lunedì 27 maggio 2013


Le cose non capitano mai per caso. Leggo l’articolo di Sandro Magister “Tra confidenze ed esorcismi, un Francesco tutto da decifrare” e mi viene da pensare, amaramente, su quanto stiamo vivendo e poi, facendo zapping in tv, trovo l’episodio del film Dove va in vacanza? di Alberto Sordi che riporto in calce a questo articolo. Leggere quanto scrive Magister è istruttivo e distruttivo allo stesso tempo. Istruttivo perché si apprende che esiste l’emancipazione liturgica, distruttivo perché da una parte si conosce cosa ha prodotto l’emancipazione dalla liturgia tradizionale e dall’altra si capisce, qualora ce ne fosse ancora bisogno, come l’episcopato italiano non abbia mai sopportato Benedetto XVI e come lo abbia sempre ostacolato e tradito, dando prova di una “meravigliosa” prova di obbedienza. Fa male, perché si insinua e radica la convinzione che sia anche per causa di costoro che Benedetto XVI abbia lasciato il pontificato. Fa male leggere di come i vescovi italiani volessero, tramite la CEI, andare contro il Papa dopo che Egli con un atto di meravigliosa lungimiranza e coraggio, pubblicò il Motu Proprio Summorum Pontificum. Non conosco i vescovi di cui parla Magister e quindi mi limito a commentare quanto hanno loro riferito. Siamo incerti sulle risposte di Papa Francesco I, ma siamo certi sulle loro domande, sul loro disprezzo per la liturgia tradizionale e per colui che tanto ha fatto per ridare dignità alla celebrazione liturgica, ridotta sempre più a uno spettacolo banale e ridicolo. Della situazione italiana eravamo ben coscienti. I vescovi obbediscono al Papa solo quando il Papa obbedisce alle loro stravaganze. Si pensi anche alla questione della traduzione delle parole della consacrazione. Il pro multis tradotto erroneamente come per tutti. Benedetto XVI fu chiaro e determinato a far sì che la traduzione rispecchiasse quanto Gesù stesso disse, cioè per molti. Ma in una Chiesa in cui i Papi non comandano e continuano a non imporsi, fidandosi dei tradimenti dei propri collaboratori, ecco che la CEI continua ad infischiarsene di quanto dice il Papa e fa di testa sua. Tutto torna in una Chiesa in cui il presidente di questa CEI ai funerali di un prete che definire eretico è un complimento, piuttosto che mostrare il coraggio di una condanna ferma e certa delle eresie propagate negli anni da costui (anche perché nessuno ha mai avuto il coraggio e la forza di rimuoverlo) ne ha tessuto l’elogio. E allora i preti non cattolici continueranno ad avere sempre gioco facile. E il gregge a subirne le più drammatiche conseguenze. Leggo nell’articolo di Magister che i vescovi pensano che io (paladino della Messa in rito antico) crei divisione nella Chiesa. Se potessi farei notare a Sua Eccellenza Domenico Padovano come le divisioni nella Chiesa le creino le continue novità liturgiche che l’inettitudine di molti, con la complicità del silenzio dei vescovi, continuano a imporre al popolo di Dio. Questi sono i vescovi italiani: quando il Papa comanda, loro disubbidiscono, quando il Papa non comanda, loro vanno a piagnucolare tentando di influenzarne il futuro operato. Non so cosa Papa Francesco I pensi di costoro. Dubito che avrà in mente di munirsi di un clero competente. Sembra di capire che il Pontefice regnante dia un colpo al cerchio e uno alla botte. Anche l’episodio che avrebbe raccontato sul suo cerimoniere, mons. Guido Marini, la dice lunga. Mi rallegro del fatto che il Papa continui ad avvalersi del suo operato; eviteremo liturgie papali ridicole come in passato il suo omonimo ci ha regalato. Mi stupisco, però, delle parole del Papa che parla di emancipazione liturgica. Questa, mi pare, un’affermazione grave. Forse gravissima. Mi sembra di riscontrare in essa l’odio che nei decenni scorsi ha animato molti contro la liturgia della Chiesa. Odio che poi ha portato alla nuova Messa come oggi la conosciamo. Il Papa non si esprime in questi termini perché, mi pare, non vuole scontentare nessuno. Ma certi, nella Chiesa, che hanno una concezione eretica della liturgia, andrebbero scontentati eccome! Questi certamente non sono i “paladini della Messa antica”. Piuttosto sono coloro che fanno della Messa una cena, una festa fatta di pagliacciate, una seduta di terapia di gruppo, o quant’altro. Emanciparsi dalla liturgia tradizionale significa liberarsi da Dio, dal culto che Egli ha stabilito da sempre. Emanciparsi dalla liturgia tradizionale significa rimuovere quella pietra miliare sulla quale la Chiesa si è edificata per secoli e costruire sulla sabbia le nostre, queste sì, sovrastrutture. Emanciparsi dalla liturgia tradizionale, temo, significa liberarsi da un passato glorioso della Chiesa, anche e soprattutto in campo liturgico, del quale però noi oggi, ci vergogniamo. Il futuro non sembra riservarci sorprese gratificanti e confortanti. Trovo conforto non nelle parole di chi dovrebbe guidare il popolo di Dio alla santità, ma nella profetica ironia di Alberto Sorsi, che sa che “i giovani rompono, sfasciano, buttano quello che è più vecchio, quello che è più antico. Poi piano piano s’accorgono da loro che era meglio quello che c’era prima. Adesso famoli sfogà e vedrai che fra un po’ rimettono la Madonna e Gesù Bambino”.

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