martedì 13 luglio 2010

La notizia, di qualche giorno fa, è “stranamente” passata in sordina. L’uso dell’aggettivo “stranamente” è, ovviamente, ironico. La notizia è stata anche data da alcuni TG, ma non ha avuto la diffusione e l’interesse dell’informazione nazionale che meritava. Attenzione che invece viene rivolta sempre più spesso e sempre più volentieri alle notizie di cronaca e, soprattutto, a quelle di gossip. Così alcune notizie vengono tagliate fuori. Come quella in questione. La vicenda riguarda un islamico marocchino di trentasei anni, residente a Montecchio (in Emilia) che, arrestato dalla Polizia per aver picchiato la moglie, si giustifica affermando: "L'ho comprata con un regolare contratto e per il diritto del mio Paese sono a posto";. Roba da non credere, se non fosse l’agghiacciante realtà. Questa vicenda avrebbe dovuto riaprire, se non vi fosse sceso sopra un tremendo silenzio misto di menefreghismo e connivenza, il serio e mai risolto problema dell’accoglienza di persone di culture e religioni diverse che non accettano le nostre tradizioni e le nostre leggi. In nome di un certo dialogo (che sa tanto di sincretismo), che vuole tutte le culture e tutte le religioni uguali, o almeno di uguale valore, si evita di affrontare la spinosa faccenda della diversità. Non soltanto di costumi e di culto, ma proprio culturale e sostanziale. Vi sono differenze che non posso essere ignorate e che non possono essere rimandate o occultate in nome di una sana convivenza. Queste differenze non possono nemmeno essere risolte confidando in “rapporti di buon vicinato” che ogni uomo dovrebbe avere. Viene rimproverato sempre e solo agli occidentali di non saper accogliere l’”altro”, il “diverso”. Eppure andrebbe serenamente riconosciuto che è proprio l’”altro”, il “diverso”, a non voler essere accolto e a non voler accettare la diversità culturale e legislativa che vige nel Paese dove egli vuole risiedere. Il problema è serio e non è certo risolvibile in un articolo. Ma va affrontato. Dalla nostra classe dirigente, politica e intellettuale. Che invece di fare buon viso a cattivo gioco dovrebbe rendersi conto che non si sta più giocando, che la questione è diventata seria e non si può più rimandare. Naturalmente tutti coloro che sono pronti a stracciarsi le bibliche vesti quando la Chiesa Cattolica riafferma la sua dottrina sull’impossibilità del sacerdozio per le donne, in queste occasioni tacciano. Ed è un silenzio che pesa. Terribilmente. Pesa perché puzza tremendamente di paura; una paura che non rende certo merito a questi benpensanti, molti dei quali politici e giornalisti. Pesa oltretutto perché, spinge sempre più la nostra società occidentale verso il baratro. Un baratro scavato dalle nostre stesse mani che, per paura di essere attaccati dagli islamici, ci prepariamo anzitempo la tomba. Piuttosto che affrontare, magari anche violentemente, questa cultura della morte, preferiamo morire anzitempo. Meglio morire non lottando che vivere rischiando. Questo silenzio pesa, perché distrugge quella nostra cultura e quella nostra tradizione che, per il semplice fatto di essere nostra (e tessuta dal Cristianesimo), disprezziamo a prescindere.

Nessun commento:

Posta un commento