«Alla consacrazione ci s’inginocchia o no?» Questa domanda me la sono sentita ripetere più volte. Da gente, comunque, che frequenta la parrocchia, ma anche da ragazzi che hanno da poco ricevuto il Sacramento della Confermazione (che, ancora non ho capito perché, si dà dopo quello dell’Eucarestia – ma questo è un altro discorso). Le prime volte, lo ammetto, ho titubato. All’inizio, ammetto anche questo, non m’inginocchiavo nemmeno io. Ma non per motivi di spazio, di mancanza d’inginocchiatoi o quant’altro, ma per osmosi. Nell’ignoranza del momento, quando non sai che fare, agisci per imitazione. Che in ambito liturgico può essere un ottimo modo. Il problema è se quelli intorno a te agiscono in maniera sana e santa. La situazione, drammatica, delle parrocchie romane (quelle che frequento o ho frequentato) è che la Messa è il massimo del personalismo e dell’improvvisazione. Ognuno fa come vuole e quello che in quel momento gli passa per la mente. Per cui, per rimanere solo alla questione in oggetto, vedi gente che s’inginocchia dal “Padre veramente santo” al “Mistero della fede”. Gente che rimane inginocchiata fino al momento di alzarsi per andare a prendere l’Ostia (solitamente le vecchiette sono tra costoro), gente che non s’inginocchia per niente, chi si guarda intorno, chi con le mani in tasca, chi non le braccia conserte, ecc. Se si va per imitazione s’impazzisce o si pensa che si può fare come meglio si crede. A quel punto allora, penso, perché non rimanere seduti? La normativa c’è. Nessuno però la conosce. Non perché si è ignoranti, grossolani ed eretici, ma semplicemente perché chi di dovere non lo insegna e non dà l’esempio. Non possiamo pretendere che tutti si mettano a spulciare il Messale, l’Ordinamento Generale del Messale Romano e gli altri libri riguardanti la liturgia. Chi si disinteressa di queste cose non è meno fedele e meno cattolico di chi s’interessa. Però il rischio che corre, ripeto non per causa sua, è quello di fare di testa propria piuttosto che come insegna e prescrive Santa Romana Chiesa. E sull’inginocchiarsi stabilisce, al punto 43 dell’Ordinamento Generale del Messale Romano, che i fedeli “s'inginocchino poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute, la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi". Bisogna quindi inginocchiarsi. Quali siano i ragionevoli motivi di non inginocchiarsi di fronte a Gesù Cristo, io sinceramente non li so, però a quanto pare esistono. La furbata di vescovi, preti e compagnia bella è stata quella di togliere gli inginocchiatoi dalle chiese, così da impedire ai devoti fedeli di farlo. La norma c’è, il modo per evitarla si trova sempre. È però piuttosto triste che questo atteggiamento riguardi la Santa Messa e il modo di porci davanti a Nostro Signore Gesù Cristo. Giacché ci siamo, riporto quanto scrive don Nicola Bux, sul significato dell’inginocchiarsi: “Se benedire vuol dire adorare, la benedizione o adorazione nella Scrittura è documentata dalla prostrazione e dal piegare fisicamente le ginocchia e metafisicamente il cuore. Solo il diavolo non si inginocchia, perché – dicono i Padri del deserto – non ha le ginocchia. Così san Paolo vede dinanzi a Gesù la consonanza tra storia sacra e il cosmo: ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sottoterra. Conseguenza concreta: il gesto dell’inginocchiarsi deve tornare ad essere primario nel rito della Messa, nell’andamento, ispirazione e sapore del canto sacro, nella suppellettile sacra: una chiesa senza inginocchiatoi non è una chiesa cattolica.” [Don Nicola Bux, Zenit 08-02-2012]
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