martedì 12 febbraio 2013

Incredulità. Shock. Serenità. Questi i miei repentini stati d’animo di ieri dopo l’annuncio di Benedetto XVI di abdicare dal prossimo 28 febbraio. All’inizio non volevo crederci, poi dopo il dilagare delle notizie, le conferme del Vaticano e il video delle parole del Santo Padre ho dovuto cedere alla realtà. Subito mi ha preso un senso di inadeguatezza, di smarrimento. Il papa se ne va, lascia. E ora che succede? Perché? Che è successo? Queste e altre domande si sono insediate in me. Devo riconoscere che questo senso di malessere è durato poco, un senso di serenità mi ha successivamente invaso. Della serie: dimesso un Papa se ne fa un altro; la storia della Chiesa va avanti. Certo, il gesto è grave e serio, ma Dio non abbandona la sua Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di Essa. Subito dopo l’esplodere della notizia, su internet, è impazzato il commento di quanto accaduto. I politici italiani, spiazzati e turbati di essere stati scippati del palcoscenico mediatico, hanno plaudito, tutti, al gesto di Benedetto XVI. I capi di Stato stranieri, anche. I maggiori giornalisti italiani, pure. Allora lì mi sono un po’ preoccupato. Se tutti esultano, io rimango perplesso. Ammetto che non riesco né a criticare né a giustificare Benedetto XVI. In lui avevo riposto grandi speranze e di lui ho una grande ammirazione, un grande amore spirituale, del quale gli sarò sempre grato. Non riesco troppo a biasimare chi si sente smarrito e abbandonato da questa decisione. Non sopporto, però, chi lo osanna per questa scelta di “libertà, indipendenza, coraggio, eccetera”, soprattutto se a farlo è chi fino a ieri gli ha gettato fango in continuazione, specie dalle colonne dei quotidiani. Questo atto, unico nella storia nonostante i precedenti, fa profondamente riflettere. In molti, a mio avviso erroneamente, sono partiti con il confronto con Giovanni Paolo II. Il confronto però è impossibile a farsi, perché Ratzinger non lascerà per malattia o problemi fisici. Lui dice che gli mancano le forze, per l’età avanzata, ma dice anche che non è più in grado (non solo fisicamente) di governare la Chiesa. E questo fa pensare e anche un po’ tremare. E riporta la mente ai tanti episodi che hanno costellato questo pontificato di aperta disobbedienza dei suoi collaboratori e di chi avrebbe dovuto spendersi perché la volontà del Papa si realizzasse, e di aperta mancanza di potere decisionale da parte di Benedetto XVI. Basta ricordare la mancata nomina del santo Curato d’Ars, nell’Anno sacerdotale, a patrono di tutti i sacerdoti (come voleva Benedetto XVI) e le approvazioni di un noto movimento ecclesiale profondamente contrario allo spirito liturgico di Ratzinger, profondamente disobbediente ai suoi richiami e profondamente lontano dalla dottrina cattolica. Questo evento aveva gelato in me gli entusiasmi e le speranze che riponevo in Benedetto XVI e la mia fede, dopo un grosso turbamento, ha ripreso pace e serenità, a fatica, solo riponendo tutte le speranze in Dio, nonostante le debolezze e le discutibili scelte dei suoi ministri. Il confronto con Giovanni Paolo II, poi, non regge anche perché quegli anni della prolungata malattia del beato Pontefice sono stati, negli anni successivi, un problema per il suo successore. Infatti, spesso si lamenta il fatto che a Giovanni Paolo II, profondamente malato, siano stati fatti firmare documenti e provvedimenti abbastanza discutibili, proprio per la sua impossibilità di seguire direttamente i fatti. Scrive oggi Antonio Socci su Libero: “Noi tuttavia possiamo e dobbiamo osservare che quasi tutti i papi precedenti sono invecchiati e sono rimasti in carica con forze ridotte, governando attraverso i loro collaboratori. Si può dunque ipotizzare che Benedetto XVI non abbia