martedì 5 febbraio 2013

Le parole che seguono sono state scritte nel lontano XIX secolo dall’abate Dom Prosper Guéranguer. Eppure, nonostante sia trascorso quasi un secolo e mezzo, quelle parole risultano più che attuali. Anzi, e questo diventa agghiacciante, esse si sono realizzate. Scritte contro lo scisma Protestante e la loro eretica liturgia, fa pensare (per non scendere nell’apocalittico) che molte di quelle cose scritte da Guéranguer siano diventate ordinarie nella Chiesa cattolica e nel Rito romano. Dom Prosper Guéranguer parla di 12 eresie antiliturgiche. Ne riferisco punto su punto in maniera schematica per facilitarne la lettura. 

1. Odio della Tradizione nelle formule del culto 

Scrive Guéranguer: “Il primo carattere dell’eresia antiliturgica è l’odio della Tradizione nelle formule del culto divino. […] ogni settario che vuole introdurre una nuova dottrina si trova necessariamente in presenza della liturgia, che è la tradizione nella sua più alta potenza, e non potrà trovare riposo prima di aver messo a tacere questa voce, prima di aver strappato queste pagine che danno ricetto alla fede dei secoli trascorsi”. Ecco dove nasce tanta attenzione da parte dei cattolici per ogni, anche minima, deformazione liturgica. La liturgia non è un accessorio della vita della Chiesa, essa è l’espressione massima della fede della Chiesa. Ogni crisi che la Chiesa vive, come quella di oggi, si deve, più che ad analisi sociologiche, a una crisi di fede, quindi a una crisi liturgica. La liturgia rispecchia perfettamente la fede. Oggi la parola Tradizione è un tabù. Fa irritare preti, vescovi e cardinali e cattolici adulti. Essi pensano che dal 1962 la Tradizione si sia azzerata e la storia della Chiesa sia da lì ripartita. Come vedremo meglio in altri punti, questo è un aspetto gravissimo. Rifiutare in toto ciò che la Chiesa ha espresso nella sua storia, rifiutare la storia della Chiesa, metterla tra parentesi come se fosse trascurabile, significa amputare la Chiesa del suo respiro vitale. Significa soffocarla. E questo è l’obiettivo di ogni eresiarca, di ieri, di oggi e di domani. “Dunque odio contro tutto ciò che nella liturgia non è tratto esclusivamente dalle Sacre Scritture”. Per i protestanti di allora questo principio era “giustificato” dal dogma del “sola scriptura”. Per i “cattolici” di oggi è “giustificato” dal rifiuto della Tradizione. Senza di essa l’unica certezza risiede nella Scrittura. Ma essa, come un buon cattolico dovrebbe sapere fin dal catechismo (qualora glielo insegnino ancora) non è l’unica né tantomeno l’imprescindibile fonte della Rivelazione di Dio. Per dirla con Walter Martin, nel suo romanzo Habemus Papam: “Non solo, ma non si può dire che la Sacra Scrittura fondi la Chiesa neppure se si intende dire che dalla Sacra Scrittura la Chiesa attinga autorevolezza; poiché è vero il contrario: è la Chiesa che garantisce che quei certi scritti sono sacri, che hanno Iddio ispirante come autore principale. Non solo, ma non si può dire che la Sacra Scrittura fondi la Chiesa neppure se si intende dire che dalla Sacra Scrittura la Chiesa attinga tutta la sua dottrina; poiché la Scrittura non è che un promemoria per la Chiesa, ed un promemoria parziale, in quanto la dottrina della Chiesa è più ampia di quella che la Chiesa stessa apostolica fissò per iscritto nella Sacra Scrittura. […] insomma Gesù non venne a fondare una biblioteca di scritti, sia pure ispirati da Dio; ma venne a fondare una società di persone viventi, alla quale ha assicurato l’indefettibilità anche dottrinale: la Chiesa cattolica. Senza di essa la Sacra Scrittura non può dimostrarsi autorevole; mentre la Chiesa senza la Scrittura sussisterebbe tuttavia, sia pure come una persona che avesse perduto parte del suo promemoria, restando per altro sempre in grado di reintegrare nella sostanza la parte smarrita.” 

