martedì 22 ottobre 2013

Da quando J. M. Bergoglio è stato eletto Papa mi capita sovente una spiacevole quanto illuminante situazione. Un caro amico non credente mi cita i discorsi di Papa Francesco per smentire o criticare quanto io vado dicendo della fede cattolica, della sua veridicità e bellezza. Lui, non credente, tra le mie affermazioni e quelle del Papa trova delle contraddizioni, delle discrepanze. Mi dispiace per i fautori del dogma della continuità, ma è così. Lui, da persona intelligente, si domanda: chi ha ragione? Tu o il Papa? Messa così, ovviamente, suona malissimo. Come posso io sostituirmi al Vicario di Cristo? Ecco allora che provo a spiegare al mio interlocutore che sia la più alta autorità della Chiesa (il Sommo Pontefice), sia il più misero, sgradevole e disgustoso peccatore dei cattolici (io), devono sottostare al Magistero dogmatico della Chiesa cattolica. Ogni dubbio, controversia o opinione, trova lì risposta e risoluzione. Il problema sorge quando ci si sottrae da questo confronto con la Verità, il Dogma, e si continua a parlare per opinioni prettamente personali che, seppur rispettabilissime perché non vengono da un verme come il sottoscritto, ma dalla più alta autorità sulla terra, vanno comunque contestualizzate e assolutamente non confuse con quella che è la verità marchiata con il fuoco del Dogma. Io certamente sbaglio, molto spesso mi capita (e di ciò chiedo perdono a Dio di questo gravissimo danno che Gli arreco) ma, sapete, io la dottrina cattolica l’ho dovuta studiare (e ancora continuo a farlo) da autodidatta. I preti nei quali mi sono spesso imbattuto mi hanno presentato la teologia dell’incontro e dell’esperienza. Questa, con le pur opinabili buone intenzioni, porta a incontrare e sperimentare un Gesù Cristo e una fede cattolica su misura, a propria immagine e somiglianza, scevra dall’oggettività che le compete. Della serie: credo solo ciò che mi piace, che mi soddisfa, che mi produce un guadagno, che comprendo o che reputo condivisibile. Così come lo stesso Papa viene valutato con questi criteri soggettivi di appeal. Il Papa esiste per confermare nella fede (si legga il Vangelo) non per piacere. Né i cattolici né tantomeno il mondo. Il mondo va convertito. I cattolici vanno preservati dal rischio di ammodernarsi e di dannarsi l’anima sposando l’eresia. Se il Papa viene scelto e valutato per il suo appeal mediatico qualcosa che non va c’è. Se un non cattolico, nemmeno intenzionato a diventarlo, nota discrepanze tra ciò che il Papa dice e quello che un’aspirante buon cattolico ripete (avvalendosi del Catechismo della Chiesa Cattolica e del Magistero infallibile), qualcosa che non va c’è. Lo possiamo dire? E se lo dico e lo ripeto fino allo sfinimento è per dei motivi fondamentali. È umiliante andare contro l’autorità ecclesiale, che sia il parroco di provincia o il Sommo Pontefice, passando per il Vescovo di settore, e ne soffro in continuazione. Mi si dimostri dove sbaglio, perché così si risolvono due problemi. Il primo, la mia salvezza. Il secondo, la conversione dei miei interlocutori, ai quali non voglio raccontar favole da me inventate, ma quanto ho fedelmente ricevuto.

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