mercoledì 1 dicembre 2010

Tutto il chiasso che si sta facendo intorno alla riforma dell’università italiana rende evidenti alcuni paradossi, contraddizioni e ipocrisie di quella cultura dominante che incultura i giovani e li spinge, contro ogni buon senso, a sfilare in cortei per le strade e le piazze delle maggiori città. Perché parlo di paradossi, contraddizioni e ipocrisie? Perché tali sono i comportamenti di chi prima inneggia alla democrazia, al potere dal basso, al potere del popolo e poi quando questo si esprime (attraverso i suoi rappresentanti) se non ci va bene ci sentiamo autorizzati a manifestare. Innanzitutto mi lascia perplesso il valore e l’utilità delle manifestazioni. Spero che chi governa (destra o sinistra) sia abbastanza forte da non farsi condizionare da facoltà occupate, da manifestazioni di piazza, ecc. Penso che le manifestazioni servano più a sfogare le frustrazioni e gli animi ribelli di chi vi partecipa, piuttosto che contribuire seriamente alla discussione politica in corso. Dopodiché mi lascia molto perplesso il senso delle manifestazioni. Esse, si dice, sono espressione della volontà del popolo che si dissocia e protesta dalle decisioni prese dal governo di turno. Ma quel governo è il risultato della democrazia, della maggioranza degli elettori. La democrazia è il potere della maggioranza. Se la maggioranza ha proposto e approvato questa o quella determinata legge, perché ci dobbiamo opporre? La nostra preferenza l’abbiamo espressa nelle urne. Che senso ha, ancora, manifestare il nostro dissenso? Perché una minoranza (chi manifesta è sempre una minoranza) deve far prevalere con la forza le proprie idee? Si tradisce totalmente il senso della democrazia. Ce lo si dica chiaramente allora che la democrazia è solo fumo negli occhi. Che l’esperimento non ha funzionato ed anzi si è rivelato per l’esatto opposto di quello che si pensava. Si sbandiera sempre a destra e a manca che la democrazia è un bene. Lo si dà per certo più di quanto si dovrebbe dare per certa la Resurrezione di Gesù Cristo. Perché è un bene la democrazia? Perché permette a tutti di esprimersi mi si risponderebbe. Che tutti si possono esprimere è sempre un bene? Che un laureato in Lettere si esprima su questioni di economia, è un bene? Che un operaio si esprima su questioni di sociologia, politica, ecc, è un bene? La competenza dove la mettiamo? Competenza che non deve essere certificata da un pezzo di carta. Crederei più in un contadino che parla di agricoltura, che ad un uomo in giacca e cravatta che pontifica di agricoltura, quando l’unica terra che ha visto è quella scritta sul libro di scuola. Che tutti parlano di tutto porta al fatto che tutti parlano per niente. Perché il problema, nella democrazia, non sta solo nel parlare, ma anche nel votare. È lì che scatta la fregatura. L’ipocrisia. La democrazia è un sistema di governo tra i tanti. Di certo non il migliore. Altri sistemi avevano almeno la decenza di non farti credere di essere tu a decidere per il tuo bene, per il tuo futuro, per il tuo Paese. La democrazia invece fa questo. Ti illude. Ti fa credere che tu puoi determinare qualcosa. Invece non è così. In primis perché non è detto che ciò sia un bene (come detto sopra). E secondo perché non è la tua volontà a trasformarsi in legge, ma la volontà del più forte. Si veda tutta la folla che in questi giorni manifesta per le strade o che occupano le facoltà. Quanti di loro hanno davvero letto la legge proposta dal ministro Gelmini? Quanto di loro ci capiscono davvero, e possono rendersi conto di ciò che significa, di riforme, di università, ecc? Credo davvero pochi. Eppure questi pochi (giustamente o non) influenzano il resto degli studenti. E la democrazia va a farsi benedire. O forse sarebbe meglio dire “a maledire”. L’altra fregatura è quella che accennavamo all’inizio. Si professa il credo democratico e poi quando questo credo produce i suoi frutti si scende nelle piazze ad esprimere il proprio dissenso? A cosa ci ribelliamo? A quello che abbiamo partorito. A che serve tutto questo?

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