Ogni storia di draghi e
cavalieri che si rispetti contempla un drago cattivo, un cavaliere bello e
forte e una principessa bellissima da salvare. Anche questa storia, che vuole
nel suo piccolo farsi rispettare, conosce un drago, un cavaliere e una principessa.
Sulla cattiveria del drago nessuno ha mai dubitato; sulla forza e la bellezza
del cavalieri più o meno tutti; sulla principessa si è dubitato persino
esistesse. Ma andiamo con ordine.
C’era una volta, e per ogni
volta che un uomo nasce e cresce ci sarà sempre, un cavaliere e un drago.
Vivono entrambi nello stesso posto, come l’ombra con la figura che proietta, ma
vengono da posti diversi. Ed è per questo che il cavaliere cerca da sempre e
per sempre cercherà di farlo, di sconfiggere il drago. È una lotta serrata,
fatta di inganni e meschinità, di paure e le debolezze, errori, limiti e ferite
di ogni tempo. Il drago c’è, nessuno (a parte gli stolti) può negarlo. C’è chi
impara a conviverci trasformandosi anch’egli in bestia. C’è chi fa finta di non
vederlo, cedendo alle sue illusioni. C’è invece, e questi sono i cavalieri, chi
riconosce il drago come drago e in quanto cavalieri lo combattono. I cavalieri
sono tali perché hanno ricevuto l’investitura di uomini e non si sottraggono
dall’onere e dall’onore di combattere i draghi. La lotta è eterna perché eterna
è la provenienza del cavaliere, ma la lotta non è eterna perché non è eterna la
provenienza del drago. Ma per tutto il tempo che gli è dato di vivere, il
cavaliere deve combattere. E lo fa a volte in modo goffo e ridicolo, ma lo fa.
Altre volte si scaglia contro il drago in maniera spavalda e viene atterrato.
Perché il drago conosce meglio di chiunque altro il cavaliere e sa dove
colpirlo e dove accarezzarlo. Sì, i draghi sanno accarezzare. Ma le loro
carezze sono più dure di un colpo di lancia del cavaliere. Così come cresce il
cavaliere cresce anche il drago, ma non è sinonimo di rassegnazione, bensì di
maturazione. Il drago non si sconfigge uccidendolo (nella vita del cavaliere
egli non conosce la morte), ma combattendolo. La più grande arma che il
cavaliere ha è la determinazione. La più grande arma che ha il drago è quella
di convincere il cavaliere che non ce la farà, che la lotta è inutile perché il
drago non muore. Le vittorie non nascono sempre e solo dall’eliminazione
dell’avversario e dei problemi, ma dall’abilità di saperli tenere a distanza a
colpi di lancia e fendenti di spada. Bisogna essere allenati alla battaglia e
alla guerra. Il pacifismo dei nostri giorni uccide i cavalieri rendendoli
pagliacci, uccide il mito non potendo più raccontare storie, ma non uccide i
draghi. I draghi non si uccidono. I draghi bisogna imparare a tenerli a
distanza, a non cedere alle lingue di fuoco delle loro parole, anche se fossero
lusinghiere. Il vero cavaliere è determinato, ma non è quello che non cade mai.
Il vero cavaliere è al centro di sé stesso un signore, un principe, un vero
uomo. Come tale il cavaliere si interroga; la lotta contro il drago è una lotta
fatta di intelligenza, di domande, di volontà. Non è una battaglia di
sentimenti. Chi battaglia con i sentimenti o non è un uomo – e quindi nemmeno
un cavaliere – o è un drago. E chi battaglia con i sentimenti perde sempre. Il
drago è abile, non è uno stolto. Il drago sa aspettare e anche il cavaliere
deve imparare a farlo. Perché se è vero, ed è vero, che il cavaliere non ha
tempo, ha bisogno di tempo per istruirsi a combattere e ha bisogno di tempo per
imparare a sferrare i propri colpi contro il drago.
Ogni cavaliere ha una
principessa da salvare. I draghi non ne hanno. La lotta contro i draghi è per
salvare la principessa. Spesso si dubita dell’esistenza delle principesse
perché la lotta dei cavalieri contro i draghi è così lunga ed estenuante che si
crede spesso che non ci sia tempo per le principesse. Ma senza le principesse
le storie di draghi e cavalieri non si rispettano, diventano inutili. Se non
c’è qualcuno da salvare, da liberare dalle catene e dalle trappole dei draghi,
non c’è vita che valga la pena di vivere. Le principesse, tutte le principesse,
e quindi anche quella di questa storia, sono bellissime. Belle nella meraviglia
del loro pudore. Belle nella loro paziente e fiduciosa attesa del loro
cavaliere. Le principesse non dubitano mai e questa loro sicurezza viene dalla
regalità che le ha rese tali. I cavalieri non lottano per niente, ma per la
propria principessa. Per renderle regine e assegnare loro il regno della
propria vita. Perché non c’è possesso o regno che tenga di fronte alla promessa
di custodire l’anima di un prode cavaliere che ha speso e continuerà a spendere
la propria esistenza per permettere alla principessa di essere regina.
Spesso non si crede
all’esistenza delle principesse perché non si crede alla bellezza. Chi crede
alla bellezza sa che esiste, anche in posti lontanissimi, una principessa che
lo sta aspettando. Il cavaliere di questa storia ce l’aveva vicino, tanto
vicino da non vederla. Viveva nello stesso luogo del drago e del cavaliere, ma
viene da un posto diverso da quello del drago. E a volte il nostro cavaliere ha
lottato contro il drago solo perché convinto di doverlo uccidere; perché
convinto che la sua principessa non esisteva. Se ne era convinto perché aveva
creduto alle storie dei cavalieri brutti e deboli. Credeva di essere tale e
come tale da non avere la propria principessa da salvare. È vero che i
cavalieri brutti e deboli non hanno una principessa, ma non esistono cavalieri
brutti e deboli. Ogni cavaliere è bello e forte. Come quello di questa storia.
Come quello di ogni storia.
Bisogna raccontare questa storia
perché ogni uomo riconosca di essere un cavaliere bello e forte. E lotti come
solo lui sa fare per la propria principessa.
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