“Scrutate le
foglie di fico d’Adamo ed Eva e perlustrati gli angoli del loro giardino,
addentriamoci nella selva moderna con una prima tragedia: i 1.022 ebrei
deportati da Roma il 16 Ottobre 1943. Tra le righe dei vari autori che si sono
cimentati in queste pagine di “storia”, rinverremo un fiorire di frasi a
effetto:
[...] Pio
XII non è comparso bianco e ieratico alla Stazione di Trastevere per
mettersi davanti al convoglio fermo sul binario e impedirne la partenza,
così come era apparso tra la folla il giorno del bombardamento di San Lorenzo.
Il quartiere
popolare San Lorenzo di Roma fu colpito da cinquecento tonnellate di bombe
sganciate dagli alleati americani. Le vittime furono oltre duemila, perlopiù
donne e bambini. Non è in disputa il fatto che i bombardamenti degli alleati
siano serviti per liberare l’Italia dalle truppe tedesche, anche se il prezzo,
oltre a quello primario in vite umane, fu elevato anche sotto l’aspetto
secondario. Montecassino, l’abbazia più bella del mondo, fu ridotta a un
cumulo di macerie, sotto le quali finirono capolavori datati dal VII Secolo a
seguire. Poco resta delle ricchezze d’arte del centro storico di Milano,
finito raso al suolo quasi per intero. Numerosi furono i centri storici
semidistrutti o mutilati nel loro patrimonio artistico: nella Città di
Livorno, bombardata a tappeto, finirono in macerie l’antica cattedrale e la
sinagoga sefardita. Eppure tutto questo fu inevitabile e a chi giunse in
soccorso va la riconoscenza del Popolo italiano, in particolare all’alto
numero di soldati americani e britannici caduti nel suol patrio d’Italia per sconfiggere
il nazi-fascismo.
Intanto che
il Santo Padre taceva, anziché correre a fare l’utopista sui binari
ferroviari, alcune migliaia d’ebrei trovano rifugio in istituti religiosi
romani. Ma soprattutto dentro i Palazzi dei vari Dicasteri della Santa Sede.77
I Dicasteri Apostolici ubicati in palazzi eretti nelle varie zone del Centro
di Roma hanno una precisa caratteristica: sono protetti da immunità
diplomatica. Quegli stabili dislocati per Roma al di fuori delle mura vaticane
sono i palazzi ministeriali della Santa Sede e come tali riconosciuti inviolabili
dalle convenzioni internazionali. Pio XII nascose gli ebrei nella giurisdizione
del suo territorio nazionale, a partire dal Palazzo del Vicariato Apostolico
di San Giovanni in Laterano, Cattedra del Romano Pontefice in sua qualità di
Vescovo di Roma. Gli ebrei furono nascosti nella residenza privata del Santo
Padre a Castel Gandolfo, nell’area dei Castelli romani, luogo in cui i
pontefici si recano per le vacanze estive e anch’esso protetto da regime
d’immunità diplomatica. I tedeschi rastrellarono Roma per cercare gli ebrei
capitolini, all’epoca circa ottomila. Quando il 16 Ottobre iniziò il
rastrellamento dei nazisti, settemila ebrei della comunità romana non furono
trovati. La deportazione di mille persone fu parecchio traumatica per gli ebrei
dell’ Urbe, sicuri che nessuno
avrebbe osato toccarli a Roma, la Città del Papa, la Città Aperta sulla quale
vegliava il Gran Padre.
I gruppi
antifascisti romani, le poche autorità istituzionali rimaste a Roma, oltre al
Sommo Pontefice che governava sul minuscolo Stato Vaticano, privo d’armi e di
protezione militare, “accettando” con “indifferenza” la deportazione di mille
ebrei romani agirono tutti quanti non agendo. Potrebbe essere stato proprio
quello, l’unico modo attuabile per salvare altre migliaia di vite dall’identico destino? Le Catacombe
sull’antica Via Appia, affidate dalla Santa Sede alle cure dei Padri Salesiani,
beneficiano anch’esse del regime d’extraterritorialità; al loro interno furono
nascosti alcune centinaia d’ebrei. I tedeschi sapevano che gli ebrei erano
protetti dal Vaticano, ed erano informati che in diverse migliaia si trovavano
nascosti nelle strutture cattoliche. Gli ebrei trovarono asilo anche dentro il
territorio dello Stato del Vaticano, dove tra i diversi rifugiati ebbero
protezione il Gran Rabbino di Roma e vari notabili della comunità ebraica
capitolina. Era dunque il caso di aizzare i nazisti con quelle denunce e con
quelle corse sui binari di cui oggi molti lamentano l’assenza con demagogica
disonestà storica?
