In quel tempo, Gesù dalla
Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
[Mt 3, 13-17]
A proposito
di Battesimo, invece di un mio commento, riporto degli estratti dal Catechismo Tridentino. So che ciò può
urtare quei laici e quei pastori che rifuggono da ogni sicurezza dottrinale, ma
io invece, cattolico, della sicurezza dottrinale ne faccio un vanto. Per cui,
oltre che mostrare gli errori della moderna perniciosa predicazione, conviene
sovente proporre la parte positiva della dottrina. Questo è tanto più
necessario proprio per la terribile carenza di sana predicazione da parte di
chi di dovere.
* * *
Disposizioni
per il Battesimo: l’intenzione e la fede.
Il popolo inoltre dovrà essere istruito sulle disposizioni di coloro che devono ricevere il Battesimo.In primo luogo è necessario che vogliano e si propongano positivamente di riceverlo. Nel Battesimo l’uomo muore al peccato, e assume una nuova regola e una nuova forma di vita. È dunque ragionevole che esso non venga amministrato ai riluttanti o a chi non lo desidera, ma solamente a coloro che vi si accostano con animo spontaneo e lieto. Una santa e costante tradizione vuole che a nessuno venga impartito il Battesimo, se prima non è stato interrogato sulla sua volontà di riceverlo.
Non si deve però
pensare che tale volontà manchi in fanciulli ancora privi di parola; non vi può
esser dubbio infatti sulla volontà della Chiesa che s’impegna per essi. Invece
non si devono battezzare, se non in pericolo di morte, i pazzi e i furiosi che,
dopo essere stati consapevoli di sé, persero poi la ragione, senza poter
riscontrare in essi alcuna volontà di ricevere il Battesimo. Qualora vi sia
pericolo di vita, se manifestarono in qualche modo tale volontà prima di
impazzire, siano battezzati; se no, si tralasci ogni amministrazione di
Battesimo. Lo stesso dicasi di chi è in coma. Infine, secondo l’esplicita e
autorevole consuetudine della Chiesa, coloro che non ebbero mai
l’uso della ragione e mai furono coscienti di sé, potranno essere battezzati
come i bambini privi di ragione, sulla fede della Chiesa stessa. Oltre la
volontà del Battesimo e per le medesime ragioni, è pure necessaria, al
conseguimento della grazia sacramentale, la fede. Infatti il nostro Salvatore
ha detto: Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo (Marc. XVI, 16).
Lo stimolo
della concupiscenza non è soppresso.
Ma
nel medesimo punto il Concilio ribadisce autorevolmente che nei battezzati
sussiste ancora il fomite della concupiscenza. Esso però non possiede alcun carattere
di peccato. Secondo la sentenza dello stesso san- t’Agostino i pargoli sono nel
Battesimo assolti dal reato della concupiscenza, ma questa rimane per lo
svolgimento della lotta morale. E altrove scrive: Il reato della concupiscenza
è cancellato col Battesimo; l’infermità rimane. Infatti la concupiscenza, che
deriva dal peccato, altro non è che il moto dell’animo naturalmente in
contrasto con la ragione. Ma questa tendenza è del tutto immune da peccato, se
non reca con sé l’assenso volontario o una negligenza di sorveglianza (Ritr.
I, 15, 2). E quando S. Paolo scrive: Avrei ignorato la concupiscenza, se la
Legge non mi avesse imposto di non aver cupidigie (Rom. VII, 7), intende
parlare non del vigore della concupiscenza, ma del vizio della volontà.
San
Gregorio formulò la stessa dottrina, scrivendo: Nessuna teoria è più
anticristiana di quella che sostiene la sola superficiale scomparsa dei peccati
nel Battesimo. Il sacramento della fede trae l’anima all’adesione con Dio,
libera radicalmente dai vincoli del peccato (lib. XI, Lett. 45). E a
sostegno della sua dichiarazione invoca le parole del Salvatore: Chi è lavato,
non ha bisogno di lavarsi che i soli piedi, ed è tutto puro (Giov. XIII, 10).
Chi
vuole un’immagine espressiva e limpida di questa verità, rifletta alla storia
del lebbroso Naaman siro. Narra la Scrittura che, bagnatosi sette volte nel
Giordano, guarì così completamente della sua lebbra, che la sua carne sembrava
la carne di un fanciullo (IV Re, V, 1).
