venerdì 26 novembre 2010

Del libro del Papa Luce del mondo si parla soltanto della questione preservativo, della questione omosessualità e della questione che il Papa può dimettersi. Per tutto il resto silenzio totale. Eppure è proprio quel resto a far emergere parole chiare, e proprio perché chiare, belle, limpide, fresche. Quelle parole che non sentiamo più comunemente, nemmeno dagli amboni delle nostre chiese, e di cui l’uomo, proprio l’uomo di oggi, ha drammaticamente bisogno. Ne è un chiaro esempio quanto il Santo Padre dice, a pag 47. Si parla degli scandali degli abusi sessuali da parte di sacerdoti e nello specifico l’intervistatore, Peter Seewald, “critica” al Papa non tanto lo scandalo degli abusi in quanto tale, ma la gestione che le autorità ecclesiastiche hanno avuto nei confronti di queste vicende. Ecco allora cosa dice Benedetto XVI: “È interessante, a questo proposito, quello che mi ha detto l’arcivescovo di Dublino. Diceva che il Diritto penale ecclesiastico sino alla fine degli anni Cinquanta ha funzionato; certo, non era completo – in molto lo si potrebbe criticare – ma in ogni caso veniva applicato. A partire dalla metà degli anni Sessanta semplicemente non è stato più applicato. Dominava la convinzione che la Chiesa non dovesse essere una Chiesa di diritto, ma una chiesa dell’amore; che non dovesse punire. Si spense in tal modo la consapevolezza che la punizione può essere un atto d’amore. In quell’epoca anche persone capaci hanno subito uno strano oscuramento del pensiero. Oggi dobbiamo imparare nuovamente che l’amore per il peccatore e l’amore per la vittima stanno nel giusto equilibrio per il fatto che io punisco il peccatore nella forma possibile ed appropriata. In questo senso nel passato c’è stata un’alterazione della coscienza per cui è subentrato un oscuramento del diritto e della necessità della pena. Ed in fin dei conti anche un restringimento del concetto di amore, che non p soltanto gentilezza e cortesia, ma che è amore nella verità. E della verità fa parte anche il fatto che devo punire chi ha peccato contro il vero amore.” Straordinario. Semplice. Evidente. Eppure c’è bisogno di dirlo, di sottolinearlo che l’amore non è solo il sentimento, il “ci vogliamo bene”, il chiudere gli occhi di fronte agli sbagli. Uno dei grandi mali dell’uomo contemporaneo non è tanto che non si parli d’amore, ma che si parla male dell’amore. E l’esperienza dell’amore che si fa quotidianamente non è quella che soddisfa, appaga ed esalta il cuore dell’uomo. Si pensa che l’amore debba essere perfetto, senza macchia, senza errori. Così come lo si è conosciuto, così debba rimanere. Eppure l’esperienza quotidiana ci dimostra come, in qualsiasi situazione, si insinui e si realizzi l’errore, lo sbaglio la macchia. Quello che da cristiani siamo chiamati e siamo privilegiati a fare è non il rassegnarsi a portare un abito sudicio, sporco, macchiato, strappato. Ma sappiamo che c’è una possibilità di lavare, ricucire, sistemare, pulire, quel vestito sporco. Farlo tornare nuovo. Non come prima (il tempo passa per tutti), ma nuovo. Una nuova creazione, una risurrezione. Così come ogni volta che usciamo da un confessionale non è che torniamo al giorno del nostro Battesimo. Rimaniamo nell’età che abbiamo. Ma veniamo rigenerati a immagine e somiglianza di Dio. Ritornando a quanto dice il Papa nel libro intervista con Peter Seewald è importante, quindi, capire che l’amore è anche saper dire no. Anche saper punire. In questo senso e in quest’ottica mi tornano alla mente le parole di Romano Amerio quando scrive: “L’errore fondamentale della pedagogia moderna è quello di credere che l’uso della punizione sia incompatibile con l’esercizio della carità e della benevolenza. Il castigo fu sempre considerato parte integrante dell’educazione dell’uomo. La Bibbia, nel libro dei Proverbi, insegna che “chi risparmia la verga odia i propri figli” e un antico detto ebraico dice che “le orecchie dell’adolescente sono sulla schiena””

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