giovedì 19 maggio 2011

Quando la verità non ha importanza. È dei giorni scorsi la notizia che Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, è stato arrestato negli Stati Uniti con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una donna. Senza entrare nei meandri della vicenda quello che mi ha colpito è stata la reazione della stampa francese, così come almeno è stata riportata dai media italiani. Infatti, Strauss-Kahn, probabile candidato alle prossime presidenziali francesi (nel 2012), è stato stroncato dalla stampa d’oltralpe. L’accusa, non la condanna, di violenza sessuale, gli ha ormai precluso la corsa all’Eliseo. Tutto ciò mostra l’assurdità cui siamo giunti. Tutto ciò dimostra la crisi profonda e gravissima in cui giace anche la giustizia. E non è un problema solo francese. Da noi non stiamo messi meglio. È assolutamente perverso, e pericoloso, che a decidere le sorti pubbliche di un uomo possa bastare un’accusa (lieve o grave che sia). Così facendo non si è più in un sistema civile, quale quello democratico dice di essere. Torniamo sempre al solito punto: pochi decidono su molti. Qualcuno può compromettere la tua carriera politica, economica, sociale, ecc. Oltre che, ovviamente, la serenità personale. Anche perché, qualora sia assolto, la macchia infame dell’accusa rimarrà. Ed è sempre solo e soltanto l’accusa ad avere più peso della sentenza. Se è così che si fanno a fare i processi? Con quale scopo s’indaga? Perché spendere tempo e denaro alla ricerca di una verità che, seppur appurabile, non ha valore? La giustizia non è di questo mondo, è vero, ma se non c’è garantito nemmeno un surrogato, che ci ricorriamo a fare a questa tanto decantata giustizia?

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