In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
[Lc 18,1-8]
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Questa domanda mi lascia sempre di sasso, e non solo per le vicende riguardanti il testo del segreto di Fatima. Gesù non pone, ovviamente, domande a caso. E il Vangelo non dà una risposta a questa domanda. Questo permette di dire che questa domanda è ancora valida. La fede ci sarà ancora quando tornerà Gesù? Se il Signore non rassicura i suoi di questa verità significa che il rischio – molto serio – che non sarà così è reale. Oggi ci preoccupiamo poco della fede. Questa è presupposta quando va bene e bistrattata le restanti volte. Si crede non essere necessaria alla salvezza (quando ancora ci si preoccupa di salvarsi). L’interesse principale, anche dei pastori cattolici, è quello di amare il prossimo, di essere caritatevoli e misericordiosi. Mai si prendono la bega di spiegarci cosa sia, così che un cattolico e un ateo concordano sulla concezione di bene. E concordano nel definire per bene ciò che va per la maggiore o ciò che ognuno sente. Ma la carità, l’amore e la misericordia, che sono fondamentali e specifiche della religione cattolica, non sarebbero tali, ma becere caricature, se non si fondassero sulla verità. Ma questa divide, ferisce, separa. E noi non cerchiamo l’unità nella verità, ma tradiamo la verità pur di stare uniti. «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» Troverà ancora qualcuno che crederà in Lui? O che lo avrà venduto per trenta denari in nome di un movimento ecumenico?
Oltretutto la domanda di Gesù è posta al termine, ma come parte integrante, della parabola sulla necessità di pregare sempre. Ciò vuol dire due cose: primo che per pregare bisogna avere la stessa fede. Non me ne vogliano i promotori di gruppi di preghiera interconfessionali, preti, vescovi, papi e uomini animati da buone intenzioni, ma la Parola di Cristo è chiara. Basterebbe anche stavolta un po’ di logica. Un tifoso della Roma e uno della Lazio vanno sì entrambi allo stadio, ci vanno entrambi per tifare, ma non lo fanno per la stessa squadra. Primo perché sarebbero presi per pazzi, secondo perché difficilmente uscirebbero vivi dalle rispettive curve. La seconda cosa che impariamo da questo Vangelo è che bisogna pregare, insistere, perché questa benedetta fede cattolica (non un’altra o una qualunque) venga conservata e annunciata e non annacquata o tradita. Il Signore è pronto a fare giustizia per i suoi figli che Lo implorano per questa giusta e necessaria causa. Ma quanti di loro lo fanno? Oggi siamo rimasti in pochi. Richiedere, pretendere, implorare che la fede cattolica venga conservata e promossa viene tacciata come un’opera di tradizionalisti. E se non bastasse, oltre che tradizionalisti, anche tristi. Preghiamo il Signore, imploriamoLo incessantemente, che ci dia sacerdoti cattolici, pronti a darci quello che la fede cattolica chiede e necessita. Non vogliamo surrogati, ma la sublime bellezza della dottrina cattolica. Solo questa. Niente di più.
Signore, te lo chiediamo per noi, perché senza ci danneremmo, e lo chiediamo anche per il Tuo Unigenito Figlio: perché quando tornerà, non trovi vanificata la Sua gloriosa Incarnazione e la sua Preziosissima Passione.
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