Qualcuno ci accarezza,
qualcuno ci cancella con una lacrima,
qualcuno ci copia, altri ci raccontano.
I più ci dedicano il tempo di uno sguardo per poi andare a posarlo
accanto a noi alla ricerca di un senso che da sole non siamo state capaci di fornirgli.
Sì perché noi, le parole, da sole non bastiamo.
Diamo senso, descriviamo, spieghiamo o celiamo le cose, ma solo se
siamo legate tra noi, nell’abbile cura artigianale dello scrittore.
Da sole non siamo sufficienti, sole siamo un elenco sopra un dizionario.
Sole siamo etichette vuote applicabili a troppe cose che finiamo per
non spiegare niente.
Molte di noi sono sempre tra il nero di una penna e il bianco di un
foglio.
Troppe di noi sono misteri; entità che dicono ciò che i lettori hanno
dimenticato.
Da sole non bastiamo, è vero, ma anche insieme spesso siamo impotenti.
Non abbiamo il poter di far capire a chi non vuole farlo.
Spesso accade che per spiegare una di noi, occorra che altre
intervengano in aiuto dei lettori e dello scrittore che deve chiedere il nostro
aiuto.
Siamo una famiglia, con legami forti e legami deboli; alcune di noi si
portano dietro altre parole.
Anche tra noi ci sono storie impossibili: non saremo mai vicine a
un’altra parola che accanto a noi per il lettore non ha senso. Siamo
condizionate dal senso, dal livello culturale di lettura delle persone. È un
destino strano quello di noi parole: votate al servizio di chi spesso ci
disprezza.
Eppure senza di noi gli uomini non sarebbero uomini.
Gli uomini sono uomini perché parlano.
E perché scrivono.
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