Progresso nella continuità
Giovanni Cavalcoli
Giovanni Cavalcoli
Spesso si è sentita e lamentata la
mancanza di qualcuno che dimostrasse e non solo negasse o certificasse
aprioristicamente, la continuità dei documenti del Concilio Vaticano II con la
bimillenaria Tradizione della Chiesa cattolica. Che il Concilio Vaticano II sia
stato una rottura è opinione ormai data per assodata, ma difficilmente
dimostrata. I tradizionalisti vedono questa rottura come un male, i
progressisti come un bene. La rottura, erò, non dovrebbe esserci, pena la
concezione che la Chiesa in quello che insegna può sbagliare. E per chi si
rende conto della serietà e della gravità di tale afermazione, verrebbe un
giramento di testa impensabile dal quale converrebbe non riprendersi. Così in
giro ci sono numerose pubblicazioni, molte anche lodevoli e valide, che con
ragionamenti finissimi e spesso non alla portata dei semplici fedeli, spiegano
che non tutti i documenti di un Concilio godono dell’infallibilità. Vero.
Rimane però la perplessità davanti all’ultima Assise conciliare. Padre
Cavalcoli va oltre e prova a dimostrare (ai lettori la conferma o la smentita),
con linguaggio semplice e comprensibile, la continuità dell’insegnamento
tradizionale della Chiesa con quello uscito dal Concilio Vaticano II. E lo fa
affrontando quei temi che, alternandosi tra loro, vengono presi, da una parte e
dall’altre, per dimostrare la tesi della rottura del Vaticano II. Come se da
esso fosse nata una nuova Chiesa. I temi affrontati sono: la liturgia, la
Rivelazione, la fede implicita, il rapporto tra Tradizione e Scrittura, la
Chiesa, la collegialità episcopale, la libertà religiosa, il dialoro
interreligioso, l’ecumenismo. Non mancano, non potrebbe essere altrimenti in un
teso serio e ben fatto, le critiche e i riconoscimenti delle insufficienze che
i testi conciliari hanno. Insufficienze nella forma e non nella sostanza.
Sebbene la sostanza non sia stata intaccata, questa la tesi di padre Cavalcoli,
la forma ha però indubbiamente impedito una sana e funzionale fruizione dei
testi del Concilio. Andando così contro la volontà stessa dei padri conciliari.
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