Non disse Cristo al suo primo convento:
“Andate, e predicate al mondo ciance”:
ma diede lor verace fondamento;
e quel tanto sonò ne le sue guance
sì ch’a pugnar, per accender la fede,
de l’Evangelio fero scudo e lance.
[Commedia – Paradiso XXIX, 110]
“Andate, e predicate al mondo ciance”:
ma diede lor verace fondamento;
e quel tanto sonò ne le sue guance
sì ch’a pugnar, per accender la fede,
de l’Evangelio fero scudo e lance.
[Commedia – Paradiso XXIX, 110]
Forse sta tutto qui il problema. Il problema, la “colpa” di questa società scristianizzata, pagana e luciferina, non è dell’ottusità del mondo, della banalità dei giovani, dell’ostilità nei confronti dei cristiani o di chissà cos’altro. La colpa è nostra. Di noi cristiani. Magari non quelli giovani che si sono ritrovati in questa condizione, ma la colpa è la nostra. Di noi cristiani che predichiamo a vanvera, che raccontiamo frottole, un cristianesimo buonista e melenso, buono a scrivere libri, ma di certo non a saziare la sete di eterno che ogni uomo porta con sé. Inevitabilmente così, questo cristianesimo, non serve nemmeno a salvarci. La colpa non è di chi non ci ascolta, ma di noi che parliamo. Se non ci ascoltano non è perché non sappiamo parlare (anche), ma perché diciamo cose inutili. False. Di buonismo e religioni all’acqua di rose ne è pieno il mondo. Così pieno che è saturo, disgustato. Il fastidio nei nostri confronti nasce da qui. Dallo stesso punto dove nasce l’odio. La verità. Chi è contro di essa odia chi la professa. Noi cristiani siamo contro la verità. Non la predichiamo più, ma predichiamo dantesche “ciance”. Nostre opinioni. Menzogne. Banalità. Che non servono a nessuno. Abbiamo bisogno di verità, di eternità. Ci sono nato e cresciuto in questa Chiesa melensa. Non per meriti, ma per grazia, di Essa ho un amore immenso, filiale, devoto, totale. Di Essa ho bisogno. Naturale. Umano, divino. Proprio in virtù di quest’amore soffro terribilmente a vederla in questo stato. Non solo perseguitata e attaccata dall’esterno (sarebbe una grazia tutto ciò), ma anche e soprattutto disgustata, tradita, ferita, umiliata e uccisa dall’interno. Così ferita da sembrare morta. Uccisa da coloro che avrebbero dovuto difenderla. Che pensare di tutto ciò? Poco o niente. Rimango basito, perplesso e tradito. Tradito dagli stessi che dovrebbero difendermi. Nella vita accade. Ci si soffre ma s’impara a conviverci. Credevo di trovare nella Chiesa un’oasi, una parentesi di eternità, di verità, di splendore. Ci credo ancora, perché mi risulta evidente la Sua bellezza, la sua magnificenza e la sua divina gloria. Ci credo ancora, ma faccio fatica. Tanta, troppa fatica, che tremo alla sola idea di perdere quest’evidenza.
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