È sempre motivo di grandi riflessioni, di entusiasmi (forse facili) e di grandi progetti, il rapporto che intercorre tra gli uomini e la Rete. Internet, il web e tutta la tecnologia a esso annesso hanno rivoluzionato la vita degli uomini in maniera onestamente molto veloce. Tra questi uomini, molto spesso, ci sono anche degli uomini ‘religiosi’, che hanno una fede, un credo. Questa loro religiosità, fede, credo, viene così a contatto con la rete, il web e la tecnologia. E ci si domanda e ci s’impegna nel far sì che la fede entri in questi spazi. Motivazioni molto spesso sacrosante. Riflessioni profonde e interessanti. Restano tuttavia le perplessità, mie, sul rapporto che intercorre tra la fede cattolica e la Rete. Ovviamente non parlo di una fede generica in qualche spirito o Essere sovrumano. Ma la fede nel Dio di Gesù Cristo. La differenza è sostanziale. Aldilà della veridicità dell’una rispetto all’altra, credere nel Dio che si è fatto uomo in Gesù Cristo ha delle conseguenze ben importanti, anche per quel che riguarda la Rete. Viene in soccorso alle mie diffidenze e alle mie perplessità un brano estratto da un’opera importante e bella, quale quella di Fabrice Hadjadj, La fede dei demoni, dove lo scrittore e filoso francese di origine ebraica, convertito poi al Cattolicesimo, dice: «Più che mai, nell’epoca pericolosa della digitalizzazione dell’annuncio e di una comunione a banda larga occorre insistere sull’attualità, sulla permanente novità della prossimità fisica nell’ordine più spirituale. Il che non vuol dire che occorra disprezzare i libri, giornali, conferenze, multimedia, superproduzioni, a comprendere che questi mezzi pesanti, superiori quando si tratta di vendere un prodotto, sono inferiori allorché si deve testimoniare la fede. Io posso predicare l’amore per il prossimo con un’arma di divulgazione di massa, in mondovisione. Ma meglio sarebbe predicare questo amore in una prossimità corporale, senza alcuno schermo di mezzo, perché se l’arma di divulgazione di massa ha un’efficacia di ottimale nel promuovere uno slogan dell’odio o una console di gioco, essa si rivela impotente per incontrare una persona nella sua interiorità, unica e non somigliante a nessun’altra. Si può addirittura considerare che vi sia tanta distanza tra l’amore del prossimo e la Buona Novella resa virtuale, quanta ce n’è tra l’amplesso coniugale e la pornografia.» Ecco cosa centra l’Incarnazione di Gesù Cristo con la Rete. Dio ha assunto una carne, una natura umana, che ha un’importanza non indifferente, da non trascurare quando si parla dell’uomo cibernetico, dell’uomo tecnologico, o come lo si voglia chiamare. Si pensa, erroneamente, che i nuovi media, la Rete, sia solo un mezzo da utilizzare per evangelizzare. A questo proposito prosegue Hadjad: «Dobbiamo credere, del resto, che ai fini di una comunicazione ottimale il Creatore ci abbia dotati – con i nostri corpi, i nostri occhi, le nostre mani, le nostre bocche – di tutto ciò che è necessario per andare dritto all’essenziale. Se la telefonia mobile fosse stata quanto di meglio esiste in questo campo, possiamo essere certi che saremmo stati dotati di poteri telepatici. In caso contrario non è così. Soltanto le nostre braccia libere di tutto sono adatte ad abbracciare un fratello. Soltanto il palmo delle nostre mani nude hanno la capacità di saper accarezzare un volto. E occorre che le nostre bocche abbandonino il megafono, per essere in grado di baciare. Da questo punto di vista il modello perfetto di comunicazione si trova nei sacramenti. È lì che si comunica ciò che vi è di più grande: questa comunicazione si attua sempre nella vicinanza corporale, nel contatto fisico.» Noi cattolici nella rete dobbiamo starci, ma per portare fuori la gente; per permettere un incontro tra uomini, tra due corporeità. «Nei sacramenti, sempre, c’è la presenza reciproca dei corpi: è impossibile confessarsi tramite Messenger o confessarsi via webcam. I sommi doni dell’Eterno reclamano la mediazione di questa carne deperibile, e piuttosto che effondersi a distanza, senza un volto, senza l’incontro col prossimo, la grazia diventa più viva allorché è offerta attraverso un parroco grassoccio.» I sacramenti, la grazia di Dio, sono per le persone, per la carne, non per i profili o per gli avatar. E non c’è da sottovalutare che questa invasiva concezione dell’uomo cibernetico, cioè privo di un corpo, di una carne, non possa derivare da colui che questa carne disprezza più di altri, da colui che all’origine del mondo, per invidia e gelosia, non accettò che il Verbo si fece carne e a quel Verbo si ribellò disobbedendo.
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