sabato 11 maggio 2013

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio. 

C’è una parola che indica un gesto, nella semplice grandiosità del racconto dell’Ascensione al Cielo di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, che passa inosservata, ma che è centrale e indicativa dell’atteggiamento dei discepoli. Ed è quella che indica il gesto fisico dei discepoli davanti al loro Signore che sale al cielo: si prostrano. Già qui salta agli occhi una fastidiosissima contraddizione con i nostri tempi moderni, apparentemente maturi, che tanto ereticamente quanto ipocritamente dicono di rifarsi alla “chiesa primitiva”, alla “chiesa delle origini, delle prime comunità cristiane”; e cioè quella del nostro totale rifiuto e disprezzo dell’atto della prostrazione. Cosa significa ‘prostrare’? “Gettarsi a terra, inginocchiarsi, per pregare o chiedere pietà.” Di fronte all’evidenza che noi non ci inginocchiamo più (perché non ci viene nemmeno più insegnato) viene da credere che tutto questa avvenga perché siamo disinteressati a pregare e certi di essere santi da non dove implorare pietà. Se si guarda al modo in cui si celebra il Santo Sacrificio della Messa laddove l’inginocchiarsi è vietato, bandito, sconsigliato o quantomeno ignorato, tutto questo risulta evidente. La Messa non è più il Sacrificio, ma una cena, con tutto quel che ne consegue. A riprova del fatto che questa è la dottrina della Chiesa e non le farneticazioni di una persona qualunque, ecco quello che scriveva l’allora cardinal Ratzinger: “Vi sono ambienti e persone di notevole influenza che vogliono convincerci a non inginocchiarci poiché si crede che questo gesto non si adatti alla nostra cultura (ma a quale allora?). ciò che non sia conveniente per l’uomo maturo che va incontro a Dio stando dritto, o quantomeno, che non si addica all’uomo redento il quale, dopo l’azione salvifica di Cristo, divenuto una persona libera, non ha più bisogno di inginocchiarsi. […] Può forse essere vero che l’inginocchiarsi è estraneo alla cultura moderna allontanatasi dalla fede e che non conosce più Colui di fronte al quale inginocchiarsi, ma chi impara a credere, impara ad inginocchiarsi; una fede o una liturgia che non conoscono più tale atto sono ammalate”. Lo riscrivo, a scanso di equivoci e contro la speranza di molti che queste parole non siano vere: una fede o una liturgia che non conoscono più tale atto sono ammalate. Quante liturgie ci sono, invece, che ignorano volutamente l’atto di inginocchiarsi? Tra le altre pure quella (di cui non faccio il nome) che si vuole far passare per cattolica e verso la quale Benedetto XVI viene fatto passare per amorevole, sostenitore e difensore. Poi le motivazioni sono tante e variegate, alcune anche apparentemente plausibili, ma tutte accomunate dal rifiuto di questo atto così semplice, naturale, intimo e solenne. Ci si può chiedere, allora, che senso abbia inginocchiarsi. Si potrebbe giustificarne il rifiuto adducendo presunte prostrazioni spirituali. “Non è la gestualità del corpo, ma quanto fai nel tuo cuore, con il tuo spirito” ripetono solerti i distruttori della liturgia cattolica (occupandosi maniacalmente, poi, che vengano rispettati i loro bizzarri riti. Eccoli serviti: “Occorre allora dichiarare con fermezza l’indissolubilità del rapporto spirito e rito. Non si dà alcuna esperienza vera di religione senza la sua veste rituale: non vi è adorazione senza prostrazione, né lode senza acclamazione, né contemplazione senza riverenza, né obbedienza senza osservanza, ecc. In altri termini non vi è liturgia, senza rito.” [don E. Finotti – La centralità della liturgia nella storia della salvezza] Laddove l’inginocchiarsi è rifiutato o evitato (così come molti altri gesti) non è una questione superficiale o accessoria, ma la dimostrazione che non si adora Gesù Cristo in comunione con la Chiesa Cattolica, ma qualcun altro.

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