Questo uno degli interventi di mons. Mogavero a
Ballarò (qui
l’intervento completo). Appena l’ho ascoltato ho ripensato alle parole della
Scrittura qui esposte dal card. Giacomo Biffi:
A prevenire ogni malinteso e ogni
lettura accomodante l’Apostolo prosegue in un’analisi che impressiona,
formulata con termini insolitamente espliciti:
«Per questo Dio li ha abbandonati
a passioni infami; infatti le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali
in quelli contro natura. Egualmente anche i maschi, lasciando il rapporto
naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri,
commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la
retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover
conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata
ed essi hanno commesso azioni indegne» (Rm
1,26-28).
Infine san Paolo si premura di
osservare che l’abiezione estrema si ha quando «gli autori di tali cose [...]
non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa» (Rm 1,32).
E una pagina del libro ispirato, che nessuna autorità terrena può
costringerci a censurare. E neppure ci è consentita, se vogliamo essere fedeli alla parola di Dio, la pusillanimità
di passarla sotto silenzio per la preoccupazione di apparire non “politicamente
corretti".
Tre affermazioni
A ben guardare, troviamo in questa
esposizione una triplice delucidazione.
In primo luogo, si condannano
apertamente le pratiche erotiche in esame. Sono definiti «atti ignominiosi»
(v. 27), «azioni indegne» (v. 28), frutto di «passioni infami» (v. 26).
In secondo luogo, contro la
“cultura dell’omosessualità”, si osserva che l’aberrazione suprema si ha quando
«gli autori di tali cose [...] non solo le commettono, ma anche approvano chi
le fa» (v. 32).
In terzo luogo, abbiamo qui una
inattesa formulazione di “teologia della storia”, che san Paolo ricava da ciò
che è avvenuto nel mondo ellenistico: il dilagare della “ideologia
dell’omosessualità” è al tempo stesso la prova e la conseguenza dell’esclusione
di Dio dall’attenzione sociale e dalla assurda renitenza a dargli la gloria che
gli spetta (v. 21).
Potremmo dire che, secondo questa prospettiva, la “ideologia della
omosessualità” non è solo una colpa: è anche un castigo, il castigo inflitto a
un’umanità che ha deciso di far senza il suo Creatore e di estrometterlo dai
suoi pensieri. «Così hanno ricevuto in se stessi la retribuzione dovuta al
loro traviamento» (v. 27).
Una prospettiva oggi viva
Ciò che san Paolo rilevava come
avvenuto nel mondo greco-romano, si dimostra profeticamente corrispondente a
ciò che si è verificato nella cultura occidentale di questi ultimi secoli: il
ripudio teorizzato del Creatore — fino a proclamare grottescamente, qualche
decennio fa, la “morte di Dio” — ha avuto come conseguenza (e quasi come
intrinseca punizione) un dilagare di una visione sessuale aberrante, ignota
(nella sua arroganza) alle epoche precedenti.
Un attentato alla libertà umana
L’ideologia dell’omosessualità —
come spesso capita alle ideologie quando si fanno aggressive e arrivano a essere
politicamente vincenti — diventa un’insidia alla nostra legittima autonomia di
pensiero: chi non la condivide rischia la condanna a una specie di emarginazione
culturale e sociale.
Gli attentati alla libertà di giudizio cominciano dal linguaggio. Chi non
si rassegna ad accogliere la “omo-filìa” (cioè l’apprezzamento teorico dei
rapporti omosessuali), viene imputato di “omofobia” (etimologicamente la
“paura dell’omosessualità). Deve essere ben chiaro: chi è reso forte dalla luce
della parola ispirata e vive nel “timore di Dio”, non ha paura di niente, se
non della “stupidità” nei confronti della quale, diceva Bonhoeffer, siamo senza
difesa. Adesso si leva talvolta contro di noi addirittura l’accusa
incredibilmente arbitraria di “razzismo”: un vocabolo che, tra l’altro, non ha
niente a che vedere con questa problematica; e in ogni caso è del tutto
estraneo alla nostra dottrina e alla nostra storia.
Il problema sostanziale che si
profila è questo: è ancora consentito ai nostri giorni essere discepoli fedeli
e coerenti dell’insegnamento di Cristo (che da millenni ha ispirato e
arricchito l’intera civiltà occidentale), o dobbiamo prepararci a una nuova
forma di persecuzione, promossa dagli omosessuali faziosi, spalleggiati dai
loro complici ideologici, col beneplacito di coloro che avrebbero il compito di
difendere la libertà intellettuale di tutti, perfino dei cristiani?
Un silenzio ingiustificato
Concludiamo con una domanda.
Come mai in questo clima di
esaltazione quasi ossessiva della Sacra Scrittura il passo paolino della Lettera ai Romani (1,21-32) non è mai
citato da nessuno? Come mai non ci si preoccupa un po’ di più di farlo
conoscere ai credenti e ai non credenti, nonostante la sua evidente attualità?
[G. Biffi – Dodici digressioni di un italiano cardinale]
Per non parlare del fatto che il Catechismo
contempla gli atti omosessuali come il peccato impuro contro natura ed è uno
dei quattro peccati che grida vendetta al cospetto di Dio. Sempre il Catechismo
chiosa dicendo: “In nessun caso possono
essere approvati”. Mons Mogavero è di un’altra opinione.
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