Perciò
l’effetto specifico del Battesimo è il perdono di tutti i peccati, contratti
per vizio di origine, o per nostra colpa. Tralasciando ogni altra
testimonianza, ricorderemo come il Principe degli apostoli dichiari esplicitamente
che appunto per questo esso fu istituito dal nostro Signore e Salvatore:
Pentitevi e ognuno di voi sia battezzato nel nome di G. Cristo, per
ottenere il perdono dei peccati (Atti, II, 38).
Condono delle
pene dovute ai peccati.
Col
Battesimo non solo vengono rimessi i peccati, ma vengono pure benignamente condonate
da Dio tutte le pene dovute alle colpe. Infatti se tutti i sacramenti sono
mezzi, mediante i quali viene comunicata l'efficacia della passione di G.
Cristo, del solo Battesimo l’Apostolo disse che, ricevendolo, moriamo e siamo
sepolti con G. Cristo (Rom. VI, 3). In base a ciò la Chiesa ha sempre
sostenuto che non è possibile, senza grave offesa al sacramento, imporre al
battezzando quelle opere di pietà, che con parola corrente i santi Padri
chiamarono opere satisfattorie. Né
ciò è in contrasto con l’uso dell’antica Chiesa, la quale un tempo imponeva
agli Ebrei che chiedevano il Battesimo un digiuno di quaranta giorni. Con
questa imposizione infatti la Chiesa non intendeva far compiere un’opera di'
soddisfazione, ma semplicemente ammonire gli aspiranti al Battesimo a concepire
venerazione per la dignità del sacramento, dedicandosi per un periodo di tempo
ad assidui digiuni e preghiere.
È
certo dunque che il Battesimo condona le pene dei peccati. Nessuno però viene
esentato dalle pene, cui sia stato condannato in virtù di sentenze civili, per
qualche grave delitto. Chi è degno di morte, non sfuggirà, in vista del
Battesimo, alla pena fissata per legge. Ma sarà sempre degna della più ampia
lode la mitezza religiosa di quei sovrani, i quali, per aggiungere decoro alla
gloria di Dio nei sacramenti, faranno grazia in tal caso ai rei e ai
condannati. Inoltre
il Battesimo ci libera, dopo il corso di questa vita, da tutte le pene inflitte
per il peccato di origine. Noi infatti acquistammo il diritto a questa
liberazione in virtù della morte del Signore. Ora, nel Battesimo, come abbiamo
detto, noi moriamo con lui. Se, come dice l’Apostolo, siamo stati innestati in
lui nella somiglianza della sua morte, lo saremo anche in quella della resurrezione
(Rotti. VI, 5).
Nessuna
esenzione dalle miserie della vita.
Potrà
chiedere qualcuno: perché subito dopo il Battesimo non siamo liberati, anche in
questa vita, dai mali scaturiti dalla colpa, e reintegrati in quel perfetto
stato di vita goduto da Adamo, primo padre degli uomini, antecedentemente al
peccato? Perché non compie questa trasformazione quel santo lavacro? Due
ragioni possono addursi in risposta.
La
prima è questa: noi, congiunti mediante il Battesimo al corpo di Cristo e
divenuti suoi membri (Efes. V, 30), non potevamo essere insigniti di una
dignità maggiore di quella, che è stata conferita al nostro capo. Ora N.S. G.
Cristo, per quanto in possesso fin dalla nascita di ogni pienezza di grazia e
di verità (Giov. I, 14), tuttavia non depose la fragilità della natura umana,
da lui assunta, prima di avere affrontato i tormenti della passione e la
morte, risorgendo poi alla gloria della vita immortale. E allora, qual
meraviglia se i fedeli, già in possesso della grazia della celeste giustizia
in virtù del Battesimo, continuano ad essere rivestiti di un corpo fragile e
caduco; e sono costretti ad affrontare copiose sofferenze per Cristo, a subire
la morte e aspettare il ritorno in vita, per essere degni di godere con lui in
sempiterno?
