giovedì 26 agosto 2010

Il tempo delle vacanze si è appena concluso, almeno per colui che scrive, e anche in queste settimane estive c’è stato modo di girare l’Italia e le sue ricchezze. Anche, ma non solo, artistiche. E tra queste vi sono le tantissime chiese sparse sul territorio nostrano. Ed è di esse che oggi vogliamo parlare. Per sollevare un problema, un fastidio provato quando, accingendoci ad entrare in queste chiese, ci siamo visti richiedere il pagamento di un biglietto. Problema noto, trito e ritrito. Al quale sbrigativamente si risponde, non senza una buona dose di ottime ragioni, con la giustificazione che quei soldi servono per mantenere in vita quelle chiese, per ristrutturare e conservare le opere d’arte ivi custodite, per retribuire coloro che svolgono il servizio di sicurezza all’interno delle chiese, per pagare tutte le spese che la conservazione di un’opera d’arte comporta. E tutto questo è vero. Ma la verità della faccenda è un’altra. E cioè che la chiesa, l’edificio, è un luogo di culto. Un posto in cui si va per pregare, per incontrare Dio. Questo incontro non può essere a pagamento. Neanche con simboliche cifre di un euro. Dio si è fatto conoscere liberamente e gratuitamente; non si capisce il motivo per cui noi, invece, dobbiamo porre dei limiti. Limiti che non sono meramente economici, ma anche culturali. Far pagare un biglietto per entrare in una chiesa, tradisce le motivazioni per cui quella chiesa, specie nei secoli passati, è stata costruita. La chiesa veniva costruita sì come luogo di culto (come lo sono tutte le chiese), ma anche con l’intento, con la sua struttura e la sua bellezza, di edificare il popolo dei fedeli. Un edificio che edifica. Le chiese non sono musei. La volontà dei Pontefici che nel corso della storia hanno investito soldi per far costruire quelle chiese, fu proprio quella di permettere a tutti (ripeto: a tutti) di venire a contatto con il Mistero. Infatti, come il Catechismo insegna (§2402 e seguenti) “L'uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri [CCC 2404 - Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 69]” Questo Mistero che si incontra e conosce anche attraverso le opere d’arte è anche, e soprattutto, bellezza. L’opera d’arte non scaturisce solamente un sentimento di stupore e ammirazione, ma è anche pedagogicamente utile. Infatti quanti sono gli affreschi, i quadri, le icone, presenti nelle chiese (italiane e non) che narrano le vicende bibliche o storiche? E quella non è cultura? Quella non è una scuola cui tutti possono accedere? Ed è una scuola che non si può far pagare. Resta il problema, esposto all’inizio, del mantenimento delle chiese e delle ristrutturazioni delle opere d’arte. Si cerca da più parti di salvare capra e cavoli, escludendo dalla visita dei turisti e quindi dal costo del biglietto, ad esempio, alcune aree (in genere cappelle laterali) dove è esposto il Santissimo Sacramento. Tutto questo per permettere a chi vuole pregare di farlo gratuitamente e per permettere anche ai turisti di visitare la chiesa. Resta il fatto che tutta la chiesa è luogo di culto. E come detto prima è anche preghiera la meditazione davanti ad un crocifisso o ad un affresco raffigurante la vita di un santo. È tutta la chiesa che manifesta la bellezza di Dio (o almeno dovrebbe). Altrove si cerca di ovviare suddividendo gli orari. Da quell’ora a quell’altra la chiesa è visitabile dai turisti, da quest’ora a quest’altra la chiesa è un luogo di culto. Ma anche così si tradisce la funzione dell’edificio sacro. Che è chiesa e non museo. Come ovviare allora? Innanzitutto sarebbe da capire chi impone e chi gestisce il pagamento dell’ingresso nelle chiese. Infatti perché in alcune chiese si paga e in altre no? Magari anche in chiese più importanti (vedi San Pietro a Roma) non si paga, in altre meno importanti sì. Qual è la differenza? I soldi da chi vengono gestiti? Dal titolare religioso del posto (il vescovo)? o dai Beni Culturali (visto e considerato che molte chiese e/o opere all’interno custodite sono considerate opere d’arte)? In entrambi i casi dover pagare per entrare in una chiesa risulta fastidioso e irritante, ma almeno farebbe luce su molte differenze e sulla gestione della vicenda. A questo punto, essendo realisti e considerando che i soldi per la manutenzione e la ristrutturazione delle chiese e delle opere d’arte sono necessari, ci chiediamo: che cosa si può fare? Innanzitutto, come accennato, vedere di chi è la competenza di quell’edificio. Se è considerato un bene culturale, il Ministero competente (parlando almeno per l’Italia) deve provvedere, o almeno contribuire, al mantenimento dell’opera, sempre senza chiedere soldi al singolo. Altrimenti si potrebbero trovare altre soluzioni. Magari fornendo servizi accessori (vedi le audioguide) che, questi sì, verrebbero forniti dietro pagamento. Prendendo sempre e comunque in considerazione quanto disse Gesù stesso «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.» [Mt 21,12] E per pregare, non si deve pagare.

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