Una delle critiche che viene rivolta ai cattolici e che più di ogni altra i cattolici si rivolgono tra loro, è quella relativa ad un’annosa questione: il primato tra la forma e il contenuto. Ci sono quelli che reputano importante solo il contenuto, e quindi ogni forma esteriore è inutile se non dannosa, e quelli che, come il sottoscritto, reputano fondamentale anche la forma. Evidenzio l’”anche” per stroncare sul nascere ogni critica di formalismo e di bigottismo che mi si potrebbe facilmente rivolgere. Non prendo nemmeno in considerazione chi reputa fondamentale solo la forma, perché credo, essi siano una minoranza non rilevante, e perché lo scontro è tra i sentimentalisti del “l’importante, è la sostanza” e chi reputa importanti, in un cattolico et-et, sia la forma, che il contenuto. Se vi è capitato di affrontare quest’argomento, e siete tra chi non disprezza la forma, molto probabilmente vi sarà capitato di essere tacciati di tradizionalisti (con tutto il triste corollario politico di fascisti, ecc), bigotti, lontani dallo spirito del Vangelo. È tutto normale. Tutto normalmente sbagliato e perverso. Vediamo di capire il perché. Faccio un semplice esempio che reputo molto indicativo. Pensiamo al vino. Lo stesso vino lo possiamo bere in un bicchiere di plastica o in un bicchiere di vetro. Una persona normale preferirebbe sicuramente il bicchiere di vetro. Il vino è lo stesso, cambia la forma che lo contiene. Ancora di più un sommelier apprezzerebbe le caratteristiche di quel vino se lo potesse gustare in uno di quei bicchieri appositi da degustazione. In tutti e tre i casi, il vino, il contenuto, è lo stesso. Ma ci sono forme, i bicchieri, che ne permettono una migliore ricezione. Così vale anche per tutto il resto. Nella vita, così come nella fede. Abbiamo assistito nei decenni scorsi (per chi ha avuto la sfortuna di assistere a questa tortura della quale non si vede la fine) a uno smantellamento vero e proprio di tutto l’arredo sacro delle chiese e delle suppellettili. In nome di un’eretica concezione di povertà, si è andata impoverendo (questa sì) tutta la bellezza e la ricchezza che i nostri padri avevano costruito e custodito per permettere una sana e santa gloria di Dio. Abbiamo così assistito a Messe celebrate con bicchieri di carta o di terracotta piuttosto che calici d’oro. Abbiamo assistito a troni del celebrante, che durante le funzioni liturgiche agisce in Persona Christi, ridotti a semplici scranni o sedie. Abbiamo assistito alla distruzione di chiese (vedi il Duomo di Reggio Emilia) e alla costruzione di ambienti che tutto sono e tutto permettono tranne l’adorazione e il culto del Dio di Gesù Cristo. Abbiamo assistito al mutamento del modo di ricevere la Santa Eucarestia. Se tanto quello che conta è il modo di riceverla si può fare da seduti, in piedi, sdraiati o a gambe incrociate, sicuramente non in ginocchio. Eppure qui, come si suol dire, casca l’asino. Se davvero ci fossero questi benedetti contenuti che tanto si sbandierano, allora ci sarebbero anche le dovute forme. Se le forme non ci sono, deduco non ci sono nemmeno i contenuti. Se realmente credessimo che nell’Ostia consacrata c’è Gesù Cristo, non andremmo come si va a prendere il biglietto del cinema o del teatro (seppure il luogo in cui siamo sembra più un cinema o un teatro che una chiesa). Se realmente fossimo certi che il Papa è il Vicario di Cristo in terra, non ci scandalizzerebbero la tiara e la sedia gestatoria. Forme, certo. Rimovibili e modificabili, ma che producono importanti conseguenze. La crisi della fede dei tempi moderni non è dovuta solo agli attacchi del secolarismo e del relativismo imperanti. Soprattutto dipende da quest’abbandono di molte forme esteriori, che non erano semplici formalismi ma conseguenze di una fede che, lì realmente, c’era. Quelli che oggi vengono criticati come formalismi, erano e sono mezzi per permettere un sano fiorire della fede. Se della fede, della sostanza, di ognuno non possiamo giudicare, possiamo però riflettere e dubitare di essa in base alla forma che genera. Se la forma può essere una copertura ad una mancanza di contenuto, una scarsa o pessima forma è certamente garanzia dell’assenza della suddetta sostanza. Nostro Signore Gesù Cristo, tanto per attenerci al Vangelo, nell’episodio dell’obolo della vedova al tempio, di lei dice: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutti quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» [Mc 12, 43-44] La vedova dà tutto quello che ha, non il superfluo!, per la gloria di Dio, per il tempio. Noi riserviamo gli onori e gli ori ai politici, agli agitatori di folle, ai calciatori, ai cantanti, a noi stessi, a chiunque purché non sia Dio.
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