Il Parlamento europeo ha approvato il rapporto Lunacek, ossia
la «Relazione sulla tabella di marcia dell’Ue contro l’omofobia e la
discriminazione legata all’orientamento sessuale e l’identità di genere» (Gianluca
Veneziani, Libero del 5 febbaio 2014, pag 5). Si tratta, tra le altre cose, di «presentare proposte per il riconoscimento
reciproco degli atti di stato civile nell’Ue, compresi matrimoni, unioni
registrate e riconoscimento giuridico del genere» e «prendere tutte le necessarie misure legislative e amministrative per
assicurare ai gay il diritto di formarsi una famiglia, inclusa l’adozione e la
fecondazione assistita eterologa». Ora, in assoluta tranquillità e
obiettività, è chiaro che quanto prima (sarà una questione di anni, ma è
inevitabile) queste leggi verranno approvate anche in Italia. Se da una parte,
infatti, il nostro Paese gode di un senso di inferiorità rispetto a qualunque
altro Paese (tanto che più volte i nostri politici hanno espresso il desiderio
di cedere un po’ di sovranità), dall’altra è evidente che se si fa parte di una
comunità economica e politica, prima o poi bisogna conformarsi. Fa parte delle
regole del gioco. Se solo si ipotizzasse di uscire dall’Unione Europea le
conseguenze economiche internazionali sarebbero drammatiche (ci ricordiamo
tutti lo stato di terrore inflittoci con la storia dello spread). Questa si
chiama associazione mafiosa, visto che siamo facilmente ricattabili, ma tant’è.
Oltretutto anche in Italia c’è gente che è convinta che il rapporto Lunacek o
qualsiasi altro intervento legislativo in merito sia sacrosanto e più che
doveroso. L’Italia, probabilmente complici secoli di Stato Pontificio e
l’attuale presenza del Capo della Chiesa cattolica, è sempre rimasta indietro
(a detta di costoro) sulle questioni dei diritti civili. Registro che: a) siamo
in una comunità economico-politica e che quindi essendoci sottomessi ad essa
bisogna prenderne i vantaggi come gli svantaggi e b) la virilità dei politici
(e dei vescovi che potrebbero e dovrebbero far sentire la propria voce in
merito) è quella che è; concludo che prima o poi (saranno mesi o anni non lo
so) anche in Italia avremo queste leggi.
A
questo punto, però, mi faccio qualche domanda. E la rigiro agli estensori,
promotori e difensori di tali leggi, specie a quelli italiani che magari
possono assumersi, con disgusto, l’onere di rispondermi. Fatemi capire: avete
sempre gridato allo scandalo delle ingerenze vaticane nelle questioni politiche
italiane e ora, che le ingerenze sono europee, nessuno dice niente? Vi
scandalizzano le tonache? Guardate che preti, vescovi e cardinali da qualche
decennio si vestono da manager e forse sono più eleganti dei parlamentari
europei. Non sarà che forse le ingerenze sono tali solo quando non
corrispondono alle vostre ideologie? E allora se foste uomini e non marionette
nelle mani del padrone di turno, dovreste rispondere sui fatti, non frignando
perché qualcuno viene a mettere bocca negli affari di casa vostra. Perché sta
accadendo lo stesso oggi, solo che ora siete festanti e gaudenti.
Altra
domanda: quando questo potere finirà (non in questa generazione è chiaro e
forse nemmeno nella prossima), siete coscienti che i vostri figli (se sarà
ancora possibile farli) si troveranno sotto la tirannia (perché questa sarà la
forma di governo) di un potere probabilmente molto meno mascherato di quello
attuale e molto meno “invasivo” dell’attuale? Siete coscienti che le mode del
mondo cambiano come cambiano gli umori degli uomini e che quindi prima o poi
tutte queste vostre battaglia verranno cestinate nel gabinetto di un altro
potente? Senza una verità, un metro di giudizio razionalmente condivisibile da
tutti, il destino è questo: cambieranno i padroni, ma saremo sempre schiavi.
La
domanda che invece mi preme di più è: cosa potrò dire alla mia adorabile
figlioccia? Non sono padre (sapete, non sono ancora marito e per me certe cose
hanno una consequenzialità), ma ho l’onore di essere il padrino (se trovate
qualche prete non allineato fatevi spiegare che significa) di una fantastica
bambina. Potrò dirle che gli uomini nascono dall’unione di un uomo e di una
donna? Potrò dirle che le persone quando nascono sono uomini o donne e che si è
tali perché così si nasce e non perché lo si sceglie? Chiamatela natura, caso,
Dio o come vi pare, ma non siamo noi a scegliere il sesso; quando proviamo a
sceglierlo (con danni devastanti che nessuno ha l’onestà di raccontare) ci
sostituiamo alla natura, al caso o a Dio, ma è un arbitrio, una mistificazione
della realtà. Potrò dire alla mia figlioccia che se è riuscita a crescere
serenamente è perché ha avuto la grazia (o la fortuna, fate voi) di nascere in
un periodo storico in cui ancora la famiglia è ancora composta da un padre e da
una madre (bravi o incapaci che siano, ma sempre un uomo e una donna)? Potrò
dirle che la prima parola che ha detto è stata mamma o dovrò mentirle e dirle che è stata genitore1 (o 2? come si stabilisce?) perché altrimenti finisco in
carcere? Non che me ne freghi molto di essere internato (per motivi laici o
ecclesiali credo che la mia fine sarà quella), ma nei suoi confronti ho una
responsabilità da esercitare e vorrei capire, grazie alle vostre politiche,
come potrò esercitarla.
Perché
vedete, questo è l’aspetto più patetico della vicenda, vi riempite la bocca di
belle parole, vi commuovete di ideali e vi ergete a paladini della libertà, ma
chi la pensa diversamente da voi (e non a torto!) lo etichettate con
l’infamante accusa di omofobo, di discriminatore. Sono omofobo e
discriminatore se dico che i bambini non nascono da due uomini o da due donne?
Sono omofobo e discriminatore se dico che rispetto la natura e i bambini li
faccio crescere con un padre e una madre? Sono omofobo e discriminatore se dico
che gli uomini non possono volare? Sono omofobo e discriminatore se dico che i maschi
non hanno l’utero? Sono omofobo e discriminatore se dico che le penne nere non
scrivono in rosso? Perché se la risposta è sì, aspetto con ansia le leggi che
mi permettano di volare, di avere l’utero e di scrivere in rosso con una penna
nera. Quando ci riuscite a colpi di decreti legge fatemi sapere, nel frattempo
(finchè avrò la libertà di farlo) vado ad abbracciare la mia figlioccia.
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