Chi fa le leggi in Italia? Il Parlamento. Risposta semplice, immediata, da studente di scuola media. Ebbene, quest’affermazione va rivista. Sia chiaro: nessun complottismo, nessun vittimismo, né tantomeno nessuna difesa di Silvio Berlusconi. In Italia, però, le leggi le fanno i giudici. Ed è un’evidenza. Che può anche andarmi bene, purché sia chiaro e detto tranquillamente, piuttosto che prendere in giro tutti quelli che nello Stato ci credono (non io). Chiarendo questo dato di fatto si potrebbero benissimo eliminare il governo e il parlamento, risparmiando notevolmente, e evitando così il loro ipocrita e ridicolo compito smentito ogni volta da un giudice tramite una sentenza giudiziaria. Sto esagerando e farneticando? In Italia è legale l’omicidio? In teoria no. In pratica sì. Oltre all’aborto (che è l’uccisione di un essere umano), in Italia, tramite sentenza della magistratura e senza la legge del parlamento, è lecito anche uccidere una persona malata. Come? Togliendole il nutrimento. Il caso Eluana Englaro docet. Ancora: in Italia è reato rubare? In teoria sì, in pratica no. È di questi giorni la notizia che il cosiddetto furto proletario (nel caso specifico perpetrato nel 2004), realizzato a scopo mediatico (ma la merce se la sono rubata eccome!), non è punibile. Due esempi gravi, limite, ma evidenti, di quale sia la situazione. Finché ci si ostina a pensare che la verità sia una questione di accordi, contratti sociali, maggioranze e alleanze, questi sono i frutti e nemmeno dei più amari. Se la verità e la giustizia sono frutto di votazioni e una cosa vera e giusta oggi non lo è più domani e nemmeno dopodomani, rassegniamoci e prepariamoci a soccombere. Questo tipo di giustizia, incarnata dalla democrazia, è la nuova forma della legge del più forte. I più forti oggi in Italia sono favorevoli all’omicidio di persone (aborto ed eutanasia), al furto (espropri proletari in funzione mediatica), al riconoscimento di diritti alle unioni omosessuali (ci arriveremo, molti politici già stanno realizzando le proprie forzature). Così come sono favorevoli a molte altre cose. Non ci lamentiamo di tutto ciò perché questo è figlio legittimo e naturale di una determinata antropologia e di una determinata teologia. Un’antropologia che vede l’uomo come cosa o animale, piuttosto che come persona. E di una teologia che vede Dio nello Stato o nell’uomo stesso.
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