Ed
ecco la seconda ragione per cui in noi rimangono anche dopo il Battesimo la
debolezza del corpo, le malattie, il sentimento del dolore, i moti della
concupiscenza. Ci si volle lasciare un’abbondante messe di possibili meriti,
per conseguire più ricco frutto di gloria e più magnifici premi. Quando
infatti tolleriamo con pazienza gli incomodi della vita e con l’aiuto di Dio
sottoponiamo i malvagi istinti del nostro essere al giogo della ragione,
dobbiamo farci forti della speranza che se avremo combattuto come l’Apostolo
la buona battaglia, se avremo compiuto la corsa e conservata la fede, il
Signore, giusto giudice, ci darà la preparata corona della giustizia nel giorno
destinato (II Tim. IV, 7).
Così
del resto il Signore trattò i figli di Israele. Li liberò dalla servitù degli
Egiziani, sommergendo nel mare il Faraone e il suo esercito; ma non li
introdusse subito nella terra beata della promessa; anzi, li sottopose in antecedenza
a molte e amare prove (Esod. XIV, 24). E anche dopo averli messi in
possesso della terra promessa, pur scacciando dalla loro dimora i primi
abitanti, lasciò qualche popolo che non fu possibile distruggere, perché così
non mancasse mai al popolo di Dio l’occasione di esercitare la sua fortezza e
il suo coraggio bellico (Giudic. III, 1).
Inoltre,
se attraverso il Battesimo, oltre i doni celesti che fregiano l’anima,
venissero elargiti anche beni corporali, si potrebbe sospettare che molti
l’avrebbero chiesto più per i vantaggi della vita presente, che per la sperata
gloria della vita futura (II Cor. IV, 18). Il Cristiano invece deve
avere sempre dinanzi agli occhi non i falsi e caduchi beni sensibili, ma i veri
ed eterni, che sono invisibili.
Del
resto anche l’attuale vita, satura com’è di miserie e di dolori, non manca di
gioie e di soddisfazioni. Dopo che il Battesimo ci ha innestati a Cristo come
tralci al ramo (Giov. XV, 5), non c’è nulla di più dolce e desiderabile che
prendere volenterosamente la croce sulle spalle e seguire le sue orme. Nulla
di più degno che superare coraggiosamente fatiche e pericoli, per conseguire
con ogni sforzo il premio della divina chiamata. Essa sarà per alcuni l’alloro
della verginità, per altri la corona della dottrina e della predicazione, la
palma del martirio, o l’insegna trionfante di qualsiasi altra virtù (Apoc.
VII, 9, 14; Dan. XII, 3). Simili titoli d’onore non potrebbero essere
distribuiti, se in antecedenza non avessimo attraversato questa vita di
amarezze e combattuto vittoriosamente l’aspra battaglia.
Effetti del
Battesimo: infusione della grazia santificante e delle virtù.
Per
tornare agli effetti del Battesimo, i Pastori dovranno far comprendere come, in
virtù di questo sacramento, non solo siamo liberati da quei mali, che veramente
sono i più gravi, ma siamo anche arricchiti di singolari privilegi e favori.
Infatti l’anima viene ricolmata della grazia che ci solleva alla dignità di
giusti, di figli di Dio, di eredi dell’eterna salvezza. Sta scritto: Chi avrà
creduto e sarà battezzato, si salverà (Marc. XVI, 16). E l’Apostolo dichiara
che la Chiesa è purificata nel lavacro dell’acqua, accompagnato dalla parola di
vita (Efes. V, 26).
Si
tratta di una grazia, che, secondo la definizione del concilio Tridentino,
sanzionata dalla pena della scomunica, non solo rimette i peccati, ma
inerisce, come proprietà divina, all’anima, e, simile ad uno splendore di luce
che distrugge tutte le macchie delle anime nostre, le rende più belle e più
rilucenti (Sess. VI, 7). La Scrittura del resto lo fa intendere, quando dice
che la grazia viene
effusa (Rom. V, 5), e la definisce pegno dello Spirito santo (II Cor.
