lunedì 3 giugno 2013

Dalle ore 20 del 28 febbraio scorso, si è concluso il pontificato di Benedetto XVI, iniziato il 19 aprile del 2005. Un pontificato conclusosi non con la morte del Pontefice, ma con la sua rinuncia. Un atto grave e serio sul quale molto ci sarà da pregare, pensare e dire. Quello che ora mi preme fare è ricordare chi è stato, almeno per me, Benedetto XVI. Queste cose le avevo scritte a ridosso degli eventi. Sono passati mesi che per molti aspetti sembrano secoli. Per non lasciare nel dimenticatoio queste parole le pubblico oggi lasciando immutato il testo.

Papa Benedetto XVI è stato il Papa della fede. Egli disse: “Ciò che costituisce la nostra fede non è in primo luogo ciò che facciamo, ma ciò che riceviamo”. E della ragionevolezza della fede. In un mondo, e in una Chiesa, in cui la fede è banalizzata e ridotta a essere un mero e melenso sentimento, Egli ha mostrato come la virtù della fede è sì un dono di Dio, ma è un atto che coinvolge tutto l’essere umano, tutta la persona. La fede o permea tutto l’essere umano, anche il suo pensare e il suo agire, non solo il suo sentire, o non è una vera fede. Per questo ha indetto un Anno della Fede, per capire cosa essa sia. Perché si parla tanto di evangelizzazione, ma se non conosciamo, o conosciamo male, i contenuti della nostra fede, che cosa andiamo predicando? “La fede ha bisogno di essere sostenuta per mezzo di una dottrina capace di illuminare la mente e il cuore dei credenti.”1 La dottrina cattolica. Da qui l’instancabile invito del Papa allo studio del Catechismo della Chiesa cattolica, perché “Gran parte dei mali che affliggono la Chiesa provengono dall’ignoranza della sua dottrina e delle sue leggi” 2

È stato il Papa della verità. “La rinuncia alla verità alla fine non libera, uniforma” 3 Epiche, storiche, monumentali, da incidere nel cuore e nella mente di ogni cattolico che dir si voglia, le sue parole nella Missa Pro Eligendo Romano Pontefice, quando ancora Cardinale (per poche ore) disse: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. Questa dittatura l’ha combattuta ad extra e ad intra. Ad extra in una società come la nostra che coniuga ogni istinto e desiderio, anche il più becero e disumano, ad un diritto. Ed ecco allora le manipolazioni genetiche, l’erotismo sfrenato, l’idolo della sessualità, le unioni omosessuali, l’adozione dei figli ai gay, l’aborto, l’eutanasia, eccetera. In molti di questi apparenti diritti c’è una paura, il terrore, della sofferenza. Siamo delle generazioni che non sanno soffrire. Tolta la Croce di Cristo, questo è il risultato. Piuttosto che accettare il dolore, la croce, la sofferenza e la morte, eliminiamo il malato, il morente, il sofferente. “Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l'unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore.”4 Ad intra questa battaglia contro il relativismo Papa Benedetto XVI l’ha combattuta, forse perdendola, contro tutte le divisioni interne alla Chiesa. Essa oggi appare come un corpo martoriato e lacerato più dalle disobbedienze (che dai peccati) dei suoi ministri, che dalle persecuzioni del mondo. Il Papa non è quasi mai riconosciuto per quello che è: il Successore di San Pietro, Vicario di Cristo, Capo visibile della Chiesa. “Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam” 5. I venti di dottrine impazzano, come il fumo di satana entrato per qualche fessura all’interno della Chiesa (Paolo VI), nell’orbe cattolico, tanto che un cattolico non si sa più chi è, non essendoci più certezza e comunione sulle verità della fede. In una Chiesa più protestante che cattolica, ogni credente (o presunto tale) si erge a interprete della Scrittura e della storia della Chiesa, odiando la Tradizione che in Pietro ha il suo garante. Chi odia Pietro, chi disobbedisce a Pietro, odia la Tradizione, odia Dio. Benedetto XVI è stato anche il Papa della Tradizione. “Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità.” 6 La verità è troppo spesso messa ai voti, vittima della forza, prepotente e menzognera della maggioranza di turno. Ma “Dio messo ai voti perde sempre, la democrazia è fatta per Barabba” [C. Langone] Per questo “In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza”. Inevitabilmente legato al tema della verità, per quanto venga taciuto, c’è la questione dell’errore. Quando era ancora Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger disse che “bisogna resistere, forti nella fede, all’errore, anche quando si manifesta sotto l’apparenza di pietà”. Aggiungiamo le commoventi parole del card. Giacomo Biffi: “La carità pastorale, essendo tesa al vero bene degli uomini, è lotta senza tregua contro ogni forma di errore, di perversione, di ingiustizia, di opposizione al progetto del Padre.”

