sabato 11 gennaio 2014

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
[Mt 3, 13-17]

A proposito di Battesimo, invece di un mio commento, riporto degli estratti dal Catechismo Tridentino. So che ciò può urtare quei laici e quei pastori che rifuggono da ogni sicurezza dottrinale, ma io invece, cattolico, della sicurezza dottrinale ne faccio un vanto. Per cui, oltre che mostrare gli errori della moderna perniciosa predicazione, conviene sovente proporre la parte positiva della dottrina. Questo è tanto più necessario proprio per la terribile carenza di sana predicazione da parte di chi di dovere.

* * *

Disposizioni per il Battesimo: l’intenzione e la fede.

Il popolo inoltre dovrà essere istruito sulle di­sposizioni di coloro che devono ricevere il Battesimo.
In primo luogo è necessario che vogliano e si propon­gano positivamente di riceverlo. Nel Battesimo l’uomo muore al peccato, e assume una nuova regola e una nuova forma di vita. È dunque ragionevole che esso non venga amministrato ai riluttanti o a chi non lo desidera, ma so­lamente a coloro che vi si accostano con animo spontaneo e lieto. Una santa e costante tradizione vuole che a nes­suno venga impartito il Battesimo, se prima non è stato interrogato sulla sua volontà di riceverlo.
Non si deve però pensare che tale volontà manchi in fanciulli ancora privi di parola; non vi può esser dubbio infatti sulla volontà della Chiesa che s’impegna per essi. Invece non si devono battezzare, se non in pericolo di morte, i pazzi e i furiosi che, dopo essere stati consa­pevoli di sé, persero poi la ragione, senza poter riscon­trare in essi alcuna volontà di ricevere il Battesimo. Qua­lora vi sia pericolo di vita, se manifestarono in qualche modo tale volontà prima di impazzire, siano battezzati; se no, si tralasci ogni amministrazione di Battesimo. Lo stesso dicasi di chi è in coma. Infine, secondo l’esplicita e autorevole consuetudine della Chiesa, coloro che non ebbero mai l’uso della ragione e mai furono coscienti di sé, potranno essere battezzati come i bambini privi di ragione, sulla fede della Chiesa stessa. Oltre la volontà del Battesimo e per le medesime ra­gioni, è pure necessaria, al conseguimento della grazia sa­cramentale, la fede. Infatti il nostro Salvatore ha detto: Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo (Marc. XVI, 16).

Lo stimolo della concupiscenza non è soppresso.

Ma nel medesimo punto il Concilio ribadisce autorevolmente che nei battezzati sussiste ancora il fo­mite della concupiscenza. Esso però non possiede alcun carattere di peccato. Secondo la sentenza dello stesso san- t’Agostino i pargoli sono nel Battesimo assolti dal reato della concupiscenza, ma questa rimane per lo svolgimento della lotta morale. E altrove scrive: Il reato della concu­piscenza è cancellato col Battesimo; l’infermità rimane. Infatti la concupiscenza, che deriva dal peccato, altro non è che il moto dell’animo naturalmente in contrasto con la ragione. Ma questa tendenza è del tutto immune da pec­cato, se non reca con sé l’assenso volontario o una negli­genza di sorveglianza (Ritr. I, 15, 2). E quando S. Paolo scrive: Avrei ignorato la concupiscenza, se la Legge non mi avesse imposto di non aver cupidigie (Rom. VII, 7), intende parlare non del vigore della concupiscenza, ma del vizio della volontà.
San Gregorio formulò la stessa dottrina, scrivendo: Nessuna teoria è più anticristiana di quella che sostiene la sola superficiale scomparsa dei peccati nel Battesimo. Il sacramento della fede trae l’anima all’adesione con Dio, libera radicalmente dai vincoli del peccato (lib. XI, Lett. 45). E a sostegno della sua dichiarazione invoca le parole del Salvatore: Chi è lavato, non ha bisogno di lavarsi che i soli piedi, ed è tutto puro (Giov. XIII, 10).
Chi vuole un’immagine espressiva e limpida di questa verità, rifletta alla storia del lebbroso Naaman siro. Narra la Scrittura che, bagnatosi sette volte nel Giordano, guarì così completamente della sua lebbra, che la sua carne sembrava la carne di un fanciullo (IV Re, V, 1).
Perciò l’effetto specifico del Battesimo è il perdono di tutti i peccati, contratti per vizio di origine, o per nostra colpa. Tralasciando ogni altra testimonianza, ri­corderemo come il Principe degli apostoli dichiari espli­citamente che appunto per questo esso fu istituito dal nostro Signore e Salvatore: Pentitevi e ognuno di voi sia battezzato nel nome di G. Cristo, per ottenere il perdono dei peccati (Atti, II, 38).

