domenica 4 marzo 2012

Così, per me, tutto ebbe inizio. “Separare l’amore, la carità, dalla verità, non è cattolico”. Leggendo queste parole del teologo Romano Amerio, in una raccolta d’interventi tenuti da vari autori al Convegno di Studi ad Ancona, il 9 novembre 2007 e edito dalla casa editrice Fede&Cultura (di cui sono debitore ed estimatore). Da allora, non immediatamente, per me che mi spendo per capire cosa sia essere cattolici e mi sforzo per esserlo, è iniziata quella lenta, lentissima, ma sempre più convinta riflessione e adeguamento a questo principio della precedenza della Verità, del Logos, della Ragione, all’amore. Rileggere oggi a distanza di anni queste pagine, mi commuove. Così come mi ha confortato rileggere le parole (presenti nella stessa raccolta) di Enrico Maria Radaelli (fedele discepolo di Amerio) e scoprire in esse quel principio cardine della mia vita del quale, ovviamente, non sono creatore, ma debitore sincero e sostenitore. “Come si sa, vi è un criterio generale intorno a cui muovere la nostra vita: l’asse cardine è il criterio della adæquatio che l’uomo deve compiere verso la realtà per «fare la verità». Cos’è l’adæquatio? Altro non è che la conformazione, l’intima adesione alla realtà, ravvisata da Aristotele e compiuta poi in pienezza dalla Natura divina presente in Cristo; è la sacra ”obbedienza” all’esserci del reale”. Prima vi è la verità alla quale adeguarsi, poi l’amore. Questo è un principio evidente, fondamentale, ma come tale trascurato e (volutamente?) manomesso. S’insegna infatti il contrario, che prima viene l’amore. Fare le cose ‘per amore’, ‘con amore’ legittimerebbe ogni nostra azione. Seguendo questo filo logico vescovi e conferenze episcopali, negli anni bollenti del post Concilio, arrivarono a giustificare la prostituzione delle suore ‘per amore dei poveri’ o a considerare gesto d’amore la sodomia. Addirittura il cardinal Carlo Maria Martini (ex arcivescovo di Milano) sentenziò qualche anno fa: “La nostra religione non è ancorata nel Verbo, la nostra religione è fondata sull’amore”. Frase che piace tanto e fa tanto ‘cattolici adulti’, fa tanto pacifisti, ecologisti, animalisti e ogni sorta di –ismi. Tutto fuorché cattolici. Per capire l’enorme eresia basterebbe aver studiato il catechismo e rendersi conto di quello che si pronuncia ogni Domenica a Messa, ma leggiamo Amerio come lo spiega: “La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernata fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché la nostra fede porta che in principio sia il Padre, il Padre genera il Figlio, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio, si genera lo Spirito Santo, che è l’amore (Concilio di Firenze, Bolla Lætentatur cœli et exultet terra)”. Sostanzialmente sta qui uno dei gravi dissidi che separano i cattolici dagli Orientali. La cosiddetta questione del Filioque (che è la parte del Credo, nella traduzione latina, “qui ex patre (filioque) procedit”, cioè "che procede dal Padre (e dal Figlio)”). Questa può sembrare un’astrusa questione tra cattedratici, tra esperti di teologia (ed io non compaio tra nessuno dei due gruppi); eppure è una questione fondamentale dell’agire umano e dell’esistenza di ogni singolo uomo. Quella dell’amore, oltre che una precisa fissazione del sottoscritto, è anche uno dei cardini maggiori della predicazione moderna. In ogni omelia, esortazione, catechesi, annuncio, discorso ecclesiale, compare inevitabilmente la parola ‘amore’. Innanzitutto difficilmente essa è spiegata. Poi ad essa si ricorre spesso per concludere discorsi privi di filo logico e altrettanto spesso ad essa si ricorre per infervorare gli uditori e per farli sentire “cambiati”. Ma “le cose che sembrano più astrarre, più staccate dalla vita, sono le cose che si trovano proprio nel cuore della vita” dice Romano Amerio e continua: “Se si dice che l’azione vale per se stessa, che l’amore non ha nessuna regola, nessun precetto e nessuna precedenza, si tocca il punto più intimo della nostra esperienza umana, perché noi viviamo per una verità, questa: il fine dell’uomo, secondo il nostro catechismo, è di «conoscere e amare Dio». Ma prima c’è ‘il conoscere’ e poi c’è ‘l’amare’.” Sostenitori dell’ideologia dell’amore che precede ogni altra cosa (distruggendo così la Trinità, quindi negando la divinità di Gesù Cristo) sono gli abomini del comunismo e del nazismo. Ancora Amerio: “I nazisti erano contro il Filioque, i comunisti sono contro il Filioque, e il dinamismo moderno, che pone il valore soltanto nell’azione, nell’entusiasmo, nell’impeto, non vuole il Filioque”. Siamo quindi fuori dalla concezione cattolica. E fa rabbia e specie che certe eresie vengano propugnate dai pulpiti (laddove ancora esistono). Per concludere: si ripete, oltre tutto questo, che quel che conta è la propria tensione verso Dio, avere un senso religioso della vita. Leggiamo quanto dice Romano Amerio a proposito, tracciando delle conclusioni chiare ma altrettanto angoscianti: “La religione cattolica ha perduto la sua peculiarità, è pareggiata a ogni altra religione, perché tutte le religioni assolvono a questo compito primario che è il senso religioso: l’unica cosa che conta è la tensione verso Dio. A questa stregua l’essere più religioso è satana, perché satana aveva una tensione massimo verso la divinità: voleva essere Dio! […] L’importante non sarebbe la dottrina, ma questa tensione, questo dinamismo spirituale.” Chi ha orecchi per intendere, intenda.

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