Benedetto XVI è stato il Papa dell’amore. Manifestato nella semplicità dei suoi gesti, specie con i più piccoli. Manifestato nella sua capacità di comunicare cose grandi a persone piccole, medie, come noi che non siamo teologi o dottori. “Dio è amore. Ma l’amore può anche essere odiato, laddove esige che si esca da se stessi per andare al di là di se stessi. L’amore non è un romantico senso di benessere.”8 “La natura stessa dell’amore richiede scelte di vita definitive e irrevocabili”. “Chi ama è pronto a soffrire per l’amato e a motivo del suo amore, e proprio così sperimenta una gioia più profonda.” “Le esigenze dell’amore non contraddicono quelle della ragione” 9. “Amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso” 10. Ho riportato una serie di citazioni senza commentarle, perché c’è poco da aggiungere, bisogna solo ascoltare, accettare e capire che “Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario. La verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale.” 11

È stato il Papa della lotta implacabile alla piaga della pedofilia nel clero. Una cosa odiosa, agghiacciante, vomitevole. Questo crimine non dipende dal celibato, come qualche idiota ha voluto far credere. Questo crimine deriva dal peccato originale, dal male che c’è nel mondo e che ogni tanto veste anche l’abito talare (se non ha gettato via anche quello). Joseph Ratzinger prima, Benedetto XVI poi, ha combattuto instancabilmente questo male. Contrariamente a quanto i media hanno fatto credere (con la complicità di un clero mai capace e volenteroso di difendere il Papa), il Santo Padre ha fatto più di tutti contro questa piaga. E se tanti gli si sono rivoltati contro, è proprio perché tanto bene ha fatto. Non dimentichiamo poi, che la pedofilia è un crimine trasversale, che non coinvolge solo i sacerdoti cattolici, anzi! Statisticamente ha più incidenza in altri contesti, ma questo i giornali non lo dicono: non venderebbe, non farebbe audience.

