giovedì 7 ottobre 2010

Noi valutiamo le nostre scelte, le nostre decisioni, in base ai risultati e al plauso che ricevono dal mondo. Reputiamo di aver fatto bene se quanto abbiamo fatto ci viene riconosciuto o, almeno, se quanto abbiamo fatto ha operato i risultati sperati. Non valutiamo le nostre azioni in base alla loro intrinseca giustizia, bontà e verità. Per cui può capitare, e capita, che anche il “semplice” dire la verità (di per sé giusto) possa risultare, e risulta, sbagliato. Perché? Perché spesso, molto spesso, dire la verità non produce un bene diretto, immediato. Spesso fa soffrire. E allora dove sta il bene? Dimentichiamo troppo spesso quanto accaduto a Gesù, l’esempio che dovremmo avere sempre davanti agli occhi. Egli fu rifiutato e deriso dal mondo. Addirittura fu messo in croce. Un apparente ed evidente fallimento. Una grande ingiustizia. Eppure sappiamo poi come sia andata a finire. Per chi non lo sapesse Egli, pur crocifisso, è risorto. Questo cosa significa? Che Dio sa operare il bene anche dal male. Dalla morte sa ricavare la vita. Noi, che non siamo certamente Dio, non possiamo fare il male pretendendo di ottenere il bene. Quindi dobbiamo fare il bene e basta. Le nostre azioni devono essere buone, giuste e vere. Per ottenere qualcosa di positivo, di buono, non c’è strada diversa da quella di praticarlo quel bene che vorremmo ottenere. Non possiamo prendere la nave se da Roma vogliamo raggiungere Milano! La sfida, che appare sempre più difficile, è quella di stabilire che cosa è bene di per sé. Se è vero come è vero che “dai loro frutti li riconoscerete” (cfr. Mt 7,16) è altresì vero che i frutti, come i chicchi di grano, prima di diventare tali devono morire (cfr. Gv 12,24). Per cui non dobbiamo porci il problema, scandalizzarci, sconfortarci e abbandonare le nostre decisioni se esse, conformi alla verità, non ottengono immediatamente l’effetto sperato. Anche se il risultato sembra essere l’opposto. Dobbiamo confidare nella forza e nel valore della verità. Nostro Signore disse: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi» [Mt 5,11] Dobbiamo avere quel sano realismo che troppo spesso manca, anche a noi cattolici. Infatti sappiamo che il principe di questo mondo è colui che la Scrittura chiama l’”accusatore”, il “divisore”, il “menzognero” per eccellenza. Sappiamo altresì che la nostra natura, la nostra vita, è segnata da quel peccato originale che è sì cancellato con il Battesimo, ma che lascia quella tendenza al male conosciuta come “concupiscenza”. Quindi è evidente che il mondo, questo mondo, non costituisca una gioia, una soddisfazione. Solo con la Parusia (il ritorno di Cristo) il dominio di Satana verrà sconfitto. Per ora bisogna lottare. Sopportare anche la sconfitta, l’umiliazione e la frustrazione. Ma restando sempre saldi nella fede (cfr. 1Cor 16,13 – Col 2,7) e aderendo e orientando la nostra vita e le nostre scelte alla verità. A quella Verità che ha assunto la natura umana in Nostro Signore Gesù Cristo.

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