2. Sostituzione delle formule ecclesiastiche con letture della Sacra Scrittura 

Certo non si vuole minimizzare o trascurare l’importanza della Sacra Scrittura. Ma da qui ad adorarla, tanto per dirne una, più del Santissimo Sacramento (come fanno alcuni costruendo tabernacoli doppi, per le specie eucaristiche e per la Bibbia) ce ne passa. In questo modo si paragona la presenza reale di Cristo nella Santa Eucarestia a quella presente nella sua Rivelazione. Questo paragone, aldilà delle presunte buone intenzioni, più che aumentare la devozione alla Scrittura realizza l’esatto contrario: l’indebolimento della devozione al Santissimo Sacramento. “Da vari secoli si sa bene che l’interpretazione data da tutti gli eretici alle Sacre Scritture rispetto alle definizioni ecclesiastiche non ha altro motivo che far dire alla parola di Dio tutto quello che si vuole, mostrandola e nascondendola secondo le proprie esigenze”. Tutta l’attenzione per la Bibbia deriva solo e soltanto da questo: manipolarla a proprio uso e consumo. Senza l’interpretazione dell’autorità ecclesiastica, alla Sacra Scrittura, essendo una spada a doppio taglio (cfr. Eb 4,12) si può far dire tutto e il contrario di tutto. 

3. Introduzione di formule erronee 

Laddove si è spezzato il legame con la Tradizione, subentra la disubbidienza più totale. Ecco allora che s’inventano cose nuove, riti, formule e gesti. Spesso sotto la spiegazione che essi sono figli della spontaneità, che così sono più veri, l’espressione più sana della vera fede. “Credere che lo spontaneismo sia autenticità è come affermare che il selvatico produca frutti buoni” [Liturgia culmen et fons, giugno 2009] Oltretutto il mantra della “novità”, così come quello dell’”aggiornamento”, spostano il fine della Chiesa da quello dell’eternità a quello della mondanità. Con tutto quel che ne consegue. 

4. Abituale contraddizione con i principi 

“Così tutti i settari, senza eccezione, cominciano col rivendicare i diritti dell’antichità: vogliono liberare il Cristianesimo da tutto ciò che l’errore e le passioni degli uomini vi hanno introdotto di falso e indegno di Dio. Non vogliono nulla che non sia primitivo, e pretendono di riprendere dai suoi albori l’istituzione cristiana.” Qui c’è poco da aggiungere. La chiarezza è disarmante. Quanti personaggi ecclesiali oggi in voga nei media (anche cattolici) ripetono in continuazione il ritorno alle origini del cristianesimo? alla chiesa primitiva? L’obiettivo non è quello, comunque falso, di ritornare alle fonti della propria fede, ma, come denunciato al punto uno, tagliare di netto i legami con la Tradizione della Chiesa. La “chiesa primitiva” è un mito e come tale inesistente. Si giustificano le più aberranti mistificazioni liturgiche, i più insopportabili abusi, con la scusa che i primi cristiani facevano in questo modo. Oltre ad un’errata conoscenza storica s’insinua il dubbio che la Chiesa, nella sua storia, si sia discostata dai principi che l’hanno fondata e da tutti gli approfondimenti che la dottrina e la liturgia hanno realizzato nei secoli. Se si crede questo non si crede più nell’Autorità e nella garanzia dell’indefettibilità del Pontefice, e qualsiasi profeta di sventura contemporaneo può ergersi a interprete della primitiva spiritualità cristiana. Il perfetto identikit di un eretico. 

