridotto in somma miseria e squallore; dalla Croce, però, Cristo «avendo a gran voce e con lacrime offerto preghiere e suppliche . . . è stato esaudito per la sua pietà», e sui sacri altari esercita la stessa efficace mediazione affinché siamo colmati d'ogni benedizione e grazia. Si comprende pertanto facilmente perché il sacrosanto Concilio di Trento affermi che col Sacrificio Eucaristico ci viene applicata la salutare virtù della Croce per la remissione dei nostri quotidiani peccati.
[Pio XII – Mediator Dei]

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