ritenuto di fare questa scelta perché non giudica di avere collaboratori all’altezza di un tale compito (con le sue dimissioni tutte le cariche di Curia sono azzerate)”. Vittorio Messori, sempre su questo confronto, dice: “non era più “cristiano“ seguire l’esempio del beato Wojtyla, cioè la resistenza eroica sino alla fine, piuttosto che quello del pur santo Celestino V? Grazie a Dio, molte sono le storie personali, molti i temperamenti, i destini, i carismi, i modi per interpretare e vivere il vangelo. Grande, checché ne pensi chi non la conosce dall’interno, grande è la libertà cattolica. Molte volte, l’allora cardinale mi ripeté, nei colloqui che avemmo negli anni, che chi si preoccupa troppo della situazione difficile della Chiesa (e quando mai non lo è stata?) mostra di non avere capito che essa è di Cristo, è il corpo stesso di Cristo. A Lui, dunque, tocca dirigerla e, se necessario, salvarla. «Noi» mi diceva «siamo soltanto, parola di Vangelo, dei servi, per giunta inutili. Non prendiamoci troppo sul serio, siamo unicamente strumenti e, in più, spesso inefficaci. Non arrovelliamoci, dunque, per le sorti della Chiesa: facciamo fino in fondo il nostro dovere, al resto deve pensare Lui».” Questa strumentalizzazione del Papa, Benedetto XVI l’ha vissuta anche da sano, la scelta di abdicare per l’incapacità di governare, forse, risiede anche qui. Si spalancano scenari difficili per la Chiesa. Aldilà di tutte quelle note, storicamente interessanti, di colore (dove andrà Ratzinger, che cosa sarà, come si vestirà, un conclave senza un papa morto, che tipo di funerali riceverà poi Ratzinger, eccetera) si preannunciano tempi difficili per la Chiesa e per i cattolici. Si parla di numerose profezie, più o meno attendibili. Sono umanamente preoccupato per la scelta del nuovo Papa; i papabili, spesso, mi terrorizzano. Lascio la scelta ai principi della Chiesa e confido nell’intervento dello Spirito Santo. Resta, però, una penultima considerazione. Papa Benedetto XVI lascia in un momento, storicamente, strano. Lascia a metà di un anno della fede da Lui voluto, lascia prima di un’enciclica sulla fede pronta da tempo, lascia in un momento poco chiaro; magari si poteva aspettare la fine di questi eventi. C’è chi mormora di pressioni e di rapporti segreti. Non mi sconvolgerebbe la cosa. Ma, mi domando, quali ricatti possono aver imposto a Benedetto XVI per farlo abdicare? E soprattutto, chi? Lascio la trama delle risposte a queste domande alle persone più autorevoli e ai novellieri da quattro soldi che invaderanno le librerie nei prossimi mesi con saggi e romanzi speculativi su questa vicenda. L’ultima considerazione è, e deve essere, rassicurante per tutti i cattolici. Ripeto, non si preannunciano tempi buoni. Specie se, come è molto probabile, non ci sarà un pontefice capace di imprimere alla Chiesa quella riforma necessaria. Forse un uomo del genere non ha nemmeno la porpora oggi come oggi. La riforma che intendo io, quella risolutrice, non è nel solco degli ultimi decenni e nel solco auspicato dai novatori neomodernisti di oggi. La riforma che la Chiesa deve compiere è quella spiegata in maniera seria, elegante e commovente da Enrico Maria Radaelli nel suo ultimo lavoro, finalmente pubblicato, Il domani – terribile o radioso – del Dogma? La Chiesa deve tornare a essere se stessa e ad usare il linguaggio che le è proprio: quello definitorio, dogmatico. Non si può curare un cancro con una semplice aspirina. Continuare a imbottirsi di aspirine genera quel collasso che stiamo vivendo e che, probabilmente, ha indotto Benedetto XVI ad abdicare. La consolazione per i cattolici risiede sempre lì, nel Vangelo. Vangelo di Matteo. Capitolo 16, versetto 18. Gesù, rivolgendosi a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”