Appena i
nazisti occuparono Roma, chiesero alla comunità ebraica un riscatto di
cinquanta chili d’oro, in cambio del quale nessuno avrebbe fatto alcun male
agli ebrei. Il 26 Settembre 1943 Gennaro Cappa, capo per i servizi della razza
della questura romana, informò Dante Almansi e Ugo Foà, dirigenti della
comunità ebraica romana ed entrambi già funzionari di spicco del regime
fascista sino al 1938, che nel pomeriggio si potevano recare presso Villa
Volkonsky, dove li aspettava il tenente colonnello tedesco Herbert von Kappler.
L’ufficiale li informò che se entro trentasei ore versavano quanto richiesto,
nessuno avrebbe fatto loro alcun male, in caso contrario sarebbero stati
deportati duecento ebrei.78 Il Gran Rabbino di Roma si recò in
Vaticano dove ottenne l’aiuto della Santa Sede, che si offrì d’aggiungere la
quantità mancante qualora gli ebrei non fossero riusciti a mettere insieme
l’oro richiesto in così breve tempo. I chili mancanti offerti dal Vaticano
furono quindici. La Santa Sede conferma il fatto aggiungendo che vi fu l’interessamento
diretto di Pio XII:
[...] Gli
ebrei riuscirono a raccogliere con fatica solo trentacinque chili. Il Rabbino
Capo si reca in Vaticano e parla con un impiegato laico, di nome Nogara.
Ovviamente costui non poteva disporre di tal somma e si mette in contatto con
il Papa. Pio XII si offre subito di versare quella cifra. Risulta poi che attraverso
i contributi di personalità cattoliche i cinquanta chili vennero raggiunti
senza dover ricorrere alla buona volontà del Vaticano, che pure fu disposto da
subito a contribuire [...].
L’oro fu
consegnato in tempo ai tedeschi in Via Tasso; ci fu perfino un’eccedenza
trattenuta dai capi della comunità ebraica, donata nel dopoguerra allo Stato
d’Israele.80 Ma anche l’affare dell’oro di Roma diverrà in seguito
oggetto di polemiche e smentite. Anzitutto andrebbe stabilito cosa pensare del
Gran Rabbino di Roma, che sin dal 29 Ottobre 1943 riferisce della raccolta,
confermando d’essersi recato di persona in Vaticano81 dove ricevette
subito la disponibilità della Santa Sede.
[…]
... ricevuto il pagamento dei cinquanta
chili d’oro richiesti agli ebrei romani, i nazisti non mantennero fede alla
parola. Il mondo politico tacque, ma non tacque il
Vaticano. Appena il 16 Ottobre fu informato della cattura degli ebrei, Pio XII
telefona al Segretario di Stato, Cardinale Luigi Maglione, che convocò
l’Ambasciatore di Germania Ernst von Weizsàcker, chiedendogli se il Governo del
Reich era uso mantenere fede a quel modo alla parola data. Come sarebbe stato
possibile agire davanti alla forza tedesca, se non reclamando il rilascio dei
catturati? Il pontefice dette incarico anche a Padre Pancrazio Streiffer di
recarsi dal comandante tedesco, Generale Rainer Stahel, per invitarlo a fermare
l’operazione. Per tutta risposta ottenne solo un breve ritardo nella partenza
del convoglio ferroviario.83 Altri non chiesero nulla, né si
mossero per mettere in salvo gli ebrei. Questi fatti dovrebbero guidare a serie
riflessioni quando un diplomatico di rango scrive in una sua recensione
storica:
[...] in
quei momenti terribili il Papa trovava il tempo di dedicarsi agli studi biblici
e ammetteva la possibilità che anche il testo ebraico potesse essere modificato
[…] forse c’era anche l’idea che gli ebrei in Europa stavano scomparendo e quindi
una modifica dei testi sacri in ebraico avrebbe provocato meno proteste [...]
mentre si avvicina la razzia contro gli ebrei, la Santa Sede moltiplica i passi
ma in una sola direzione: salvare Roma [...].
È singolare
che le responsabilità di quei giorni siano oggi riversate tutte su Pio XII,
che al contrario di chi tacque “nulla potendo” ordinò al clero dell’ Urbe di aprire le porte agli ebrei
perseguitati. In quei giorni le nunziature apostoliche della Santa Sede in
Europa si attivano in soccorso degli ebrei perseguitati. Chi dette simili
ordini ai diplomatici del Vaticano preposti a rappresentare il Sovrano
Pontefice presso i vari governi europei?
Il diplomatico
seguita a narrare:
[...] io
stesso sono stato salvato al Collegio San Leone Magno dei Fratelli Maristi di
cui era preside allora Don Alessandro Di Pietro che ospitò una ventina di
ragazzi ebrei e una decina di adulti antifascisti. Egli è stato onorato il 30
Gennaio 2002 dal Yad Vashem di Gerusalemme, del titolo di Giusto [...] è difficile
capire se queste fossero iniziative personali e locali indipendenti dalle
istruzioni papali o se Pio XII avesse inviato degli ordini o anche solo delle
raccomandazioni che vennero attuate dal clero [...].