Condono delle pene dovute ai peccati.

Col Battesimo non solo vengono rimessi i pec­cati, ma vengono pure benignamente condonate da Dio tutte le pene dovute alle colpe. Infatti se tutti i sacra­menti sono mezzi, mediante i quali viene comunicata l'ef­ficacia della passione di G. Cristo, del solo Battesimo l’A­postolo disse che, ricevendolo, moriamo e siamo sepolti con G. Cristo (Rom. VI, 3). In base a ciò la Chiesa ha sempre sostenuto che non è possibile, senza grave offesa al sacramento, imporre al battezzando quelle opere di pietà, che con parola corrente i santi Padri chiamarono opere satisfattorie. Né ciò è in contrasto con l’uso dell’antica Chiesa, la quale un tempo imponeva agli Ebrei che chiedevano il Battesimo un digiuno di qua­ranta giorni. Con questa imposizione infatti la Chiesa non intendeva far compiere un’opera di' soddisfazione, ma semplicemente ammonire gli aspiranti al Battesimo a concepire venerazione per la dignità del sacramento, de­dicandosi per un periodo di tempo ad assidui digiuni e preghiere.
È certo dunque che il Battesimo condona le pene dei peccati. Nessuno però viene esentato dalle pene, cui sia stato condannato in virtù di sentenze civili, per qualche grave delitto. Chi è degno di morte, non sfuggirà, in vista del Battesimo, alla pena fissata per legge. Ma sarà sempre degna della più ampia lode la mitezza religiosa di quei sovrani, i quali, per aggiungere decoro alla gloria di Dio nei sacramenti, faranno grazia in tal caso ai rei e ai condannati. Inoltre il Battesimo ci libera, dopo il corso di questa vita, da tutte le pene inflitte per il peccato di origine. Noi infatti acquistammo il diritto a questa liberazione in virtù della morte del Signore. Ora, nel Battesimo, come abbiamo detto, noi moriamo con lui. Se, come dice l’A­postolo, siamo stati innestati in lui nella somiglianza della sua morte, lo saremo anche in quella della resur­rezione (Rotti. VI, 5).

Nessuna esenzione dalle miserie della vita.