5. Eliminazione delle cerimonie e delle formule che esprimono misteri 

Come detto, mettere la storia della Chiesa tra parentesi porta a credere in una mitica “chiesa delle origini”. “Hanno accusato di superstizione e di idolatria tutto quello che non sembrava razionale, restringendo così le espressioni della fede, ostruendo con il dubbio e addirittura con il negare le vie che aprono al mondo soprannaturale”. C’è chi sostiene che i riti di ingresso, l’offertorio, il Gloria, il Credo, l’Orate Fratres (e altre parti della liturgia) siano entrate nel Rito Romano solo per la conversione dell’imperatore Costantino e dell’ingresso nelle chiese del suo corteo o per contingenze storiche. Ecco perché poi, nelle liturgie di costoro, queste parti sono state eliminate. Resta il fatto che, aldilà di ogni più o meno plausibile giustificazione, la Chiesa ha un Rito proprio, che nessuno può permettersi nemmeno lontanamente di modificare. Prosegue Guéranguer, e qui tenetevi forte: “Non vi è più altare, ma semplicemente un tavolo, non più sacrificio, come in ogni religione, ma semplicemente una cena; non più chiesa, ma solamente un tempio, come presso i greci e i romani; non più architettura religiosa perché non ci sono più misteri, non più pittura e scultura cristiane perché non vi è più religione sensibile; infine non più poesia, in un culto che non è fecondato né dall’amore né dalla fede.” Che dire? Dom Prosper Guéranguer rimproverava ai protestanti queste eresie, ma queste stesse eresie sono oggi propalate tranquillamente dai pulpiti (laddove non sono stati distrutti) delle nostre chiese cattoliche e nelle aule di catechismo. E oltre ad essere predicate, sono anche celebrate! Realizzate! Ci sarebbe da gridare alla grande apostasia prevista in tante apparizioni mariane. Ma se lo fai, sei tacciato di essere un profeta di sventura. Andiamo oltre. Anzi no, soffermiamoci ancora un momento su questo punto cruciale. Tutti questi cambiamenti avvenuti nella liturgia cattolica, ammantati di tante buone intenzioni (di cui, dicono, è lastricata la strada dell’inferno) hanno portato risultati positivi? “Chi di voi possiede ancora un Messale contenente l’antico Rito potrebbe spendere un’ora o due esaminando soltanto l’Ordinario della Messa, ossia la parte che rimane uguale ogni giorno. Esaminate ogni cambiamento e chiedetevi: “Questo era sinceramente e veramente richiesto per il bene della Chiesa?”. Siete Cattolici migliori perchè non v’inginocchiate più all’Incarnatus est del Credo? Sono i vostri figli più devoti di voi alla loro età, perché quelle sublimi parole del primo capitolo del Vangelo di san Giovanni non sono più recitate alla fine della Messa? Sono i vostri sacerdoti più santi perché non recitano più il salmo Judica me all’inizio della Messa, il Salmo che ricordava loro che stavano per offrire un solenne sacrificio sull’altare di Dio: Introibo ad altare Dei? Inoltre, se esaminate attentamente i cambiamenti, noterete una coincidenza allarmante. Quasi tutte le preghiere e cerimonie che sono state eliminate corrispondono ad una preghiera o cerimonia eliminata dai Riformatori protestanti nel XVI secolo.” [M. Davies – L’Eterno Sacrificio della Santa Messa] 

6. Estinzione dello spirito di preghiera 

“Un cuore in rivolta non ha più amore, e un cuore senza amore potrà tutt’al più produrre espressioni passabili di rispetto o di timore, con la freddezza superba del fariseo”. Ogni eretico o scismatico che sia non ha nel cuore l’amore. E quello che genera non è unità, né tantomeno benefici per la Sposa di Cristo, aldilà dei grandi numeri che può ostentare. 

7. Esclusione dell’intercessione della Vergine e dei santi 

Laddove l’eresia non si professi sfrontatamente (e nella Chiesa oggi si è molto sfrontati, visto che c’è la certezza di non essere condannati e puniti) essa si insinua subdolamente. Come già espresso al punto 5, tanto per fare un esempio, l’architettura religiosa mostra meglio come si educhi all’eresia piuttosto che all’ortodossia. Si vedano le chiese costruite negli ultimi decenni (o quelle adeguate sempre in questo lasso di tempo) e si vedrà come in esse non ci sia il culto del Dio cattolico, quanto, al massimo, il culto del nulla. Le chiese sono spoglie di ogni immagine mariana, di santi, di raffigurazioni della vita di Gesù Cristo. Per non parlare delle statue. Celebriamo i sacramenti in parallelepipedi bianchi e vuoti dove se non si giunge alla pazzia, si giunge certamente alla perdita della fede. Dove la fede si conserva, non è certo la virtù teologale cattolica, ma un discutibile sentimentalismo in qualcosa d’altro. 

