Tuttavia
resta fermo: la peculiarità della fortezza non è nell’assalto, non nella
fiducia in se stessi, non nell’ira, ma nella resistenza e nella pazienza. Non
per il fatto - e non si può ripeterlo troppo spesso - che pazienza e resistenza
siano senz’altro migliori e più complete dell’assalto e della fiducia in se
stessi; ma perché il mondo reale è costituito in modo tale che soltanto nel
caso veramente estremo - il quale non lascia altre possibilità di opposizione
se non la resistenza - suole palesarsi l’ultima e più profonda forza dell’anima
umana. La struttura dei poteri di «questo mondo» è di tale forza che la
perseveranza, non l’assalto iroso, è l’ultima prova decisiva della vera
fortezza; la sua essenza non consiste altro che in questo: amare il bene e
realizzarlo di fronte all’offesa e alla morte, senza lasciarsi deviare verso
qualche concessione. Una delle caratteristiche fondamentali di questo mondo,
gettato nel disordine dal peccato originale, consiste in ciò, che la suprema
forza del bene si mostra nell’impotenza. E la parola del Signore: «Ecco io vi
mando come agnelli tra i lupi» (Mt 10,16) designa la situazione, ancor oggi
attuale; del cristiano nel mondo.
[J. Pieper –
La fortezza]
Siamo
agnelli in mezzo ai lupi, molto spesso senza l’ausilio e la difesa dei pastori.
Sono parole decise e illuminanti queste di Pieper che possono rappresentare
un ausilio, una carezza, una parola di conforto, in tempi tremendamente
difficili, per tutti noi cattolici. Dobbiamo avere fisso l’obiettivo: la difesa
della fede cattolica, la difesa dell’unica vera fede, del Dogma, della verità:
il Bene. Tutto il resto o vien da sé o è legna da ardere. Bisogna saper
sopportare, con la forza della pazienza, le umiliazioni inflitte da tanti lupi
travestiti da agnelli o da pastori. Bisogna aver la forza, a volte, di
attaccare, ma non sempre, perché seppur dalla parte della Verità, Essa, il
tempo di Avvento ce lo ricorda con semplicità disarmante, sceglie la via
dell’impotenza. Dio si fa bambino, perseguitato anche Lui da Erode. Dai potenti
del mondo. Poi perseguitato dai capi religiosi. Infine abbandonato dai suoi.
Sotto la Croce rimasero solo Maria, altre donne, i soldati e Giovanni. La
fedeltà a Cristo si manifesta anche nella logorante accettazione della
tribolazione, perché come insegna la Dottrina cattolica, e unitamente ad Essa
Romano Amerio: “Invece il dolore che è
proprio rifiutato, rigettato in maniera rabbiosa, irata, è un dolore che non
produce alcun effetto positivo per nessuno. È quindi la sola cosa al mondo che
sia un puro male. Un male cioè che non ha nessun lato dal quale esso si
possa prendere come bene.” La rabbia è tanta di fronte alle defezioni, agli
abusi, ai tradimenti, le ipocrisie e le infamie. Ma la strada indicataci da
Gesù Cristo non è quella della rivoluzione; Gesù non si mette a capo di una
folla di esacerbati rivoluzionari: Gesù chiede, a quei pochi ancora sani non
drogati dalla religione della mondanità fatta di gioie zucchero e caramelle, di
portare con Lui la Sua croce. Senza cedimenti, senza cadere nella tentazione di
desistere dalla buona battaglia, sposando concilianti e appaganti posizioni
paracattoliche. Che il buon Dio ci mandi tanti cirenei, che magari anche senza
saperlo, con la coerenza di fare quanto viene chiesto, senza le acrobazie dei
voltagabbana, aiutino Cristo a portare la Croce. Perché anche questo è il
nostro dovere verso il Bene.
Nessun commento:
Posta un commento