I, 22). Si aggiunge il nobilissimo corteggio di virtù, che accompagna
divinamente l’ingresso della grazia nell’anima. Scrive l’Apostolo a Tito: Ci
salvò mediante l’abluzione rigeneratrice e rinnovatrice dello Spirito santo,
diffuso copiosamente in noi per Gesù Cristo nostro Salvatore (Tit. Ili,
5). E sant’Agostino, commentando le parole: diffuso
copiosamente, le interpreta appunto come allusive al perdono delle
colpe e all’infusione delle virtù. Per il Battesimo siamo congiunti intimamente
con Cristo, come membra col capo. Orbene, dal capo emana l’energia che muove le
singole membra del corpo al compimento delle rispettive funzioni. Così dalla
pienezza di Cristo rifluiscono nei giustificati quella divina virtù e quella
grazia, che ci rendono idonei a tutti i doveri della pietà cristiana.
Non
desti sorpresa il fatto che, nonostante sì copioso sussidio di doni, non
possiamo iniziare e compiere azioni pie e rette senza penose difficoltà e
sforzo intenso. Ciò non significa che non ci siano state concesse, per beneficio
divino, le virtù da cui scaturiscono le azioni. Si deve dire piuttosto che
anche dopo il Battesimo è restata la possibilità dell’irriducibile duello fra
la carne e lo spirito. Ma esso non deve piegare o spezzare il coraggio del cristiano.
Fiduciosi nella misericordia divina, dobbiamo piuttosto sperare che,
nell’esercizio quotidiano del retto vivere, riusciamo a ritenere facile e
piacevole quanto è onesto, giusto, santo (Filipp. IV, 8), pensandoci
volentieri, uniformandovi le nostre azioni, affinché il Dio della pace sia con
noi (II Cor. XIII, 11).
Effetti del
Battesimo: il carattere.
Inoltre
il Battesimo imprime nell’anima un carattere, che non potrà più essere
cancellato. Non ci diffonderemo molto in proposito: basterà applicare quanto
sopra è stato già detto, trattando dei sacramenti in genere.
Però,
ad evitare ogni equivoco, i Pastori ricorderanno spesso e diligentemente ai
fedeli che, appunto in base alla natura e alla forza del carattere, la Chiesa
ha definito che il sacramento del Battesimo non può mai essere ripetuto.
L’aveva già insegnato l’Apostolo dicendo: un solo Signore, una sola fede, un
solo Battesimo (Efes. IV, 5). E scrivendo ai Romani, li esorta a far sì
che morti col Battesimo in Cristo, non perdano la vita da lui ricevuta: Morendo
per il peccato, Cristo è morto una volta sola (Rom. VI, 10). In altre
parole, com’egli non può morire una seconda volta, neppure a noi è dato morire
di nuovo col Battesimo. Per questo la santa Chiesa proclama nettamente di
credere nella unicità del Battesimo, la quale del resto risponde alla logica e
alla realtà; poiché il Battesimo è una rinascita spirituale. Ora come per
virtù naturale siamo generati e nasciamo una sola volta; cosicché secondo la
frase incisiva di sant’Agostino, non ci è dato di ritornare nell’utero materno,
così unica deve essere pure la rinascita spirituale; quindi il Battesimo non
deve essere mai ripetuto.
Ultimo effetto
del Battesimo: apre le porte del cielo.
Infine,
oltre gli altri vantaggi conseguiti col Battesimo, ve n’è uno, per ultimo, che
sembra riassumerli tutti. Per esso a ciascuno di noi viene riaperto l’ingresso
del paradiso, già serrato dal peccato. Tutto quello che la virtù del Battesimo
opera in noi, può desumersi agevolmente da quanto accadde, secondo il racconto
evangelico, in occasione del Battesimo del Salvatore. Si aprirono allora i
cieli, e apparve in forma di colomba lo Spirito santo, discendendo su G. Cristo
nostro Signore (Matt. Ili, 16; Marc. I, 10; Lue. Ili, 22). Il miracolo
significava che ai battezzati sono elargiti i divini carismi e sono spalancate
le porte dei cieli; non perché v’entrino senz’altro nell’ora del
Battesimo, ma perché al momento opportuno conseguano la gloria, e, immuni da
quelle miserie che sono incompatibili con la beatitudine, raggiungano
l’immortalità, al posto della mortalità. Questi, dunque, sono i frutti del
battesimo; e, se guardiamo il sacramento in sé stesso, non si può dubitare che
vengano da tutti egualmente percepiti; se poi si riguardano le disposizioni,
con le quali i singoli individui si accostano a riceverlo, bisogna pur
confessare che alcuni li ricevono in maggiore, altri in minore abbondanza.
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