8. L’uso del volgare nel servizio divino 

“L’odio della lingua latina è innato nel cuore di tutti i nemici di Roma”. Chiedo scusa. Lo so, è “vergognoso” che un cattolico nato nel desinare degli anni Ottanta del Novecento possa pensare e rimpiangere l’uso liturgico del latino. Probabilmente su di lui gli influssi dello spirito conciliare non hanno sortito gli effetti sperati. Di questo, non smetterò mai di elevare preghiere di lode e ringraziamento al Padreterno. Mi domando cos’abbia mai fatto per meritarmi tale privilegio, ma tant’è. Sul latino ho scritto molto e molto meglio tanti altri hanno espresso le sue difese. Ho poco da aggiungere. Riassumo il tutto dicendo che la volgarizzazione della lingua ha portato alla volgarizzazione della liturgia e della fede che essa esprime. Che la volgarizzazione della lingua è, qui come per tutto il resto, un pretesto per distruggere l’ortodossia cattolica. Che la volgarizzazione della lingua liturgica non è prevista dai documenti del Concilio Vaticano II (come erroneamente molti vogliono far credere). Che la comprensione delle parole che si usano durante la liturgia non ha portato minimamente una maggiore comprensione del contenuto di quelle parole; anzi, spesso e volentieri ne ha tradito il significato. 

9. Diminuire il numero delle preghiere 

“Innanzi tutto non più digiuno e astinenza, non più genuflessione nella preghiera, per il ministro del tempio non più offici giornalieri da compiere, neppure preghiere canoniche da recitare in nome della Chiesa”. Parlare di leggi, di precetti, di obblighi, per il cattolico moderno, figlio di un’emancipazione esasperata (quindi anche da Dio e dalla Chiesa) significa parlare ostrogoto. Non c’è più obbligo che si rispetti. Piuttosto che aumentare e ripristinare gli usi e i costumi cattolici (come ho esposto qualche giorno fa, citando il sociologo Rodney Stark), si va togliendo ogni sorta di foglia e di ramo all’albero della fede cattolica. Se apparentemente non si va a intaccare il tronco principale, si finisce col spogliarlo di tutto, anche di quello che era, è e sarà, la sua naturale espressione 

10. Odio verso Roma e le sue leggi 

Per un eretico, per uno scismatico, Roma è la sede dell’anticristo. Per i protestanti questo era evidente. Per gli eresiarchi di oggi questo è più subdolo. L’obbedienza al Papa è ostentata, ma poi disattesa. Disattesa sui punti fondamentali e perseguita su quelli accessori. Ma questa è la logica conseguenza di chi non ha interessi nei confronti della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, ma nei confronti di se stesso e dei propri convincimenti. 

11. Distruzione del sacerdozio 

“Dunque dopo aver abolito la qualità di Sommo Pontefice, bisognava annientare il carattere del vescovo dal quale emana la mistica imposizione delle mani che perpetua la sacra gerarchia.” L’autorità del Vescovo è stata annientata con la democraticizzazione della Chiesa. Con l’invenzione (ma queste c’erano nella chiesa delle origini?) delle conferenza episcopali, l’autorità e la giurisdizione dei singoli vescovi viene messa al voto. E la democrazia, per dirla con Camillo Langone, “è fatta per Barabba. Dio messo ai voti perde sempre”. Il ruolo dei sacerdoti, non più intermediari tra Dio e i fedeli, viene insediato dai laici. “Scelto, insediato da laici, portando nel tempio la toga di una magistratura bastarda, il ministro non è che un laico investito di funzioni accidentali”. Spesso il prete non viene più nemmeno chiamato con questo termine che ne qualifica la sua natura e la sua missione, ma viene chiamato “celebrante”, “presidente di assemblea” o con qualsiasi altra espressione che ne riduca la sua unicità. In nome di un’erronea concezione del sacerdozio dei laici, assistiamo quindi a preti che fanno i laici e laici che fanno i preti. 

12. Il principe capo della religione 

Oggi potremo dire che, al posto del principe, a capo della religione c’è il laico, il fondatore di movimenti, il responsabile liturgico, il consiglio pastorale. Tutti fuorché Dio e il Suo Vicario in terra: il Papa. 

Il panorama sin qui descritto, mi si rimprovererà, è pessimista, parziale e generalizzato, quindi falso. Io, però, non ho inventato nulla. Ho letto quanto scritto da dom Prosper Gueranguer più di un secolo fa e vi ho visto, come dimostrato punto per punto, quello che negli ultimi decenni si è realizzato. Stia a voi giudicare se quanto stiamo vivendo è un periodo di forte crisi, o un periodo meraviglioso di splendore della verità cattolica.

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