domenica 22 luglio 2012

A leggere il libro di Marco Marzano Quel che resta dei cattolici, c’è da piangere, preoccuparsi e disgustarsi pesantemente con quella parte di gerarchia che permette certe situazioni e che, non lo nascondiamo, le crea, le fomenta e le sostiene. L’Autore, che si dichiara ateo, è molto entusiasta di alcune realtà parrocchiali italiane che dire eterodosse è fargli un complimento. E che in queste Marzano veda l’autenticità e il futuro della Chiesa, c’è da sorridere pensando alle sue scelte religiose. Solo un ateo può condividere l’apostasia cattolica di questi decenni. La prova del nove è che molti cattolici “aggiornati”, “moderni”, “adulti”, sono più atei che credenti. Il disprezzo che Marzano esprime, insieme ai suoi preti intervistati, per quel mondo cattolico (anche e soprattutto clericale) fatto di liturgie ortodosse e sfarzose, di abiti talari, di tridui, novene e processioni, è imbarazzante, poiché esso è ortodosso e che ha permesso alla Chiesa di “avere successo” (mi si passi il termine), specie in Occidente. Da qualche (cinque) decenni a questa parte si è deciso di cambiare e la crisi, l’apostasia, l’eresia e gli scismi che segnano la Chiesa sono tanti. La colpa, però, non è del cambiamento, a sentire certa gente, ma della Chiesa preconciliare. L’assurdità logica è evidente, ma l’assurdo è diventato la regola. Altrimenti non si spiegherebbe tutto quello che Marzano racconta di quanto accade nelle parrocchie italiane e tutto quello che ognuno di noi può facilmente constatare. Tanto per iniziare, il sociologo Marzano riporta le ricerche che mostrano come, tra il 1998 e il 2002, la frequenza alla Messa domenicale sia crollata di più del 10 per cento. E di mezzo, in quegli anni, c’è stato il Giubileo del 2000. Ma le cose non sembrano essere migliorate, nemmeno a ridosso di quell’evento in cui molti avevano riposto grandi aspettative ed entusiasmi. Il problema grave della Chiesa italiana, ma non solo, è quello della miopia sulle cause e, di conseguenza, sui rimedi da apportare per risolvere, o quantomeno affrontare, la suddetta crisi. La Chiesa è una società sui generis e per comprenderla appieno bisogna credere nella sua natura soprannaturale. Senza questa comprensione, propria solo dei credenti, la comprensione della Chiesa è mutilata ed Essa viene scambiata come una qualunque società umana, alla quale applicare gli stessi schemi di ragionamento. Applicati alle società umane questi schemi rendono dei risultati veri, sui quali poter intervenire. Con la Chiesa danno dei risultati falsi, ma non per un errore degli schemi, quanto per un problema di contenuti. La Chiesa è di Dio ed Egli ne fa pienamente parte. Gli schemi sociologici, psicologici, statistici, ecc, hanno sì valore, ma lasciano il tempo che trovano, visto che Dio (almeno a quanto sappia) non si esprime in grafici, statistiche e analisi di mercato. Questo dovrebbe ricordarselo gli uomini di Chiesa, coloro che la Chiesa la guidano. Coloro che, tradendo miseramente la natura della Chiesa, scambiandola per una società per azioni e applicando i rimedi adatti per queste ultime, generano nella Chiesa un corto circuito, portandola al fallimento. Non tanto umano e numerico, quanto al fallimento della propria missione. I primi (e forse unici) protagonisti della crisi della Chiesa sono i preti. A loro è affidata la cura d’anime delle persone. Sono essi che hanno il dovere di educare alla fede il popolo loro affidato. Se essi si preoccupano più del posto di lavoro, dello stipendio, della casa e della macchina dei propri fedeli, trascurando la preghiera e la salvezza delle anime, il loro posto è un altro, non in una canonica. Non si possono quindi incolpare più di tanto i fedeli. Il popolo di Dio di oggi è stato fin troppo obbediente e coerente con quanto è stato loro predicato e testimoniato. I fedeli (giovani e anziani) vivono la fede e la Chiesa così come l’hanno ricevuta. Una dottrina eretica, una prassi blasfema e una morale distorta. Qui, e solo qui, nasce e cresce la crisi. Solo attraverso i sacerdoti questa rotta può essere invertita. Perché a loro Cristo ha dato il potere di farlo, non ai tanto osannati laici. Il problema è che i preti continuano ad essere formati, anche loro, da preti allo sbando, e la loro mentalità pastorale è quella figlia di tale sbandamento. Preti che pensano che la dottrina cristiana sia “astratta priva di aspetti, una litania di precetti inapplicabili e mortiferi estranea alla quotidianità e destinata a venir dimenticata il giorno dopo essere stata appresa” [Marzano pag. 45] Come se Cristo ci avesse predicato cose impossibili e quindi sarebbe un’incosciente; come se le mode inseguite da certo clero non siano vacue e futili, a differenza della dottrina della Chiesa che, essendo di Dio, è eterna e immutabile. Preti che riducono la Messa ad uno show (tra i tanti esempi, ­Marzano a pag. 95) tanto da sentirsi obbligati ad inserire “segni” e “momenti” innovativi nella liturgia, più adatti ad una seduta psicanalitica che ad una liturgia cattolica. Preti che si vantano (Marzano pag. 99) di fare cose, come “suggerire caldamente ai ragazzi l’uso del preservativo”, di cui sono coscienti di “meritare la scomunica”. Solo che essa è considerata, da molti, anche vescovi, una pratica antievangelica, non al passo con i tempi, non aperta al dialogo e medievale. Preti che credono che la Chiesa (pag. 102) debba “cercare insieme a loro [i più poveri] (senza pensare di possederla già per proprio conto) la verità”. Ma se la verità non ce l’ha la Chiesa, Cristo che ha combinato? Ha detto delle fandonie. Ma se le ha dette questi preti a chi si sono consacrati? Ma lo sanno che la loro ordinazione è un sacramento e non un contratto a tempo indeterminato? Preti che, dotati di “creatività spirituale” (pag. 110), s’inventano “una specie di movimento fatto in casa, in casa parrocchiale, per la precisione. Con tanto di rituali, simboli, gergo e spiritualità propri e peculiari”. Tutto questo per evitare che i giovani, ricevuta la Cresima, spariscono dalle parrocchie. Aldilà del bricolage della fede e della liturgia, questi saccenti e profetici preti, non si domandano qualche volta se per caso l’esodo del post Cresima non è dipeso dal fatto che nelle loro chiese non si predica e non si celebra l’eternità, ma una versione più melensa e triste delle dottrine mondane? Non sarà che i giovani, educati a un Cristianesimo a loro misura fatto di amore, zucchero, segni e giochi, edulcorato dal sacrificio, dai novissimi, dalla liturgia, dall’obbedienza, dal dovere e dallo studio del catechismo, una volta diventati grandi dei battiti di mani, di girotondi intorno agli altari, di palloni e canzoncine ebeti non sanno più che farsene e allora abbandonano la Chiesa? Preti che (pag. 233) sostengono che “la gente comincia a pensare che se non va a messa non succede niente di male a sé e al mondo e quindi ci va solo se trova qualcosa di significativo”. Proporrei allora di sostituire le sedie delle chiese con delle poltrone (dei banchi e degli inginocchiatoi ci siamo già sbarazzati da tempo), di differenziare la liturgia per uomini e donne. I maschietti farli assistere a strip-tease di donne avvenenti, mentre alle femminucce riservare spettacoli di uomini fisicamente apprezzabili. Poi magari sostituire il rito della comunione con un bel piatto di lasagne o una bistecca (sicuramente più sostanziosi). Magari aprire anche un sito online in cui raccogliere i bisogni della gente. Se c’è chi ha bisogno di soddisfare i propri piaceri sessuali, una stanza della parrocchia adatta a tali fini si trova sempre, mentre per chi abbisogni dell’uso delle droghe i giovani catechisti possono essere efficienti. Siccome la verità va cercata, magari fra un orgasmo e una canna, qualche intuizione si trova. 