Potrà chiedere qualcuno: perché subito dopo il Battesimo non siamo liberati, anche in questa vita, dai mali scaturiti dalla colpa, e reintegrati in quel perfetto stato di vita goduto da Adamo, primo padre degli uomini, antecedentemente al peccato? Perché non compie questa trasformazione quel santo lavacro? Due ragioni possono addursi in risposta.
La prima è questa: noi, congiunti mediante il Batte­simo al corpo di Cristo e divenuti suoi membri (Efes. V, 30), non potevamo essere insigniti di una dignità mag­giore di quella, che è stata conferita al nostro capo. Ora N.S. G. Cristo, per quanto in possesso fin dalla nascita di ogni pienezza di grazia e di verità (Giov. I, 14), tut­tavia non depose la fragilità della natura umana, da lui assunta, prima di avere affrontato i tormenti della pas­sione e la morte, risorgendo poi alla gloria della vita im­mortale. E allora, qual meraviglia se i fedeli, già in pos­sesso della grazia della celeste giustizia in virtù del Bat­tesimo, continuano ad essere rivestiti di un corpo fragile e caduco; e sono costretti ad affrontare copiose sofferenze per Cristo, a subire la morte e aspettare il ritorno in vita, per essere degni di godere con lui in sempiterno?
Ed ecco la seconda ragione per cui in noi rimangono anche dopo il Battesimo la debolezza del corpo, le ma­lattie, il sentimento del dolore, i moti della concupiscenza. Ci si volle lasciare un’abbondante messe di possibili me­riti, per conseguire più ricco frutto di gloria e più ma­gnifici premi. Quando infatti tolleriamo con pazienza gli incomodi della vita e con l’aiuto di Dio sottoponiamo i malvagi istinti del nostro essere al giogo della ragione, dobbiamo farci forti della speranza che se avremo com­battuto come l’Apostolo la buona battaglia, se avremo compiuto la corsa e conservata la fede, il Signore, giusto giudice, ci darà la preparata corona della giustizia nel giorno destinato (II Tim. IV, 7).
Così del resto il Signore trattò i figli di Israele. Li liberò dalla servitù degli Egiziani, sommergendo nel mare il Faraone e il suo esercito; ma non li introdusse subito nella terra beata della promessa; anzi, li sottopose in an­tecedenza a molte e amare prove (Esod. XIV, 24). E an­che dopo averli messi in possesso della terra promessa, pur scacciando dalla loro dimora i primi abitanti, lasciò qualche popolo che non fu possibile distruggere, perché così non mancasse mai al popolo di Dio l’occasione di esercitare la sua fortezza e il suo coraggio bellico (Giudic. III, 1).
Inoltre, se attraverso il Battesimo, oltre i doni celesti che fregiano l’anima, venissero elargiti anche beni cor­porali, si potrebbe sospettare che molti l’avrebbero chiesto più per i vantaggi della vita presente, che per la sperata gloria della vita futura (II Cor. IV, 18). Il Cristiano in­vece deve avere sempre dinanzi agli occhi non i falsi e caduchi beni sensibili, ma i veri ed eterni, che sono in­visibili.
Del resto anche l’attuale vita, satura com’è di miserie e di dolori, non manca di gioie e di soddisfazioni. Dopo che il Battesimo ci ha innestati a Cristo come tralci al ramo (Giov. XV, 5), non c’è nulla di più dolce e desi­derabile che prendere volenterosamente la croce sulle spal­le e seguire le sue orme. Nulla di più degno che superare coraggiosamente fatiche e pericoli, per conseguire con ogni sforzo il premio della divina chiamata. Essa sarà per alcuni l’alloro della verginità, per altri la corona della dottrina e della predicazione, la palma del martirio, o l’insegna trionfante di qualsiasi altra virtù (Apoc. VII, 9, 14; Dan. XII, 3). Simili titoli d’onore non potrebbero essere distribuiti, se in antecedenza non avessimo attra­versato questa vita di amarezze e combattuto vittoriosa­mente l’aspra battaglia.

Effetti del Battesimo: infusione della grazia santificante e delle virtù.

Per tornare agli effetti del Battesimo, i Pastori dovranno far comprendere come, in virtù di questo sa­cramento, non solo siamo liberati da quei mali, che ve­ramente sono i più gravi, ma siamo anche arricchiti di singolari privilegi e favori. Infatti l’anima viene ricolmata della grazia che ci solleva alla dignità di giusti, di figli di Dio, di eredi dell’eterna salvezza. Sta scritto: Chi avrà creduto e sarà battezzato, si salverà (Marc. XVI, 16). E l’Apostolo dichiara che la Chiesa è purificata nel lavacro dell’acqua, accompagnato dalla parola di vita (Efes. V, 26).
Si tratta di una grazia, che, secondo la definizione del concilio Tridentino, sanzionata dalla pena della sco­munica, non solo rimette i peccati, ma inerisce, come pro­prietà divina, all’anima, e, simile ad uno splendore di luce che distrugge tutte le macchie delle anime nostre, le rende più belle e più rilucenti (Sess. VI, 7). La Scrit­tura del resto lo fa intendere, quando dice che la grazia viene effusa (Rom. V, 5), e la definisce pegno dello Spi­rito santo (II Cor. I, 22). Si aggiunge il nobilissimo corteggio di virtù, che ac­compagna divinamente l’ingresso della grazia nell’anima. Scrive l’Apostolo a Tito: Ci salvò mediante l’abluzione rigeneratrice e rinnovatrice dello Spirito santo, diffuso copiosamente in noi per Gesù Cristo nostro Salvatore (Tit. Ili, 5). E sant’Agostino, commentando le parole: diffuso copiosamente, le interpreta appunto co­me allusive al perdono delle colpe e all’infusione delle virtù. Per il Battesimo siamo congiunti intimamente con Cristo, come membra col capo. Orbene, dal capo emana l’energia che muove le singole membra del corpo al com­pimento delle rispettive funzioni. Così dalla pienezza di Cristo rifluiscono nei giustificati quella divina virtù e quel­la grazia, che ci rendono idonei a tutti i doveri della pietà cristiana.
Non desti sorpresa il fatto che, nonostante sì copioso sussidio di doni, non possiamo iniziare e compiere azioni pie e rette senza penose difficoltà e sforzo intenso. Ciò non significa che non ci siano state concesse, per bene­ficio divino, le virtù da cui scaturiscono le azioni. Si deve dire piuttosto che anche dopo il Battesimo è restata la possibilità dell’irriducibile duello fra la carne e lo spirito. Ma esso non deve piegare o spezzare il coraggio del cri­stiano. Fiduciosi nella misericordia divina, dobbiamo piut­tosto sperare che, nell’esercizio quotidiano del retto vi­vere, riusciamo a ritenere facile e piacevole quanto è one­sto, giusto, santo (Filipp. IV, 8), pensandoci volentieri, uniformandovi le nostre azioni, affinché il Dio della pace sia con noi (II Cor. XIII, 11).