3 commenti:

  1. http://messaggidagesucristo.wordpress.com/2012/07/01/26-maggio-2012-hanno-intenzione-di-spodestare-papa-benedetto-xvi-dalla-sede-di-pietro-con-mezzi-subdoli/

    Che ne pensi, Daniele?
    E' un messaggio, traduzione di un testo in inglese, dato ad una veggente del nord Europa, che vuole rimanere anonima.

    E' stato dato in tempi non sospetti (fine maggio 2012)....
    In un altro messaggio, dato il 30 gennaio 2013 ad un'altra veggente (http://www.revelacionesmarianas.com/italiano.htm), si legge

    "INIZIA LA GRANDE BATTAGLIA CONTRO IL MALE, L'IMPOSTORE SI AVVICINA MA L’UMANITÀ, A CAUSA DELLA DEGRADAZIONE SPIRITUALE IN CUI SI TROVA, NON LO RICONOSCERÀ E SARÀ INGANNATA".
    Questo, invece, è quello che ho scritto ieri sul mio Facebook: il mio pensiero in proposito:

    "Te ne accorgi quando qualcuno parla di Gesù perchè lo ha incontrato veramente, e che parla di Lui, e non può farne a meno, perchè - prima - parla con Lui, avendolo quale Amico e Signore presente nella propria vita.
    E, quando qualcuno incontra davvero Gesù, la testimonianza di Lui la dà fino al martirio, e questo martirio può essere di vario tipo: martirio di sangue, martirio di dolore morale che n...on vedrà nessuno, solitudine.
    Giovanni Paolo II diceva che "dalla croce non si scende": vero. In balia della debolezza, ci si può lamentare e anche arrabbiare con Gesù, che a volte pare non faccia proprio nulla per toglierti da lì sopra; ma tu, di tuo, non ti sogni di mollare tutto e scendere.
    Benedetto XVI è uno che Gesù lo ha incontrato.
    Ecco perchè io non credo che le sue dimissioni siano scaturite da motivi di salute, nè dalla consapevolezza della propria piccolezza rispetto al Ministero. Non ci credo proprio".

    Sono sicura anche io che, alla fine, "gli inferi non prevarranno". Però, per i tempi immediatamente prossimi, un pochino preoccupata lo sono.
    Lucia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso che i conti non tornano.

      Faccio fatica a capire questa decisione. E se diamo fiducia al Papa, e voglio dargliela!, mi inquieta pensare a cosa possa aver subito e pensare che l'abdicazione sia l'unica arma rimastagli.

      Se così fosse, la Chiesa, quindi, non la governa il Papa.

      Leggo opinioni opposte, comprensibilmente, su questo evento. Chi lo esalta (e diffido), chi ci vede un atto strategico, chi lo condanna.

      Chi vede (o forse spera) che in questa tragico abdicazione ci sia un modo per mettere allo scoperto le serpi in seno, deve però riconoscere (credo), come sostengono coloro che condannano la scelta del Papa, che il Santo Padre queste serpi non è riuscito a sradicarle. Otto anni non saranno tanti, ma nemmeno pochi. Di nomine ne ha fatte; qualcuno buono sarà pur rimasto, o no?

      E' una brutta storia. Temo per i tempi futuri. Mi rifugio in una visione metastorica dove le redini sono in mano a Qualcuno di cui ci si può certamente fidare. Per i nostri tempi, temo, c'è poco da star tranquilli.

      Elimina
  2. Il tuo timore è anche il mio, Daniele.
    Ma c'è la speranza finale, perchè anche io credo che le redini siano in mano a Qualcuno di cui ci si può fidare...
    Intanto, però, condivido: per i nostri tempi, c'è poco da star tranquilli...
    Lucia

    RispondiElimina