lunedì 30 gennaio 2012

Uno degli argomenti su cui spesso si riflette (ma forse nemmeno troppo) è quello dell’amore. Il punto è: quale amore? Sicuramente non quello cristiano. È un amore che ha perso il suo valore trascendente, il suo rapporto con la verità, e il suo legame con la bellezza. Infatti, l’amore propugnato dal mondo è un amore egoistico ed egocentrico. “Ti amo perché mi dai qualcosa” o “Ti amo, perché mi fai stare bene”. Quando vengono meno le condizioni relative al proprio io, quello, si dice, non è più amore e va abbandonato. Di riflessioni sull’amore ne ho già sviluppate molte e ho intenzione di tornarci su, in questo momento voglio porre l’attenzione su un legame particolare, che spesso viene trascurato o che spesso viene posto in opposizione a quello dell’amore. Cioè il rapporto tra amore e punizione. Mi rendo conto che qualcuno potrebbe irritarsi e considerare irrilevante o folle la questione. Per tutti gli altri continuo con le considerazioni. Dio ci ama e vuole il nostro bene. Dio punisce. Queste due affermazioni appaiono contrastanti, opposte, la seconda quasi una bestemmia, un’offesa per il credente del terzo millennio che ha abbandonato certi residui medievali. Eppure non è così. Basterebbe un po’ di buon senso, ma in questo mondo, e in questa Chiesa, le cose più ovvie sono quelle meno presenti. Basterebbe osservare come i genitori educano i figli. Spesso e volentieri i genitori ricorrono alle punizioni. Certamente non per il sadico gusto di veder soffrire i propri figli e per godere privandoli di qualcosa a cui tengono. Ma per correggerli e educali. Si pensa, erroneamente, che Dio, essendo amore perfetto, non ricorra a questi mezzucci. Se è vero, ed è vero, che Dio è perfetto, così come il Suo amore, lo stesso non si può dire di noi creature. Che spesso e volentieri siamo dei miserevoli disgraziati. Basta guardare ognuno il proprio io per riconoscere, anche solo superficialmente, quanto siamo intrisi di peccato e malvagità. Dio interviene nei nostri confronti in vari modi per correggerci, perché ci vuole santi. Uno di questi è la punizione. In tempi recenti questo tema è tornato in auge, pur tra molte strumentalizzazioni. Purtroppo, come in molti altri casi, la predicazione della Chiesa è monca in questo senso. Si predica che Dio è amore senza spiegare questo amore come si manifesta. In un mondo educato all’amore libero fatto di aborti, preservativi, eutanasie, divorzi, rapporti sessuali prematuri e fuori dal matrimonio ed egoismi vari, la definizione ‘Dio è amore’ seppur corretta teologicamente e dottrinalmente, andrebbe quantomeno spiegata e motivata. Altrimenti si pensa che il Padreterno sia favorevole ai condom, agli omicidi, alle orge, alla promiscuità, alle scappatelle, eccetera. Cosa centra allora la punizione con l’amore? Punisce chi ama? Ama chi punisce? Proviamo a dare una risposta. Ci avvaliamo delle parole de Hahn Scott, riportate nel suo La Cena dell’Agnello: “Una volta che siamo attaccati a un peccato, i nostri valori si rovesciano. Il male diviene il nostro “bene” più pressante, il nostro desiderio più profondo; il bene invece si configura come il “male” perché rischia di trattenerci dal soddisfare i nostri desideri illeciti. A quel punto pentirsi diventa quasi impossibile, perché pnetimento significa, per definizione, rifiutare il male e volgersi al bene; ma ora il peccatore ha ridefinito a fondo sia il male sia il bene. Isaia disse di tali peccatori: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene» (Is 5,20) Una volta che abbiamo abbracciato il peccato in questa vita e rifiutato la nostra alleanza con Dio, solo una calamità può salvarci. Talvolta la grazia più grande che Dio può fare, ad esempio, a un ubriaco è permettere che distrugga la sua macchina o che venga abbandonato dalla moglie – qualsiasi cosa che lo spinga ad accettare la responsabilità delle sue azioni. […] Ma la sola ragione per cui Dio permette tali cose è che Egli ci ama.” Quello che troppo spesso si omette è, come sempre, uno degli aspetti fondamentali per capire l’uomo: il peccato originale. Questa che non è una favoletta dei preti del Medioevo, è una delle realtà più terribili e più vere dell’essere umano, senza la quale non si capisce minimamente il mistero di questa creatura. Ma, aldilà di tutte le nostre chiacchiere, mie o di illustri pensatori e scrittori, quali sono le parole della Scrittura in merito. Ne prendo una sola, dal Nuovo Testamento, per bocca dello stesso Gesù: “Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo” [Ap 3,19]

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