Benedetto XVI è stato il Papa della liturgia. Ed è il motivo per cui gli sono più grato. Il Sommo Pontefice che, con un atto di coraggio strepitoso (considerata soprattutto l’indifferenza e l’ostracismo mostratogli dal clero), ha emanato il Motu Proprio Summorum Pontificum con il quale ha ripristinato, per il bene della Chiesa, l’uso della Messa di sempre, la Messa “di” san Pio V, nell’edizione del Messale del beato Giovanni XXIII. Benedetto XVI è stato il Papa che mi ha insegnato e ha insegnato a tutti, che la liturgia è una e una soltanto. Che non è il frutto dell’inventiva e della preparazione di una comunità, per quanto brava e colta possa essere. “Quando la liturgia è qualcosa che ciascuno si fa da sé, allora non ci dona più quella che è la sua vera qualità: l’incontro con il mistero, che non è un nostro prodotto.” Ha insegnato che il Sacrificio che si celebra sull’altare (questa è la Messa cattolica) della più piccola (e vuota) chiesa di campagna e il Sacrificio che si celebra sull’altare della più grande (e piena) cattedrale del mondo, sono sempre lo stesso atto liturgico: un atto ecclesiale, di tutta la Chiesa militante e trionfante. Non le gesta del prete e della comunità che ne prendono parte, ma della Chiesa intera terrestre e celeste. Per questo la liturgia è una come la Chiesa è una. Per questo la liturgia è santa, perché è l’atto pubblico di adorazione, propiziazione, ringraziamento e impetrazione che Gesù Cristo, per mano del sacerdote, rivolge a Dio (cfr. Catechismo san Pio X §346-351). “Molti hanno pensato e detto che la liturgia debba essere 'fatta' da tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a misurarne iI ‘successo' in termini di efficacia spettacolare, di intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium liturgico che non deriva da ciò che noi facciamo, ma dal fatto che qui accade qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare. Nella liturgia opera una forza, un potere che nemmeno la Chiesa tutta intera può conferirsi: ciò che vi si manifesta è l'assolutamente Altro che, attraverso la comunità (che non ne è dunque padrona, ma serva, mero strumento) giunge sino a noi.” 12 Ancora: “La liturgia non deve essere il terreno di sperimentazione per ipotesi teologiche. In questi ultimi decenni, congetture di esperti sono entrate troppo rapidamente nella pratica liturgica, spesso anche passando a lato dell’autorità ecclesiastica, tramite il canale di commissioni che seppero divulgare a livello internazionale il loro consenso del momento e nella pratica seppero trasformarlo in legge liturgica. La liturgia trae la sua grandezza da ciò che essa è e non da ciò che noi ne facciamo. La nostra partecipazione è certamente necessaria, ma come un mezzo per inserirci umilmente nello spirito della liturgia e per servire Colui che è il vero soggetto della liturgia: Gesù Cristo.” 13 Per questo la liturgia è cattolica, perché universale, per tutti, senza distinzione di lingue, canti e gesta. Per questo la liturgia è apostolica: perché viene dagli apostoli, dal Sacrificio che Nostro Signore Gesù Cristo compì sul Calvario. La liturgia cattolica è quella, con tutti gli arricchimenti che la gloriosa Tradizione cattolica le ha fornito. Ecco perché la liturgia non è un accessorio della vita della Chiesa, ma è “il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia” 14 È stato il Papa dell’adorazione. Ha spiegato e mostrato, nell’umile, semplice, cattolico gesto dell’inginocchiarsi, che “piegando il ginocchio nel nome di Gesù, la chiesa compie la verità” 15 E non ho mai capito, poi, come Benedetto XVI lo si riesca a far passare per il Papa amico di quel movimento che la liturgia cattolica l’ha manipolata e inventata a suo piacimento (rimozione di parti, cambiamento di significato, aggiunta di riti strambi, eccetera). 

È stato un Papa che ha dato tanto, più di quanto sono riuscito a tratteggiare in queste righe. È un Papa che ha fatto la storia della Chiesa. È un Papa al quale dobbiamo tutti essere enormemente grati. Il mio è stato un atto insignificante per tributare il ringraziamento, commosso e infinito, al Pontefice che mi ha accompagnato nella maturazione della fede cattolica e, anche per questo, la sua uscita di scena lascia un vuoto, spiritualmente, incolmabile.


Note
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1- Benedetto XVI – Fides per doctrinam

2- San Pio X

3- J. Ratzinger - Progetto di Dio. La creazione

4- Benedetto XVI – Spe salvi

5- Mt 16,18

6- Caritas in Veritate

7- G. Biffi - Pecore e pastori

8- L’infanzia di Gesù

9- Caritas in Veritate

10- Caritas in Veritate

11- Caritas in Veritate

12- J. Ratzinger – V. Messori – Rapporto sulla fede

13- J. Ratzinger – Davanti al Protagonista

14- Concilio Vaticano II – Sacrosanctum Concilium, §10

15- J. Ratzinger - La festa della fede


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