Marzano, da non credente qual è, non può comprendere la vera natura della Chiesa e così, come molti cattolici che hanno scambiato la propria fede con la propria appartenenza sindacale, crede che le mancate rivoluzioni “costituzionali” della Chiesa (celibato sacerdotale, morale sessuale, bioetica, sacerdozio femminile, omosessualità, Comunione ai divorziati risposati, ecc) che molti si aspettavano dopo il Concilio Vaticano II, stiano a dimostrare l’incapacità della Chiesa di affrontare la modernità, di ascoltare i bisogni del mondo, di cambiare. Proprio qui sta il punto. La Chiesa non può cambiare la propria “costituzione”, perché Essa l’ha ricevuta da Dio, non l’ha ottenuta dopo una trattativa o non l’hanno scritta i vincitori di una guerra (come capita per le costituzioni degli Stati). La Dottrina della Chiesa è un tesoro che il Papa, la gerarchia e il popolo dei fedeli devono conservare, al massimo approfondire; non possono certo dilapidarlo come spesso invece accade. Marzano sostiene che la Chiesa, come ogni dittatura che si rispetti, ha adottato questo “conservatorismo” per non modificare sé stessa. E come prova porta proprio quelle mancate riforme sopra citate. Eppure la realtà è l’opposto. La Chiesa, pena l’ammissione che le porte degli inferi hanno prevalso, non ha potuto modificare la propria costituzione, ma molti segni di cedimento ci sono stati. Non da ultimo il riconoscimento di sette quali quella dei Neocatecumenali. Marzano crede che l’autorità vaticana sia capace di zittire tutte le divergenze dottrinali e tutti i malumori presenti tra i fedeli e tra i vescovi. Eppure non è così. Seppur questi non esprimano il proprio dissenso apertamente, lo praticano! Come? Concedono l’Eucarestia ai divorziati risposati, predicando eresie, celebrando Messe blasfeme e piene di abusi, eccetera. L’ammutinamento c’è. Il peggio sarebbe se ci fosse anche dal Vertice più alto della Chiesa contro il Suo diretto (e unico) Superiore: il Padreterno. 

