venerdì 1 giugno 2012

Tante volte ho qui esposto le mie perplessità (che sfociano spesso in sgomento) sul modo di celebrare la liturgia in molte chiese cattoliche. Esse sono lontane anni luce da quello che i documenti del Magistero insegnano e sono altrettanto distanti da quello che il Papa stesso celebra. Eppure tutto ciò continua, tanto che risulta anomalo chi si sforza di celebrare come Dio comanda (cioè come la Chiesa insegna). Don Nicola Bux afferma: “Non sembri disfattismo se sostengo che i documenti della Santa Sede miranti a regolamentare la liturgia cattolica sono inefficaci, perché è venuto meno il presupposto dell’osservanza: riconoscere al Signore il diritto di essere adorato come rivelato nella Scrittura e nella tradizione apostolica.” La Messa, così come tutta la liturgia, non è a uso e consumo della comunità che la celebra. La liturgia non può essere creata a immagine e somiglianza di chi vi partecipa o di chi la celebra. Questo per due fondamentali motivi. Primo: a ogni Santa Messa celebrata non partecipano solo gli esseri umani lì presenti in quella chiesa, ma partecipa tutta la Chiesa, anche quella distante chilometri e, soprattutto, anche quella trionfante che già sta in cielo. Il secondo motivo, legato al primo, è che la liturgia è un atto di culto rivolto a Dio, non all’uomo. Sembra scontato, ma non lo è. Soprattutto se si guarda alle liturgie che oggi si celebrano nell’orbe cattolico. Troppo spesso le preoccupazioni di sacerdoti, responsabili liturgia, commissioni liturgiche, ecc, è quello di proporre ai fedeli una Messa riuscita. In cosa consiste? Se la gente esce dalla chiesa contenta, con il cuore riscaldato, con uno spirito di fratellanza in più, con le lacrime agli occhi, rasserenata, non annoiata, ecc. Da qui, e solo da qui, trovano fondamento i vari segni, una musica più vicina ai giovani (ma più lontana da Dio), una lingua comprensibile, i battiti di mani ad accompagnare i canti, le infinite spiegazioni dei sacerdoti a ogni momento della liturgia, i sorrisi, le risate, gli applausi e ogni altra sorta di “segno” che serva solo e soltanto a rendere alta la concentrazione dei fedeli. Ciò insinua, oltretutto, che il culto che dobbiamo a Dio non è sufficiente e che la liturgia necessiti di tutta una serie di aggiunte rivolte agli interessi dei fedeli. Quando c’è tutto questo, quando la soddisfazione dei fedeli è raggiunta (come fosse un cliente cui fornire un prodotto) allora la Messa è riuscita. Peccato che l’allora card. Ratzinger, a proposito degli applausi, disse: “Là, dove irrompe l’applauso per l’opera umana nella liturgia, si è di fronte a un segno sicuro che si è del tutto perduta l’essenza della liturgia e la si è sostituita con una sorta di intrattenimento a sfondo religioso” [Introduzione allo spirito della liturgia]. Trovano consolante conferma le parole di Matteo De Meo (raccolte, insieme a altri interventi, nel volume “La danza vuota intorno al vitello d’oro”¸ appena edito da Lindau): “Quello che cercano è un culto le cui forme e contenuti riflettano i bisogni e le aspirazioni dell’uomo secolarizzato, o ancor meglio della secolarizzazione stessa.” e ancora: “Quelli che dovrebbero essere chiaramente definiti e condannati come abusi liturgici diventano sempre più la norma. Si celebra in ogni luogo, in ogni modo, e in ogni forma. È difficile ormai trovare una celebrazione cattolica, nel vero senso della parola, unica e universale.” Roba da perdere la fede. Sì, perché se quello che si celebra non è cattolico, dov’è la Chiesa cattolica? Va bene la disobbedienza del singolo sacerdote (anche se raggiungesse la maggioranza del clero), ma dov’è la capacità di estirpare gli abusi? Dov’è la forza della Chiesa? Chi ci rimette sono i semplici fedeli, come il sottoscritto, che partecipano a liturgie in cui non si rende culto a Dio. E il problema non è da poco. Ancora don N. Bux scrive che: “La Liturgia è stata ed è, nella disciplina della Chiesa, materia riservata al Papa, mentre gli Ordinari e le Conferenze episcopali hanno alcune competenze delegate, specificate dal diritto canonico. I sacerdoti non possono introdurre in essa alcun cambiamento, ma, ben formati in seminario allo spirito della liturgia cattolica, devono celebrare con rigore, fedeltà ai libri liturgici approvati ed adeguata sensibilità pastorale per aiutare e formare tutti i fedeli a vivere la liturgia della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica” Quindi, nel rito della Messa, così come in ogni altro rito liturgico, l’unico che può apporre modifiche è il Papa. Nemmeno i sacerdoti possono, tantomeno i laici (anche se sono pittori). Eppure ciò è avvenuto e non si riesce ad evitare che avvenga. Il sospetto che la cosa non sia sbagliata viene; solo che ciò determina il conflitto e la crisi in chi legge i documenti della Chiesa (tutti, non solo quelli degli ultimi anni), vede le liturgie papali e poi assiste alle messe nelle chiese. La differenza è abissale. Dov’è l’errore? Nel Papa che ha una visione limitata della realtà? Del Papa che dispone di una liturgia diversa rispetto ai singoli sacerdoti (come ho letto da alcuni liturgisti)? O dei sacerdoti, spesso e volentieri appartenenti a movimenti laicali? Ancora: “Pensare che i simboli e i segni liturgici possano essere usati in modo arbitrario è voler dire la morte del culto e questo nonostante l’evidente successo e popolarità di tutti questi esperimenti.” [M. De Meo] Perché il problema sta qui. Tante volte mi sono sentito dire “eh ma la gente viene, partecipa, piace questa Messa”. Vero. Non lo nego. Ma conviene piacere agli uomini o a Dio? A Dio non va bene tutto, queste sono cretinate buoniste; Dio vuole essere adorato come la Chiesa comanda.

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