Effetti del Battesimo: il carattere.

Inoltre il Battesimo imprime nell’anima un ca­rattere, che non potrà più essere cancellato. Non ci dif­fonderemo molto in proposito: basterà applicare quanto sopra è stato già detto, trattando dei sacramenti in genere.
Però, ad evitare ogni equivoco, i Pastori ricorderanno spesso e diligentemente ai fedeli che, appunto in base alla natura e alla forza del carattere, la Chiesa ha definito che il sacramento del Battesimo non può mai essere ri­petuto. L’aveva già insegnato l’Apostolo dicendo: un so­lo Signore, una sola fede, un solo Battesimo (Efes. IV, 5). E scrivendo ai Romani, li esorta a far sì che morti col Battesimo in Cristo, non perdano la vita da lui ricevuta: Morendo per il peccato, Cristo è morto una volta sola (Rom. VI, 10). In altre parole, com’egli non può morire una seconda volta, neppure a noi è dato morire di nuovo col Battesimo. Per questo la santa Chiesa proclama net­tamente di credere nella unicità del Battesimo, la quale del resto risponde alla logica e alla realtà; poiché il Bat­tesimo è una rinascita spirituale. Ora come per virtù na­turale siamo generati e nasciamo una sola volta; cosicché secondo la frase incisiva di sant’Agostino, non ci è dato di ritornare nell’utero materno, così unica deve essere pu­re la rinascita spirituale; quindi il Battesimo non deve essere mai ripetuto.

Ultimo effetto del Battesimo: apre le porte del cielo.

Infine, oltre gli altri vantaggi conseguiti col Battesimo, ve n’è uno, per ultimo, che sembra riassu­merli tutti. Per esso a ciascuno di noi viene riaperto l’in­gresso del paradiso, già serrato dal peccato. Tutto quello che la virtù del Battesimo opera in noi, può desumersi agevolmente da quanto accadde, secondo il racconto evangelico, in occasione del Battesimo del Salvatore. Si aprirono allora i cieli, e apparve in forma di colomba lo Spirito santo, discendendo su G. Cristo nostro Signore (Matt. Ili, 16; Marc. I, 10; Lue. Ili, 22). Il miracolo significava che ai battezzati sono elargiti i divini carismi e sono spalancate le porte dei cieli; non perché v’entrino senz’altro nell’ora del Battesimo, ma perché al momento opportuno conseguano la gloria, e, immuni da quelle mi­serie che sono incompatibili con la beatitudine, raggiun­gano l’immortalità, al posto della mortalità. Questi, dun­que, sono i frutti del battesimo; e, se guardiamo il sa­cramento in sé stesso, non si può dubitare che vengano da tutti egualmente percepiti; se poi si riguardano le disposizioni, con le quali i singoli individui si accostano a riceverlo, bisogna pur confessare che alcuni li ricevono in maggiore, altri in minore abbondanza.

Nessun commento:

Posta un commento