lunedì 30 luglio 2012

La storia della matita 

“Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. A un certo punto, le domandò: 
"Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me." 
La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al ni­pote: 
"E vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più im­portante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vor­rei che la usassi tu, quando sarai cresciuto." 
Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunché di speciale. 
"Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita!" 
"Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nel­l'esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo. 
"Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. 'Dio': ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve con­durti sempre verso la Sua volontà. 
"Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. E un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare al­cuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore. 
"Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usa­re una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un'azione o un comportamento non è necessaria­mente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riu­scire a mantenere la retta via della giustizia. 
"Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sem­pre attenzione a quello che accade dentro di te. 
"Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione." 
[P. Coelho – Come il fiume che scorre] 

Siamo matite o penne? Questo pensavo leggendo questa breve storia. La differenza può sembrare sottile, magari anche banale. Eppure la differenza c’è. Se si rivedono tutte e cinque le “qualità” della matita e le si confronta con quelle della penna, si scoprono interessanti parallelismi con la condizione dell’uomo moderno. Vediamo. 
La prima qualità, per una penna, è la stessa della matita: poter fare tante cose. Il fine è lo stesso (scrivere), così com’è la stessa la Mano che guida lo strumento, penna o matita che sia. Eppure la matita, nella sua fragilità, umiltà, sa che senza Mano non può andare da nessuna parte, non può essere sé stessa, non può fare quello per cui è stata creata. La penna, invece, s’illude che possa farlo. Anche il semplice fatto di non essere di legno, una sorta di novello Pinocchio, ma di plastica, la rende orgogliosa e presuntuosa. Crede di essere superiore a quella categoria di uomini-matita esistiti fino ad ora. Probabilmente l’evoluzione della specie si è protratta fino a questo stadio. 
Sulla seconda qualità sorgono le prime grandi divergenze. La penna non necessita del temperino. Grande evoluzione! L’uomo di oggi ha eliminato la sofferenza, è un uomo nuovo, tutto di un pezzo, che può fare a meno di soffrire e, quindi, di ogni dio che quella sofferenza dica di voler sconfiggere. È un uomo che basta a sé stesso. Eppure capita, più spesso di quanto i profeti dell’uomo nuovo potessero immaginare, che anche le penne smettono di funzionare. Non sempre dopo grande utilizzo, a volte anche appena uscite dalla fabbrica. Spiazzati, gli ideologi della nuova umanità hanno provveduto anche a questa “difficoltà”: la penna che non funziona, non potendosi temperare (perché il temperino è uno strumento medievale, oscurantista, papista, reazionario, antico, preconciliare) si elimini! Tolta una penna ne avremo un’altra. Così gli uomini entrarono nella catena di montaggio della vita, trasformandosi da esseri unici, a meccanismi di una grande macchina. I meccanismi quando non funzionano si cambiano, ripararli costa troppo. Così se nasci malato ti eliminano. Se nasci brutto ti sopprimono. Se nasci per “sbaglio”, ti uccidono. Se non funzioni più, ti annientano. 
Anche per la terza qualità, se si è penne ci sono problemi. Per la matita esiste la gomma, per la penna non esiste niente. Quando l’uomo nuovo, volendo eliminare il vecchio, e imporsi sul palcoscenico della storia, ebbro delle sue scoperte scientifiche, ha scoperto che, modificando i propri geni, con l’inchiostro poteva lasciare tracce definitive, incancellabili e più incisive, di quelle di una piccola e mera grafite, ha cominciato a riscrivere tutta la storia del mondo e dell’uomo. Prima le cose erano scritte a matita, le ricerche, gli studi, le rivelazioni e le intuizioni dei saggi si affiancavano le une alle altre componendo il grande libro della conoscenza umana. Oggi esiste solo un quadernetto scritto a penna, certo, definitivo. Accade sovente che qualche novità compaia, qualche teoria prima creduta e insegnata per certa si riveli falsa. Non essendoci una gomma, l’uomo o scarabocchia, per eliminare le tracce, oppure strappa tutta la pagina. Così il quadernetto a breve si esaurisce e le generazioni future non hanno niente. Né un’eredità da cui apprendere, né un quadernetto su cui scrivere le proprie scoperte. 
La quarta qualità non esiste per le penne. Esse, come visto alla seconda qualità, sono meccanismi creati in serie dai progressi della scienza. Non c’è più la grafite, diversa per ogni matita, c’è l’inchiostro, materia uguale per tutti. Siccome gli uomini devono essere tutti uguali, ma li hanno trovati diversi, li hanno modificati per renderli identici. 
L’ultima qualità, alla luce delle altre quattro, ci ripropone la domanda iniziale: siamo penne o matite? Cosa vogliamo essere?

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