Viviamo in un’epoca in cui la parola ‘evangelizzazione’ è sulla bocca di tutti, prelati e laici. Manca però pericolosamente quella di ‘conversione’. Che evangelizzazione è quella che non porta alla conversione? Sembra più un moderno inutile parlarsi addosso, che un’efficace e cattolica espansione della fede. Se non è la Chiesa più capace di convertire le genti (e più che incapace sembra essere indifferente a tale obbligo affidatole da Cristo stesso), ci si arrovella nel tentativo di mostrare cose che non esistono con strabilianti imprese linguistiche. Imprese che riescono solo a confondere i fedeli e a illudere gli onesti che credono in certe sterili opere evangelizzatorie. In esse più che annunciare la fede della Chiesa cattolica, si cede su tutti i principi dogmatici e non cattolici, pur di giungere a compromissori accordi che, oltre a scandalizzare i semplici, conducono la Chiesa sempre più lontano da sé stessa, in accomodamenti vari con le mode del momento. I prelati e i laici sostenitori di tali operazioni si sforzano di mostrare (e convincersi) che tra la dottrina della Chiesa e la dottrina (perché di una dottrina si tratta) del mondo, ci sia in qualche punto convergenza. Su tali punti fanno rifluire tutto il resto, anche ciò che drammaticamente divide, e sostengono festanti di aver evangelizzato il mondo intero e di aver compiuto una sana opera di carità. Certo, se la carità la si svincola dalla verità tutto risulta possibile. Ma la verità è che, proprio evangelicamente, tra Chiesa e mondo c’è uno scontro ontologico. Già ricordare chi è il principe di questo mondo, dovrebbe frenare gli spiriti festanti di chi con questo mondo scende a compromessi. Perché trattasi di compromessi. Non basta cambiare le parole; la sostanza resta. Il mutamento di linguaggio confonde soltanto i semplici e li conduce lontano dalla fede, in un sincretismo e un relativismo impressionante di cui oggi siamo impotenti testimoni. Impotenti sì, se continuiamo a combattere con armi spuntate, prive dell’unica verità possibile: quella cattolica. È il caso di tutti quei venti di dottrina con cui molti prelati vorrebbero coniugare la Sposa di Cristo. Vedi il gran dibattere sulla Comunione ai divorziati; vedi il gran disquisire sugli adattamenti liturgici per coinvolgere le masse (con profondo disgusto per chi si attiene alla legge della Chiesa); vedi la questione del celibato sacerdotale, dell’ordinazione per le donne, del disprezzo della Chiesa storica e della storia della Chiesa, eccetera. Tutte questioni, o quasi, che si fondano su un equivoco semplice semplice, così semplice che l’essere trascurato porta ad un traumatico ridicolo fallimento di ogni istanza ivi fondata. L’equivoco è: a che serve la Chiesa? Ad andare festante con la sottana svolazzante (per quei preti che non disdegnano il loro abito proprio) a braccetto con le potenti mode del momento o a redimere quel mondo, così radicalmente opposto alla Chiesa, e salvarlo? “In realtà l'accomodazione della Chiesa nel mondo è una legge della religione, che pone un Dio fatto uomo per condiscendenza, ed è una legge della storia, che mostra il progressivo o regressivo, ma sempre in atto, appigliarsi della Chiesa alle cose del mondo. Però l'accomodazione che è essenziale alla Chiesa non consiste nel conformarsi al mondo: Rom., 12, 2: «nolite conformari huic seculo», ma nel conformare la propria contrarietà al mondo secondo le varie attinenze storiche, e nel variare, non nel deporre, quell'essenziale contrarietà. E così di fronte al Paganesimo il Cristianesimo mise fuori una virtù opposta, rifiutando politeismo, idolatria, servitù dei sensi, passione di gloria e di grandezza e sollevando insomma tutto il terrestre a una mira teotropica, nemmeno subodorata dagli antichi. Eppure i cristiani nell'attuare tale antagonismo al mondo, vivevano nel mondo come esseri aventi un destino mondano. Nell'epistola a Diogneto essi appaiono indiscernibili dai pagani in tutti gli usi della vita.” [R. Amerio – Iota unum] La Chiesa è quella pietra di inciampo, quel segno di contraddizione, senza il quale, sì non ci sarebbero ostacoli nel cammino, ma si andrebbe dritti dritti all’inferno, alla dannazione eterna. Lo so che parlare di inferno e dannazione eterna è politicamente scorretto e non ecumenico, ma tant’è. Il cammino dell’uomo, ferito dal peccato originale, è un’autostrada verso quella fine. Solo e soltanto grazie a Gesù Cristo e alla Sua Sposa, pietre di inciampo e segni di contraddizione, l’uomo può evitare tale sorte. Solo inciampando su ciò che noi oggi cerchiamo affannosamente di livellare, ci si può salvare. Convertire e salvare. In questo senso sconvolge profondamente quanto disse Paolo VI al termine del Concilio Vaticano II: “La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto.” Il Papa riconosce che tra la religione cattolica e la religione del mondo c’è stato un incontro. Incontro che c’è sempre, in ogni epoca storica. La Chiesa, segno di contraddizione, ha sempre operato perché il mondo si convertisse ad Essa; da cinquant’anni ha questa parte ha deciso di deporre questo carisma e di sposare il mondo. Non più scontri, lotte e anatemi, ma baci, abbracci e dialoghi. Non so quanto un matrimonio del genere sia gradito al Cielo, so per certo che la Chiesa (checché ne dicano i suoi detrattori, anche porporati) è indefettibile, non può nella sua sostanza, nel suo credo, nella sua dottrina, cambiare. Aspettiamo, e preghiamo, fiduciosi, il tempo in cui si toglierà questa maschera inutilmente conciliante.
Nessun commento:
Posta un commento