mercoledì 27 giugno 2012

Lex orandi, lex credendi. Ciò che si prega è ciò che si crede. Della serie “dimmi come preghi e ti dirò cosa credi”. Questa locuzione latina ha ritrovato grande utilizzo negli ultimi anni, specie da quando è salito al soglio pontificio Benedetto XVI, il quale ha iniziato la riforma della riforma liturgica. Sostanzialmente sta cercando di mettere ordine nella babele cattolica, ove ognuno fa quello che si sente, ove ognuno fa quello che crede. Infatti, se si gira un po’ per le parrocchie, è evidente che nella Chiesa non si crede tutti le stesse cose, nemmeno le basilari, perché altrimenti non si spiegherebbe la grandissima diversità (che giunge fino all’opposizione) di riti e forme della liturgia. I risultati dell’opera del Papa si vedono, ma molto spesso sono frenati o traditi dalla disobbedienza di vescovi, sacerdoti e movimenti. La riforma della riforma voluta da Benedetto XVI, con il solo fatto di esserci, dimostra che le cose non sono come il Papa le vorrebbe e che non sono cattoliche. Altrimenti, perché intervenire? In questo senso, se è lex orandi lex credendi, chi usa il latino nella liturgia, come il Papa vuole e come Egli stesso usa, prega bene e crede bene. Così come chi s’inginocchia alla consacrazione e per ricevere l’Eucarestia (come fa il Papa). Prega bene e crede bene chi nella liturgia usa musica sacra (come fa il Papa), chi considera la Messa come un sacrificio, chi adora il Santissimo Sacramento dell’Altare. Di conseguenza, prega male e crede male chi non s’inginocchia alla consacrazione e chi riceve in piedi, sulla mano o addirittura seduto al proprio posto, la Santissima Eucarestia. Prega male e crede male chi, nella liturgia, usa chitarre, bonghi, tamburelli, battimani e canti profani; chi considera la Messa una cena e un banchetto, chi irride chi adora il Santissimo Sacramento (sprezzantemente definiti “sacramentini”1), chi prega a braccia conserte (un fondatore di un movimento è addirittura andato a ricevere la Comunione dal Santo Padre in questo modo), con le mani dietro la schiena o tenendosi per mano con il vicino. Solo per fare qualche esempio, dei più evidenti. Alla luce di tutto questo, perché chi prega male e crede male ottiene (in maniera più o meno trasparente) un riconoscimento all’interno della Chiesa cattolica e gli altri no?

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1 Kiko Arguello – Orientamenti, pag 329)

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