mercoledì 24 aprile 2013

È sorprendente l'attualità degli eretici che tentano di scardinare la cristianità cattolica del basso medioevo: discet-lano sofisticamente dell'eucaristia, deprezzando la res, esal­tando il signum e finendo in banchetti; mettono in ombra la croce e le buone opere e glorificano i buoni desideri; pole­mizzano contro il battesimo dei bambini, allargano il sacer­dozio alle donne, fanno dipendere il ministro dalla comunità e secolarizzano il ministero, cantano osanna alla povertà ob­bligatoria e crucifige alla proprietà privata, delirano per lo spontaneismo anarchico, fanno gl'ispirati millenaristi, proibi­scono il giuramento (civile, giudiziale, militare), esortano a non far figli, avviliscono il matrimonio satanizzandolo ed esal­tando l'istinto immediato, difendono la piena soddisfazione dell'eros, anche in promiscuità perverse e pratiche abnormi; giungono ad esaltare perfino il suicidio; e, dulce in fundo, snobbano a buon mercato con l'insulto plateale al prete. 
[E. Innocenti – Storia del Potere Temporale dei Papi] 

Ci sarebbe da ridere se l’eresia non fosse una questione così grave che dovrebbe preoccupare l’attenzione dei cattolici se essi non la ignorassero, come fanno, finendo poi travolti da essa. Nonostante tanti secoli di storia, l’eresia è sempre la stessa. Cambia forme, nomi, personaggi che la professano, si accanisce su alcuni aspetti piuttosto che altri, ma poi torna a corrodere verità che la Chiesa ha già abbondantemente proclamato come tali. L’eresia è salutare alla santa Dottrina perché permette di definirsi, di essere nuovamente colta, capita, approfondita, gustata e celebrata. Certo, perché tutto questo sia possibile c’è bisogno di considerare l’eresia un male, gravissimo (perché intacca Dio stesso, in quanto Logos). Dopodiché si necessita di perseguirla questa eresia, e con essa gli eretici che la propagano. Il fine è quello dell’annuncio della Verità e della difesa del popolo di Dio. Esso deve essere preservato dai lupi rapaci che, mascherati da agnelli, cercano continuamente nuove vittime. Se il pastore non interviene, il gregge è perso, condannato a perire, vittima delle allusioni che gli eretici insegnano. Perché l’eresia non è mai netta, decisa, non nega direttamente una verità. Ne proclama una, ma allo stesso tempo ne nasconde, ne tradisce un’altra. Bisogna stare attenti. Ecco perché non tutto il gregge è capace di intervenire, ma c’è bisogno di chi lo faccia al suo posto. Se però costoro rinunciano a questo compito, influenzati da un’eretica concezione della misericordia e del perdono, ecco che il gregge loro affidato è allo sbando. Ecco allora che le eresie che pullulavano nel basso medioevo, come riporta don E. Innocenti, ce le ritroviamo oggi sotto il naso. Molte condannate chiaramente dai concili dogmatici e dal Magistero dei papi successivi, ma che se non ripetute con forza e coraggio e senza una costante educazione del popolo cattolico, ecco che le stesse eresie ricompaiono sotto nuove vesti. Ecco allora, drammaticamente, l’attualissimo dramma che viviamo con la liturgia, disprezzata nella sua santità e nella sua essenza sacrificale, ridotta a un mero banchetto, con l’Eucarestia ridotta a un cibo, da consumarsi e non adorarsi. Ecco allora l’esaltazione del raggiungimento di ogni nostro desiderio, disprezzando ogni sorta di educazione alla sofferenza, alla croce, tanto che oggi per tutti la vita è gioia e non sofferenza (probabilmente per questi stessi tutti la vita eterna sarà una sofferenza); i giovani non sanno soffrire, impazziscono per un piccolo dolore o sacrificio ad essi richiesto e cercano, sostenuti dal clero, la realizzazione di ogni istinto. Dottrine sul sacerdozio delle donne, sulle unioni omosessuali, sull’aborto e sui rapporti prematrimoniali, vengono tranquillamente professate da pastori cattolici, generando solo che danno e confusione. Il sacerdozio viene visto solo in funzione della comunità e solo come presidente di essa. Il prete è un funzionario che eroga servizi, prettamente umanitari, non più un uomo di Dio. L’abito che indossa, giacca e camicia e non più la talare, ne è il segno esteriore. Sulla povertà c’è poco da dire, basta leggere i giornali e ascoltare molte omelie, che strumentalizzano molto dell’elezione di Papa Francesco. Non essendo, io, un teologo, né tantomeno un vescovo, non ho l’autorità per condannare l’eresia, tantomeno gli eretici. Codesti criminali li rimuoverei dai loro incarichi e userei un linguaggio chiaro, fedele alla Tradizione della Chiesa, nell’insegnare la Dottrina della Chiesa. Così non è, e da semplice fedele quale sono, mi trovo quotidianamente a dubitare di ciò che credo. Non perché non creda alla rivelazione di Gesù Cristo, affidata agli Apostoli e ai loro Successore, specie al Principe di Essi, san Pietro, il primo Papa. Ma perché non so capire quanto, di tutto ciò che ascolto, sia realmente e puramente cattolico, quanto invece non lo sia. Perché sono certo, per chiara esperienza, di come gli eretici occupino posti di rilievo nella Chiesa.

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