Instillare i
dubbi spesso è più scorretto che negare l’evidenza. E così difficile
comprendere se queste siano state iniziative personali e locali indipendenti
dalle istruzioni papali? Proprio non si capisce chi dette ordine d’aprire le porte
dello Stato del Vaticano, oltre a quelle di San Giovanni in Laterano,
dell’Abbazia di San Paolo fuori le mura, dei Dicasteri della Santa Sede, delle
Catacombe, della residenza privata del papa a Castel Gandolfo, per citare solo
gli stabili coperti da immunità diplomatica? La deportazione degli ebrei romani
è un fatto straziante, se tale non era si poteva fugare ogni dubbio a Sua
Eccellenza l’Ambasciatore narrando che a dare ordini in tal senso fu il
sacrestano della Basilica annessa al Palazzo Apostolico del Laterano, che in
complotto col giardiniere di Castel Gandolfo a sua volta istigato dal becchino
delle Catacombe, nascose gli ebrei anche nella dimora estiva del pontefice. Il
tutto fu reso possibile dal fatto che Pio XII era distratto, poiché preso a
studiare la Bibbia nel vivo desiderio di riformarla, tanto “gli ebrei in
Europa stavano scomparendo” e da lì a poco si sarebbero estinti. Nel
frattempo, chi da bimbo fu salvato, anziché da gratitudine rimane assillato da
dubbi irrisolti: “... è diffìcile capire se queste furono iniziative personali
e locali indipendenti dalle istruzioni papali”. La recensione storica termina
con queste parole:
[...] Se Pio
XII fosse stato il sovrano di uno Stato qualsiasi si potrebbe giustificare il
suo atteggiamento con la strenua difesa degli interessi politici del suo Stato.
Ma egli pretendeva di essere il capo di una entità morale è sotto questo
aspetto il suo operato lascia molto a desiderare. Il problema della moralità si
pose ancora prima della fine della Seconda Guerra mondiale e Pio XII volle
ricostruire i rapporti fra Chiesa e Nazismo già il Giugno 1945 nel suo discorso
al Collegio cardinalizio. Egli ribadì la moralità della sua azione durante la
guerra che stava per finire e creò allora il mito della Chiesa “vittima” del Nazismo,
insistendo sulla “dolorosa passione della Chiesa sotto il Nazionalsocialismo”.
Anche il Papa attuale, Giovanni Paolo II, ha ripreso il tema della Chiesa
vittima del Nazismo […]
Per quanto
riguarda il concetto di “entità morale” è necessario ricordare che gli Stati
civili si fondano tutti su principi etici e morali, almeno dalla fine del
Settecento e dalla promulgazione della Carta dei Diritti dell’Uomo. Fatto salvo
che i principi d’uguaglianza, libertà e fraternità, il rispetto della vita e
della dignità di qualsiasi uomo e d’ogni popolo di questa terra vadano intesi
solo come affari da letteratura poetica, piuttosto che come modelli etici dell’Illuminismo
moderno, dai quali sorsero in cultura e diritto tutti i paesi civili del mondo.
Certi stili di pensiero potrebbero richiamare alla memoria quei cinici
pensatori pronti a ponderare che la politica può essere fatta senza rispetto
etico e morale dei diritti umani solo quando riguarda i supremi interessi del
proprio Stato, pagati sulla pelle della popolazione civile palestinese stipata
da mezzo secolo dentro i Campi profughi. Al mondo, vi sono stati paesi non
eletti e non privilegiati, che per molto meno si sono fatti anche tre o quattro
decenni di embargo.
Alcuni dei
giovani ebrei che trovarono rifugio dentro le mura del Vaticano furono vestiti
da Guardie Svizzere Papali. A svariati ebrei del Nord-Est Europa fuggiti in
Italia per salvarsi dalle mattanze in corso nei loro paesi, il Governatorato
della Città del Vaticano rilasciò regolari documenti della Santa Sede facendoli
figurare gendarmi della Guardia Pontificia.87 Può essere che
l’unico a non saperne nulla fosse solo Pio XII? Lamentare che il Santo Padre
non corse alla Stazione ferroviaria a fermare il treno carico d’ebrei, vuol
dire dunque fare del populismo ciarliero, semmai omettendo la lunga lista di
potenti che su quei binari non corsero. Forse perché facevano parte di Stati
che non erano Enti Morali? O forse perché questi Stati, all’epoca silenti, oggi
sono tanto utili alla politica del moderno Stato d’Israele, oltre che prodi
difensori dell’ideologia sionista? Dovere
e decoro dovrebbero indurre a fare il resoconto completo di tutti i Capi di
Stato che sapevano più di quanto non sapesse Pio XII che, pur tacendo per non
aggravare la tragedia in corso, nascose gli ebrei anche in casa propria; cosa
che nessun altro Capo di Stato fece.”
[Ariel Levi di Gualdo – Erbe amare]
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