giovedì 5 gennaio 2012

Così per diletto, come mi ero ripromesso da qualche (troppo) tempo, mi sono letto i documenti del Concilio di Trento (1545-1563). Concilio che ha visto la guida di ben tre papi: Paolo III, Giulio III e Pio IV. L’ho fatto per curiosità e per necessità. Trento e l’aggettivo a esso derivante, “tridentino”, è l’etichetta che si pone addosso a quei cattolici che criticano alcune scelte ecclesiali moderne. Dove per moderne s’intendono gli ultimi cinquant’anni. Sì proprio quelli dal Concilio Vaticano II (compreso) e successivi. Tridentina è la Messa prima dell’attuale riforma (quella cosiddetta in latino); tridentina è una presunta visione antiquata della Chiesa e dell’uomo; tridentina è un’altrettanta presunta visione sbagliata di Dio, della grazia, dei Sacramenti, ecc. Siccome stiamo parlando di temi di fede, di verità, l’errore non può sussistere. Siccome crediamo che la Chiesa insegni infallibilmente, l’errore non può esserci. Così quello che ha insegnato la Chiesa infallibilmente nel corso della Sua storia (a Trento ma anche altrove) non può essere diverso da quello che viene insegnato e oggi e che, temo, crediamo oggi. Quindi qualche anomalia c’è. Anche bella grossa e preoccupante. Riporto di seguito un elenco di citazioni sparse, estrapolate dai vari documenti del Concilio di Trento, dove (a differenza di tanti pronunciamenti recenti) con un linguaggio chiaro e definito, s’insegna e si ricorda cosa crede la Chiesa cattolica. Ci sono un po’ di sorprese, credo, nel costatare come molte (se non tutte) delle seguenti affermazioni contrastino con le cose che ascoltiamo dai pulpiti e nei catechismi oggi.

Nella chiesa di Dio mai si è creduto che si potesse trovare una via più sicura per allontanare una punizione imminente da parte di Dio di quella che gli uomini pratichino queste opere di penitenza con vero dolore dell’animo
[Concilio di Trento, Sessione XIV - Capitolo VIII]

Insegna, inoltre, questo sinodo che la larghezza della munificenza divina è così grande, che noi possiamo soddisfare presso Dio, per mezzo di Gesù Cristo, non solo con le penitenze da noi scelte spontaneamente per scontare il peccato o imposte a noi ad arbitrio del sacerdote secondo la gravità del peccato, ma anche (ed è il segno più grande dell’amore) con i flagelli temporali, da Dio inflittici e da noi accettati pazientemente.
[Concilio di Trento, Sessione XIV - Capitolo IX]

Se qualcuno dirà che le soddisfazioni, con cui i penitenti per mezzo di Gesù Cristo cercano di riparare i peccati non sono culto di Dio, ma tradizioni umane, che oscurano la dottrina della grazia e il vero culto di Dio e lo stesso beneficio della morte del Signore, sia anatema.
[Concilio di Trento, Sessione XIV - Canoni sul Santissimo Sacramento della Penitenza - §14]

Se qualcuno afferma che il timore dell’inferno, per il quale, dolendoci dei peccati, ci rifugiamo nella misericordia di Dio o ci asteniamo dal male, è peccato e rende peggiori i peccatori: sia anatema.
[Concilio di Trento, Sessione VI - Canoni sulla giustificazione - §8]

Se qualcuno afferma che la fede giustificante non è altro che la fiducia nella divina misericordia, che rimette i peccati a motivo del Cristo, o che questa fiducia sola giustifica: sia anatema.
[Concilio di Trento, Sessione VI - Canoni sulla giustificazione - §12]

Se qualcuno dirà che nel santo sacramento dell’eucarestia Cristo, unigenito figlio di Dio, non debba essere adorato con culto di latria, anche esterno; e, quindi, che non debba neppure esser venerato con qualche particolare festività; ed esser portato solennemente nelle processioni, secondo il lodevole ed universale rito e consuetudine della santa chiesa; o che non debba essere esposto alla pubblica venerazione del popolo, perché sia adorato; e che i suoi adoratori sono degli idolatri, sia anatema
[Concilio di Trento, Sessione XIII - Canoni sul Santissimo Sacramento dell’Eucarestia - §6]

Se qualcuno dirà che nella messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto non significa altro se non che Cristo ci viene dato a mangiare, sia anatema.
[Concilio di Trento, Sessione XXII - Canoni sul Santissimo Sacrificio della Messa - §1]

Se qualcuno dirà che il sacrificio della messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o la semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non si deve offrire per i vivi e per i morti, per i peccati, per le pene, per le soddisfazioni, e per altre necessità, sia anatema.
[Concilio di Trento, Sessione XXII - Canoni sul Santissimo Sacrificio della Messa - §3]

Se qualcuno dirà che le messe, nelle quali solo il sacerdote si comunica sacramentalmente, sono illecite e, quindi, da abrogarsi, sia anatema.
[Concilio di Trento, Sessione XXII - Canoni sul Santissimo Sacrificio della Messa - §8]

Se qualcuno dirà che il rito della chiesa Romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da riprovarsi; o che la messa debba essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell’offrire il calice non debba esser mischiata l’acqua col vino, perché ciò sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia anatema.
[Concilio di Trento, Sessione XXII - Canoni sul Santissimo Sacrificio della Messa - §9]

Si potrebbe benissimo discutere della materia e della sostanza di queste proposizioni. Non sarei in grado di farlo io. Da semplice cattolico apostolico romano quale sono, mi basta però ricordare una cosa: se ci vogliamo definire cattolici, se vogliamo appartenere alla Chiesa cattolica (che è un onore!), questo è quello in cui crediamo. Se si vuole insegnare altro, perché si crede altro, si vada in altri luoghi (il mondo vi accoglie a braccia aperte). Risolviamo quest’angosciosa ed eretica dicotomia che non giova a nessuno e, tantomeno, salva nessuno.

Nessun commento:

Posta un commento