Molti sono gli esempi che Marzano porta di preti che, specie in temi di bioetica, morale sessuale, ecc, sono in contrasto con quella che sono le dichiarazioni del Papa (che, a rigor di logica, sono quelle della Chiesa, di cui questi preti dicono di far parte). Allora mi domando: se la Chiesa si conforma al mondo (e così ha fatto e sta continuando a fare), quando gli uomini si disgusteranno del mondo (e capita, ed era, fino a qualche tempo fa, il presupposto ottimo per una conversione), a chi si rivolgono? Di certo non alla Chiesa che non ha più nulla di diverso, ma, tradendo la propria natura, si è adeguata al mondo. La conseguenza per gli uomini è la disperazione terrena e la dannazione eterna. E qui passa un altro nodo cruciale e drammatico della Chiesa e dei preti di oggi. I sacerdoti e i laici impegnati si preoccupano dell’uomo, della persona, dei suoi bisogni lavorativi, sociali, culturali, emotivi e affettivi. Bene. Ma dell’anima chi se ne occupa più? Il mondo è diventato materialista e la Chiesa l’ha seguito anche in questo. Perciò la salvezza eterna dell’uomo non è più una preoccupazione dei preti, che, divenuti assistenti sociali, si preoccupano solo di riempire lo stomaco dei fedeli. Della salvezza non ci s’interessa più. Così, è evidente, la Chiesa è monca, e forse nemmeno più Chiesa, al massimo chiesa, o setta. 

La soluzione a questa crisi, a ben vedere, senza volersi strappare le vesti (come spesso faccio) sta per la Chiesa nel ritrovarsi, con quei pochi fedeli rimasti, intorno a sé stessa. Cessare di inseguire questo mondo che più lo rincorre e più ci si allontana dal proprio centro tradendo la propria natura e il proprio fine. La Chiesa deve riprendere in mano quanto le è stato dato dal suo Fondatore: la fede. Da essa ripartire con una retta e santa liturgia. Non ci saranno le masse a riempire le chiese, forse tantomeno le folle a osannare il Papa nei raduni giovanili. Ma la Chiesa sarà sé stessa e non un surrogato compiacente. Solo così potrà essere, com’è sempre stata, quel sale, lievito e luce per il mondo. Il santo Curato d’Ars diceva “Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie”. La Chiesa è da più di vent’anni senza preti. Molti di quelli che sono rimasti sono più degli imprenditori, dei dirigenti di azienda, preoccupati della pancia (loro) e dei propri fedeli, più che della salvezza dell’anima, della purezza della dottrina e della bellezza della liturgia. I cristiani di oggi adorano le bestie dell’aborto, dell’eutanasia, del sesso, del potere, dell’egoismo, dell’omosessualità, dell’emotività, del relativismo, del disprezzo delle proprie radici, del culto di sé stessi e di tanti altri idoli. La Chiesa di oggi è piena di vitelli d’oro costruiti da fedeli e sacerdoti. Dai fedeli quando si sono emancipati dal clero e hanno avuto la presunzione di poterne fare a meno. Dai preti quando si sono emancipati dall’obbedienza alla Chiesa che li ha ordinati. Le chiese pullulano e puzzano di idoli, di paganesimo. La vera dottrina cristiana è, ormai, una ricchezza per pochi. Ai molti è stata lasciato un suo surrogato. Nei preti, anche e soprattutto, la Chiesa deve ritrovarsi. Non può pensare di sopravvivere senza di essi. Non tanto a livello numerico (la messe è sempre abbondante e gli operai pochi), quanto a livello di santità. Solo dalla santità del clero può dipendere la santità del popolo loro affidato. Solo dalla santità può dipendere la salvezza. Di ciascuno, ma anche della Chiesa cattolica.

Nessun commento:

Posta un commento